di Marco Ricci
“Il dossier Banca Marche è al centro del lavoro del Fondo Interbancario e la nostra intenzione è quella di arrivare a uno soluzione entro la fine dell’anno.” La dichiarazione arriva dal presidente del Fondo di Tutela dei Depositi, Salvatore Maccarone. A Cronache Maceratesi Maccarone ha inoltre confermato l’ipotesi che il Fitd possa entrare in maniera maggiore nel capitale della banca rispetto ai 100 milioni di euro deliberati in passato, andando così a sostituire quella cordata locale evaporata nel nulla e l’attuale assenza di un partner industriale. La chiusura dell’operazione entro l’anno in scorso – il secondo anno di commissariamento scade ad ottobre – avverrebbe alle regole attuali, scongiurando l’applicazione delle nuove normative europee sui salvataggi bancari, il cosiddetto bail in, in vigore completo dal 2016. “Le nostre ipotesi di lavoro – spiega Maccarone – non hanno mai preso in considerazione l’evenienza di intaccare i depositi dei clienti e nessuno strumento di legge attuale prevede una simile circostanza.” Il Fondo Interbancario è dunque intenzionato a chiudere il salvataggio di Banca Marche nei prossimi mesi – il commissariamento potrebbe essere prorogato al massimo fino a dicembre – e starebbe trattando con la Ue e la Bce sull’aspetto forse più sensibile del piano deliberato lo scorso anno, ovvero la garanzia del Fondo da 800 milioni di euro sul pacchetto crediti deteriorati da scorporare dalla banca. E’ notorio come il concetto di aiuto di stato sia piuttosto vago e fonte di contrattazione tra i paesi membri e la Ue. Ora più che mai, forse, anche la politica di Roma sarebbe auspicabile facesse la sua parte.
IL PATRIMONIO NON A ZERO – E se è in dirittura d’arrivo il salvataggio Carife – con il Fondo intervenuto direttamente nel patrimonio dell’istituto emiliano – segnali positivi trapelano anche da Banca Marche. Durante una riunione tenutasi la scorsa settimana con i direttori di filiale, il direttore generale, Luciano Goffi, ha dichiarato come il patrimonio della banca, seppure a un livello molto basso, non sia però sceso sotto zero. Oltre a lasciare un piccolo spiraglio sul valore futuro delle azioni (anche se di illusioni gli azionisti non possono farsene molte), il particolare non è trascurabile nelle questioni di vigilanza legate alla soluzione. Nel caso Tercas infatti – salvataggio su cui l’Unione Europea ha aperto un dossier per possibili aiuti di stato – il Fondo aveva dovuto riportare a zero un patrimonio sceso in negativo, prima che l’istituto teramano fosse acquisito e ripatrimonializzato dalla Popolare di Bari. Il Fidt aveva dunque chiuso un buco, attirandosi gli strali Ue. Nel caso Banca Marche, così come sta avvenendo per Carife, il Fidt diverrebbe invece direttamente azionista acquisendo le azioni a prezzo di mercato, nell’attesa di quel partner industriale, richiesto dalla Banca d’Italia, a cui cedere la propria quota. Una soluzione temporanea, difficilmente contestabile, in grado di consentire alla banca di tornare ad operare in attesa del cavaliere bianco.
Oltre al non azzeramento del patrimonio, Goffi avrebbe comunicato ai direttori di Banca Marche i dati sulla raccolta che sarebbe rimasta stabile dall’inizio dell’anno, nonostante la tempesta di notizie non proprio entusiasmanti degli ultimi mesi. La tenuta della raccolta – assieme alla cessione degli asset di poche settimane fa con la conseguente estinzione definitiva dell’originario prestito da 4,3 miliardi di euro ottenuto nel 2012 dalla Bce – risolve uno dei principali problemi ereditati dall’era Bianconi, il funding gap. Banca Marche, come più volte segnalato dalla Vigilanza, aveva infatti uno sbilanciamento nei prestiti rispetto alla raccolta, con la necessità di colmare la lacuna alimentandosi dall’interbancario a tassi maggiori. E se la lacuna era stata colmata appunto con i 4.3 miliardi della Bce, durante il commissariamento l’indebitamento si è ridotto prima ad 1.8 miliardi di euro per estinguersi completamente, con la banca che sarebbe ora autosufficiente grazie alla raccolta.
