di Marco Ricci
Nè Intesa Sanpaolo né Unicredit sarebbero disponibili a valutare un’acquisizione di Banca Marche, né ora né al termine degli stress test della Bce previsti per il prossimo autunno. E’ quanto si è appreso a margine della 54ma assemblea dell’Abi di oggi. “Dopo la valutazione approfondita della Bce ci sarà un mondo diverso – ha affermato il presidente del Consiglio di Gestione di Intesa, Gian Maria Gross Pietro – “ma noi non abbiamo interesse per altre banche italiane”. Una simile dichiarazione è stata rilasciata dall’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, il quale sempre oggi ha affermato come l’istituto non abbia interesse ad alcuna aggregazione, riferendosi in particolare, dopo le domande dei cronisti, a Banca Marche.
Anche il Credito Valtellinese, che alcune fonti di stampa avevano associato al cavaliere bianco pronto ad intervenire a fianco della cordata locale, ha confermato il proprio disinteresse per Banca Marche. E’ stato il suo amministratore delegato, Miro Fiordi, a ribadire, sempre margine dell’assemblea dell’Abi, come nulla sia cambiato rispetto alla nota di smentita di alcune settimane fa.
Se le dichiarazioni di oggi possono creare qualche soprassalto in regione, a ben vedere la situazione non è cambiata rispetto a quanto si poteva immaginare da tempo. Sono state più che altro voci prive di riscontri, quasi leggende, ad accreditare Intesa e Unicredit come possibili acquirenti di Banca Marche, mentre gli unici segnali oggettivi lasciavano propendere per considerazioni opposte. Non solo le due operazioni hanno poco senso dal punto di vista industriale – sia Intesa che Unicredit, anche attraverso le loro controllate, hanno già molti sportelli in regione – ma gli stessi due gruppi sono stati indicati da Banca Marche come advisor per l’aumento di capitale. Il che, ovviamente, avrebbe creato un evidente quanto ipotetico conflitto di interessi qualora i due gruppi fossero stati davvero interessati all’istituto marchigiano.
Sul tappeto dunque, al di là delle tante ipotesi, restano comunque alcuni dati di fatto importanti, tra cui le dichiarazioni di Visco, riportate da Spacca, sulla possibile soluzione a breve che potrebbe emergere per Banca Marche. Altro dato da sottolineare, sempre frutto dell’incontro tra il governatore della Banca d’Italia e quello della Regione Marche, come non vi sia alcuna intenzione di porre in liquidazione l’istituto che, a ben vedere, se ha mai corso un rischio del genere l’ha forse corso a metà del 2013 (leggi l’articolo). I prepensionamenti, la riorganizzazione in corso, l’ingresso del nuovo management, sono al contrario tutti segnali – in una situazione sicuramente difficile e che necessita di immissione di capitale fresco per 600-800 milioni di euro – dell’intenzione dei commissari Feliziani, Terrinoni e Inzitari di portare avanti il salvataggio dell’istituto, intenzioni in ogni caso ben espresse da Banca d’Italia con la comunicazione emessa al momento del commissariamento dell’istituto di credito, laddove Via Nazionale affermò come l’istituto sarebbe stato guidato secondo i canoni di sana e prudente gestione fino al suo rafforzamento patrimoniale, garantendo allo stesso tempo, come in effetti avvenuto, il proseguimento di ogni attività.
Anche i tempi del commissariamento, ad alcuni apparsi troppo lunghi, sono quelli che era lecito attendersi per consentire al nuovo management una completa analisi dello stato del portafoglio crediti, un prerequisito necessario questo per qualsiasi operazione di collocamento sul mercato di Banca Marche. Ad inizio 2013, quando l’istituto marchigiano aveva licenziato il bilancio 2012 con oltre mezzo miliardo di euro di perdite, la nuova dirigenza delle 10000 posizioni classificate ad alto rischio ne aveva verificate solo 2500, ovviamente, le più importanti.
