Banca Marche e la crisi nella crisi
I precari scrivono in Regione

L'istituto di credito legato a doppio filo con un'economia che non va. Per ripatrimonializzare ci sarà da attendere la stabilizzazione delle perdite e forse il pareggio di esercizio. I dipendenti con contratti a termine: "Cresce la nostra diffidenza verso poltica, istituzioni e sindacati"

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Centro direzionale Fontedamo Jesi, sede direzione generale Banca Marche

Centro direzionale Fontedamo Jesi, sede direzione generale Banca Marche

 

di Marco Ricci

Una situazione economica generale che non riesce ancora a prospettare niente di buono per le Marche.  Nel generale calo del credito alle imprese che, secondo Confindustria, continuerà in Italia almeno per tutto il 2014, solo la provincia di Macerata ha visto nel terzo trimestre del 2013 una contrazione degli impieghi verso le aziende di oltre il 4% rispetto allo stesso periodo del 2012. E se l’economia non tira, se le imprese non riescono ad andare avanti, cresce anche nelle Marche il numero di capannoni in vendita. Sono 280 quelli presenti sul mercato nel dicembre scorso, con un incremento del 5% rispetto al dicembre di tre anni prima. Una crescita dell’offerta – spesso avvenuta tramite aste giudiziarie a seguito di  fallimenti – che, seppur contenuta rispetto ad altre zone del paese, dimostra come l’economia regionale ancora non riparta.

E’ in questo difficile contesto che si muove Banca Marche, in una regione che ha vissuto negli ultimi anni una crisi nella crisi, arrivando a perdere il doppio del pil rispetto al resto d’Italia e vedendo l’occupazione, una volta dato positivo, raggiungere il livello medio delle altre regioni che, a loro volta, non se la sono passata bene. Senza contare, ovviamente, il tracollo del settore edile. Al di là dunque delle responsabilità della governance nel dissesto dell’istituto – responsabilità su cui indaga la magistratura e su cui ha puntato l’attenzione la vigilanza di Banca d’Italia – le Marche rischiano di rimanere doppiamente avvitate nella crisi del credito, almeno finché Banca Marche non verrà ripatrimonializzata.  L’urgenza c’è, sebbene si scontri con la necessità di chiarezza sui conti e sullo stato degli impieghi. Chi comprerà – oramai non si può usare un termine diverso – deve sapere che cosa comprerà e questo può avvenire solo quando si avrà la certezza che le brutte sorprese sono terminate.

CRISI EDILIZIASe la banca non fosse commissariata si comincerebbe a parlare di numeri e di bilancio consolidato 2013, il che aiuterebbe a capire a che punto si sia arrivati e quale sia lo stato dell’istituto. Ma sarà più probabile dover aspettare almeno la fine del primo semestre del 2014 perché il lavoro dei commissari Feliziani e Terrinoni e del nuovo management riesca a mettere un punto fermo sulla situazioni, arrivando magari a conseguire un pareggio di esercizio che sembra essere la condizione necessaria per l’apertura dell’aumento di capitale e per dare certezze a chi investirà nell’istituto.

Intorno a questa situazione un silenzio istituzionale e politico quasi imbarazzante, come se la politica stessa non sapesse quali pesci prendere non solo per rilanciare l’economia ma anche per fornire qualche strumento in grado di agevolare la ripartenza di Banca Marche. Di questo silenzio si sono accorti anche i giovani precari dell’istituto di credito che hanno scritto ai capigruppo in consiglio regionale, chiedendo un incontro per martedì.

La Regione Marche

La Regione Marche

“Nell’ultimo quinquennio nel Gruppo Banca Marche S.p.A., secondo prassi consolidata nell’Istituto, circa 180 giovani del territorio hanno lavorato con più assunzioni a tempo determinato finalizzate alla definitiva stabilizzazione, ed alcuni di essi hanno addirittura raggiunto il limite dei 36 mesi previsto dalla Legge”, si legge nella lettera. ” Oggi, alla luce della riduzione del personale che l’Azienda vorrebbe operare siamo seriamente preoccupati del nostro futuro, inscindibilmente legato alla nostra stabilizzazione all’interno della Banca. Comprendiamo la difficile situazione economica, aziendale e globale, ma riteniamo che ci possa essere una vera ripresa solo se ripartiamo dai giovani ed in particolare dai giovani di questo Territorio”.

Poi l’affondo proprio alla politica e alle istituzioni che, nel complesso, come detto non hanno certo brillato in questa vicenda. “La nostra Banca e le Istituzioni”, scrivono i giovani precari, “devono rendersi conto che il vero patrimonio del nostro Paese sono i giovani a cui, sempre più spesso, sono offerte false speranze anziché reali prospettive, offendendone la dignità di lavoratori e togliendo loro il diritto ad un presente e ad un futuro di vita personale e professionale. Tra i Precari cresce la diffidenza nei confronti della politica, delle Istituzioni e dei sindacati ed al tempo stesso aumenta il bisogno di opportunità e di meritocrazia, che viene sempre più spesso appagato oltre i confini del territorio italiano”.

 



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