Ridotto il funding gap, ridotto il personale di 350 unità, può apparire forse un paradosso ma Banca Marche – patrimonio e portafoglio deteriorato a parte – avrebbe adesso i conti più in ordine che in passato, in particolare se si considera dove è finito quel miliardo di euro (e oltre) di patrimonio perso negli ultimi anni. Lo si può desumere da un grafico prodotto nel 2011 dalla PricewaterhouseCoopers, tra l’altro la stessa società che revisionava i bilanci dell’istituto marchigiano. Il grafico a fianco mostra sull’asse verticale la percentuale di sofferenze e sull’asse orizzontale la loro copertura. Banca Marche, stando ai bilanci 2010, era rappresentata dal puntino in alto a sinistra, cioè era l’istituto bancario con la più bassa copertura delle sofferenzedel sistema, almeno per la Pwc. Come se non bastasse, l’allora piano industriale – in piena crisi congiunturale e con il tracollo dell’immobiliare – immaginava una progressiva riduzione delle rettifiche da apportare ogni anno. Partendo da qui, durante la nuova gestione la banca è stata costretta a spostarsi rapidamente verso destra per recuperare il gap con il sistema e mettere in sicurezza il portafoglio attingendo al proprio patrimonio. Nel frattempo l’emergere di molte più sofferenze – anche per via della crisi dell’immobiliare e delle cattive classificazioni – spostavano il puntino sempre più in l’alto, fino a quel 30% di crediti deteriorati (sofferenze, incagli e ristrutturazioni) di cui scrisse la Vigilanza lo scorso anno. Se questo è costato all’istituto almeno un miliardo di euro di patrimonio per via delle necessarie nuove rettifiche, Banca Marche è forse adesso una delle banche più pulite del sistema. Anche perché, considerando le numerose ispezioni di Vigilanza ricevute dal 2012 ad oggi, è davvero difficile immaginarsi dal portafoglio crediti ancora brutte sorprese.
RISARCIMENTI, FERRARA BATTE JESI – Per finire, tra le buone notizie per la banca marchigiana oggi se ne conta un’altra. Gli ex vertici di Banca Marche sono stati superati nella non certo invidiabile classifica della quantità di milioni di euro di danni loro imputati. Anche i commissari alla guida di Carife – dopo Feliziani, Terrinoni e Inzitari – hanno infatti dato il via all’azione di responsabilità contro gli ex amministratori della Cassa di Risparmio di Ferrara. Da quanto si legge sulla stampa emiliana, per adesso Ferrara ha battuto Jesi 309 milioni di euro a 280.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Alcune considerazioni ovviamente a titolo strettamente personale:
La cordata non e’ evaporata,la cordata attende di sapere realmente quanti milioni d’euro servono per salvare bmarche( e mi sembra voglia saperlo anche il fantomatico/presunto patner bancario anch’esso se vogliamo evaporato insieme a piani A,B,C)e se e’ ancora possibile salvarla.
Il capitale non e’ azzerato cosa significa?Fa il pari con la considerazione che i dati della raccolta sono positivi.Quanto e’ realmente il capitale rimasto e quali sono i numeri della raccolta.Se il capitale residuo e’ di qualche migliaio di euro e altrettanto dicasi per la raccolta agli azionisti converra’ piuttosto che investire/ buttare altri soldi nella banca dirottarli su qualche bella causa ( chiamando tutti in causa,compresa la mitica PWC).Poi c’e’ la rassicurazione di tale Maccarone sul fatto che non verranno toccati i soldi dei correntisti,ci mancherebbe pure che dopo averli tosati adesso salviamo la banca di nuovo con i soldi dei clienti/azionisti.Pecoroni rincoglioniti si ma tutto ha un limite…
Risarcimenti milionari che battono altre banche fallite e decotte.Poiche’ e’ stato dato tempo e modo ai presunti responsabili di spogliarsi di tutti i loro beni come San Francesco( consiglio a Marco Ricci di indagare sull’argomento e di darci i risultati con un bell’articolo) oggi possiamo chiedergli anche 2000 nilioni,anzi 3000 tanto nessuno tirera’ fuori un centesimo( multe e sanzioni comprese)
Per concludere,chiariamo una volta per tutte che banca marche non ha fatto questa fine a causa della crisi del settore immobiliare,cosa c’entra la crisi con le delibere a pioggia,gli affidamenti senza garanzie,i presunti mister 5/10/20%,i leasig a yacht che in realta’ erano bagnarole da 6 metri( Marco Ricci verifichi anche questo filone)o a capannoni fatiscenti.I soldi ( nostri,della banca quindi degli azionisti e delle fondazioni) dovevano uscire per qualsiasi ragione ed in qualsiasi modo dalla banca,sul perche’ e sulla logica( abbastanza intuitiva visto quello che e’ successo ed e’ stato ormai accertato)indaga la procura.Con buona pace della crisi finanziaria ed immobiliare…RIP