Il Corriere della Sera ha invece riportato nell’edizione di ieri, senza però aggiungere alcun dettaglio, il possibile interesse di un fondo nazionale pronto a ricapitalizzare Banca Marche. Al di là delle tante ipotesi, rimane da attendere ancora qualche mese, quando sarà più chiaro chi intenda intervenire per ripatrimonializzare Banca Marche e se l’opzione locale, come molte forze del territorio auspicano, riuscirà a concretizzarsi in una proposta reale e completa da sottoporre ai commissari, gli unici titolati a gestire il futuro della banca del territorio.
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Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-02265
Atto n. 4-02265
Pubblicato il 29 maggio 2014, nella seduta n. 252
FUCKSIA , CAPPELLETTI , BERTOROTTA , VACCIANO , SERRA , PUGLIA , MORRA , MANGILI , COTTI , CASTALDI – Al Ministro dell’economia e delle finanze. –
Premesso che:
Banca Marche SpA è un istituto di credito la cui attività ha avuto inizio ad Ancona nel 1994, costituendosi come gruppo bancario quale risultato della fusione delle Casse di Risparmio di Macerata e Pesaro, a cui si unì in un secondo momento quella di Jesi. Attualmente il gruppo bancario include inoltre la Carilo Cassa di Risparmio di Loreto SpA con sede in Loreto, la Focus Gestioni S.G.R. SpA società di gestione del risparmio e la Medioleasing SpA, costituita nel 2005 ed avente ad oggetto l’esercizio del leasing finanziario ed operativo;
secondo i dati ricavati dal sito ufficiale della Società e aggiornati al 31 marzo 2012, la compagine azionaria è così composta: Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata (22,51 per cento), Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro (22,51 per cento), Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi (10,78 per cento), Fondazione Cassa di Risparmio di Fano (3,35 per cento), Intesa Sanpaolo SpA (5,84 per cento). Una quota di capitale pari a circa il 32,2 per cento è distribuita invece tra circa 40.000 piccoli azionisti, per lo più clienti di Banca Marche che, investendo propri capitali, hanno partecipato al processo che ha condotto negli anni ’90 alla privatizzazione della Società. Di fatto la Banca è stata sempre controllata da tre fondazioni bancarie, le vecchie proprietarie delle Casse di risparmio citate che, fondendo le tre Casse, di cui erano azioniste al 100 per cento, hanno creato la Banca Marche;
la rete commerciale di Banca Marche attualmente può contare su oltre 300 sportelli presenti non solo nelle Marche, ma anche in Umbria, Emilia-Romagna, Lazio, Abruzzo e Molise. Il gruppo conta inoltre circa 3.000 dipendenti e rappresenta nel panorama finanziario italiano una realtà di importanza storica, che negli anni è riuscita a attestarsi in ottime posizioni nella classifica nazionale delle grandi banche sia per redditività, sia per produttività, sia per solidità;
considerato che:
il consiglio di amministrazione di Banca Marche ha approvato il bilancio consolidato 2012 con un passivo di 527 milioni, la semestrale 2013 con una perdita di 232 milioni e rettifiche sui crediti per 451,8 milioni;
la Banca d’Italia, con provvedimento del 27 luglio 2013, ha disposto la sospensione, in via temporanea, degli organi con funzioni di amministrazione e controllo di Banca Marche, ai sensi dell’articolo 76 del testo unico bancario, di cui al decreto legislativo n.385 del 1993. Con il citato provvedimento sono stati nominati quali commissari della banca Giuseppe Feliziani e Federico Terrinoni: tali organi si sono insediati il 30 agosto 2013. Il commissariamento è stato adottato in base alle disposizioni del testo unico, ossia in presenza di «gravi irregolarità nell’amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che regolano l’attività della banca», e quando siano previste «gravi perdite del patrimonio» (art.70);
il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta della Banca d’Italia, con decreto del 15 ottobre 2013, ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo di Banca Marche SpA, in gestione provvisoria, con sede ad Ancona, e ha sottoposto la stessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi degli artt. 70, comma 1, lett. a) e b), e 98, commi 1 e 2, lett. a) del testo unico. Il provvedimento di gestione provvisoria è stato adottato anche in seguito all’approvazione dei risultati del primo semestre 2013, chiuso ancora in forte perdita (232 milioni di euro) dopo il passivo di 527 milioni di euro registrato nel 2012. Da tale provvedimento e da quelli precedenti, in particolare le sanzioni pecuniarie comminate nel 2007 e nel 2011 per irregolarità nella gestione del credito e carenze nei controlli interni, si deduce che le principali criticità attengono all’attività creditizia (tra l’altro confermata anche dalla stampa locale) e le conseguenti perdite patrimoniali. A fronte di una tale situazione, gli interroganti constatano come si sarebbero succedute costanti visite ispettive di Banca d’Italia dal 2006 in avanti in cui la vigilanza non avrebbe mostrato eccessive preoccupazioni riguardo alla qualità del credito erogato e gestito, né sul provisioning, avendo semmai con sistematicità posto l’accento sulla necessità di “rivisitare” la governance e i processi aziendali, da ultimo quelli di valutazione e concessione del credito;
in data 31 ottobre 2013, l’agenzia di rating “Moody’s” ha annunciato di aver ritirato le proprie valutazioni su Banca Marche, stanti, come si legge nella nota emessa dall’agenzia, “informazioni insufficienti o comunque inadeguate per il mantenimento del giudizio”. La decisione di Moody’s è dovuta all’impossibilità di ottenere le informazioni necessarie a valutare la banca nei prossimi mesi dato che, in base alle vigenti disposizioni di legge, durante l’amministrazione straordinaria Banca Marche non rilascerà informazioni sul proprio stato finanziario e patrimoniale;
nel 2014, al commissariamento si sono aggiunte le indagini della Procura di Ancona, che ha aperto un’inchiesta partita da un doppio esposto dello stesso istituto, su alcuni affidamenti milionari “imprudenti” erogati a imprenditori spesso in assenza di garanzie. Secondo le accuse, la cattiva gestione dell’istituto marchigiano avrebbe favorito alcuni imprenditori o gruppi imprenditoriali “amici” nell’erogazione di finanziamenti per centinaia di milioni di euro, ma anche procurato alla banca marchigiana un “rosso” di circa 800 milioni di euro (oltre un miliardo per il bilancio consolidato) finito all’attenzione prima di Banca d’Italia che ha aperto una procedura di sorveglianza, culminata nel commissariamento, e successivamente della magistratura. Stando alle imputazioni, crediti, mutui e fidejussioni “facili” per centinaia di milioni sarebbero stati concessi a gruppi imprenditoriali, per lo più del settore costruzioni, con la consapevolezza che i crediti non sarebbero stati, in parte o interamente, riscossi alle scadenze. Le perdite, per centinaia di milioni, sarebbero state “occultate” nei bilanci per conseguire un “ingiusto profitto”, e a guadagnare sarebbero stati tanto i vertici delle società coinvolte, che facendo apparire i bilanci in attivo percepivano bonus correlati ai falsi risultati positivi esposti, quanto i clienti che ottenevano ulteriore credito. Il deficit di bilancio sarebbe stato “coperto” da false informazioni fornite anche alla Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) e a Banca d’Italia in occasione della proposta di aumento del capitale sociale per 110,5 milioni di euro nel 2012;
la Procura anconetana ipotizza anche che da tale giro di mutui e prestiti sia scaturito in qualche caso un arricchimento personale per alcuni indagati del gruppo Banca Marche, comprendente anche la controllata Medioleasing SpA Il ventaglio di reati prospettato va dal falso in bilancio, al falso in prospetto, all’ostacolo alla vigilanza, alle false comunicazioni sociali e all’appropriazione indebita e, per alcuni tra ex vertici e manager dell’istituto di credito marchigiano, anche all’associazione per delinquere;
le circostanze descritte non rappresentano una novità nella storia dell’istituto di credito. Nel 2004 infatti veniva nominato direttore generale della banca Massimo Bianconi, ma già nel 2006 Bianconi veniva condannato in primo grado dal tribunale di Brescia con l’accusa di appropriazione indebita e ostacolo all’attività di vigilanza della Banca d’Italia. Assolto definitivamente 3 anni dopo, Banca Marche lo sospese per un periodo brevissimo. Sempre nel 2006 emergevano altre notizie su compravendite immobiliari poco trasparenti, finché in un’inchiesta pubblicata il 10 febbraio del 2011 “l’Espresso” non ha definito Banca Marche lo “scrigno della cricca”, con riferimento alle note vicende giudiziarie che all’epoca coinvolsero, tra gli altri, gli imprenditori Anemone e Balducci, secondo l’accusa al vertice di un gruppo di potere che si sarebbe spartito i contratti delle grandi opere. Secondo il settimanale, davanti ai nomi di Anemone e Balducci “gli impiegati si mettevano a disposizione” e “accettavano il deposito di grosse somme di denaro, anche in contante, senza che venisse identificato chi realmente effettuava l’operazione o pagavano assegni non trasferibili a persone diverse da quelle indicate, ignorando tutte le norme. La stessa procedura di favore era estesa anche ai bonifici e ai prelievi: milioni di euro che andavano e venivano senza segnalazioni antiriciclaggio”;
di fronte a questa difficilissima situazione della banca marchigiana, gli azionisti privati hanno peraltro preso la decisione di intraprendere un’azione giudiziaria comune nei confronti dei vertici di Banca Marche, dei dirigenti apicali, dei membri del consiglio di amministrazione, del collegio sindacale e della società di revisione, chiedendo di costituirsi parte civile nel processo penale che si sta profilando (come sta facendo Banca Marche Istituto) e mettendo in campo, in sede di conciliazione, tutte le azioni necessarie per ottenere il risarcimento dei danni subiti;
considerato inoltre che:
a seguito delle vicende si è quasi “azzerato” il valore delle azioni in possesso delle fondazioni, a danno indiretto anche della collettività. Infatti, le fondazioni, in qualità di azioniste della banca, ricevevano da questa i dividendi. Unitamente ai proventi derivanti dagli investimenti del loro patrimonio, avevano come mandato anche quello di intervenire sul territorio per opere di interesse della collettività;
il quasi azzeramento del valore dei titoli azionari potrebbe danneggiare anche i piccoli risparmiatori che hanno creduto nella “loro banca”, in quanto riavrebbero ben poco del loro investimento,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dell’attività di vigilanza posta in essere dalla Banca d’Italia su Banca Marche;
se risulti se il consiglio di amministrazione dell’istituto di credito abbia effettivamente ottemperato alle considerazioni di Banca d’Italia e se le fondazioni fossero a conoscenza degli eventuali rilievi dell’istituto di vigilanza;
se non intenda avviare verifiche o intraprendere ispezioni, nell’ambito delle competenze e dei poteri contemplati dall’articolo 10 del decreto legislativo n. 153 del 1999, al fine di: individuare comportamenti lesivi della sana e prudente gestione da parte delle fondazioni che detengono partecipazioni della Banca Marche; verificare la redditività del patrimonio e l’effettiva tutela degli interessi contemplati nello statuto; fare completa chiarezza sui fatti riportati negli ultimi mesi sulla stampa e descritti in premessa;
se e quali iniziative ritenga di porre in essere, nell’ambito delle proprie competenza, al fine di sostenere il rilancio di una realtà importante come Banca Marche, anche nell’ottica di tutelare i piccoli azionisti dell’istituto, nonché l’accesso al credito di quei settori produttivi che caratterizzano il territorio marchigiano e delle altre regioni in cui l’istituto è presente, quali le piccole e medie imprese, l’imprenditoria giovanile, l’artigianato, il commercio, il turismo, l’agricoltura.
vanno indagati per reati contro il patrimonio anche ,gazzani, sabbatini,bassotti…….non se ne possono lavare le mani con un semplice non sapevo, e senza averci rimesso un solo euro!!!!!
Ma come e’ possibile che nessuno sia interessato a salvaguardare l’autonomia e la territorialita’ di bmarche,i 300 sportelli,i 3200 dipendenti piu’ i precari,che mantenga inalterato il potere delle fondazioni,che debba rispondere a qualche dictat del governatore Spacca in piena campagna elettorale e di qualche politico di turno in cerca di notorieta’?Dimenticavo,chi investe in bmarche non deve avere fini speculativi,ci mancherebbe altro e se e’ possibile,dovrebbe anche salvaguardare il potere delle fondazioni.Poi qualcuno si chiede ancora che fine abbia fatto Tanoni e la sua cordata?Ad oggi per trovare soggetti disposti ad investire a queste condizioni bisogna andare al cotolengo,non a Roma da Visco.
Spacca,Sollazzi e tutti gli altri politici di turno diano il buon esempio,prendano i loro risparmi e li investano nella banca per cui tanto,tardivamente ed inutilmente si stanno adoperando.Dichiarino pubblicamente quanto investono in bmarche e tanti altri li seguiranno.Altrimenti,si facciano da parte una volta per tutte,questa e’ una faccenda da speculatori,come molti li chiamano in tono offensivo,gente che dovra’ licenziare,chiudere un po’ di filiali,razionalizzare costi,organigrammi e sedi faraoniche e che magari pensera’ anche di avere un ritorno dall’investimento( si chiama volgarmente e me ne scuso con i lettori, piano industriale di ristrutturazione,con cifre,obiettivi,date) .In parole povere,dovra’ fare ll’esatto contrario di quanto fino ad oggi dichiarato solennemente e voluto da sindacati,politici ed altri non ben identificati in ruolo e mansioni.Se nessuno accetta questa realta’,non ci resta che continuare ad aspettare il cavaliere bianco,stupendosi ogni volta che non arriva o non e’ interessato,o ancora meglio,chiedere aiuto al mago di Arcella,magari lui con qualche pozione magica riesce a realizzare il miracolo.
Solidarietà ai dipendenti di Banca Marche
Manuela Manieri,concordo pienamente sulla solidarieta’ ai dipendenti di bmarche,vittime incolpevoli della situazione,ma purtroppo piu’ passa il tempo piu’ non riesco a vedere soluzioni che non siano dolorose ma necessarie per tentare di salvare il salvabile.Sindacati,politica avrebbero dovuto imporsi molto prima,impedire alle fondazioni di fare scelte folli ed insensate in nome della occupazione e della autonomia.Adesso qualcuno di loro fa il presenzialista ai compleanni al domina ed i dipendenti rischiano di perdere il loro posto di lavoro.Banca Marche e’ una delle tante aziende in Italia gestite da incapaci che si sono affidati ad altrettanti incapaci/presunti disonesti e questi sono i risultati.Forse e’ ora che qualcuno metta il naso nell’operato delle fondazioni,troppo comodo ululare alla luna o tacere ed andare a qualche festa come se niente fosse accaduto.E’ tutto lecito,legale,corretto quello che le fondazioni hanno fatto e disfatto in bmarche?Nessuno deve pagare per avere sperperato centinaia di milioni di euro della collettivita’ a scapito del sociale e della solidarieta’?E pensare che c’e’ ancora qualcuno che li difende ed aspetta che la verita’emerga e li scagioni….
LORO SONO INTERESSATI SOLAMENTE A SORGENIA DI CARLETTO DE BENEDETTI, TESSERA N. 1 DEL PARTITO DEMOCRATICO, E PIU’ NON DIMANDARE.
Eppure per esempio per aggiudicarsi lo smantellamento del rottame della Costa Concordia c’è stata parecchia contesa tra diversi porti.