di Marco Ricci
Un lungo incontro tra sindacati e azienda iniziato alle undici di mattina e terminato dopo le undici di sera. E alla fine l’accordo tra le rappresentanze dei lavoratori e Banca Marche sull’uscita volontaria dal gruppo è stato firmato. Sono massimo 360 i dipendenti dell’istituto di credito che, su base volontaria e senza soglie minime, verranno accompagnati da Banca Marche fino alla maturazione dell’età pensionistica. L’accesso al fondo per ogni lavoratore vale per massimo sessanta mensilità, così che dall’accordo siglato vengono confermate le tre finestre di uscita: giugno 2014, dicembre 2014, giugno 2015. La novità emersa nella notte è che vi sono diversi incentivi .
Una mensilità Ral (retribuzione annua lorda) per chi rimarrà nel fondo per meno di 30 mesi e due mensilità per coloro che permarrano nel fondo più di 30 mesi. A titolo di ulteriore incentivo verrà erogata una somma pari al valore attuale dei mancati versamenti in fondo pensione. Un ulteriore premio di una mensilità a chi aderirà entro il mese di febbraio. Una annualità Ral sarà concessa alle dipendenti che eserciteranno la cosiddetta “opzione donna”.
Tutti gli incentivi di cui sopra potranno essere, attraverso una scelta individuale, liquidati o versati al Fondo Pensioni Banca Marche come apporto straordinario con gli eventuali benefici fiscali. Coloro i quali hanno maturato o matureranno i requisiti A.G.O., entro il 30 giugno 2014, riceveranno 12 mesi di incentivo; medesima misura verrà destinata alle dipendenti che, esercitando la cd “Opzione Donna”, acquisiranno, da subito, i requisiti pensionistici. Verrà consentito il rientro da “part time” a “full time” un mese prima dell’accesso al fondo, il mantenimento della iscrizione alla Cassa Assistenza con versamento del contributo Aziendale e il mantenimento delle condizioni bancarie e creditizie dipendenti tempo per tempo vigenti. Ai lavoratori che aderiranno al Fondo vengono garantite apposite “Clausole di Salvaguardia” inerenti sia il periodo immediatamente precedente l’accesso che durante la permanenza nello stesso.
Le condizioni sono quelle previste dal contratto nazionale, con i lavoratori che otterranno un assegno pari alla pensione che avrebbero maturato al naturale raggiungimento dell’età pensionistica decurtato però di un 10%.
Una trattativa serrata, interrotta da una riunione intra-sindacale intorno alle 19.00, che ha visto alcune sigle accompagnate in questo complesso passaggio dalle segreteria nazionali. Una delle maggiori proccupazioni dei sindacati era infatti quella di sottoscrivere un accordo a prova di bomba. Ovvero che garantisse, al di là degli eventuali cambiamenti legislativi futuri, di assicurare ai lavoratori la certezza di quanto oggi concordato con l’azienda. Per evitare di incorrere in futuro nel rischio “esodati”, come accaduto in passato ad altre categorie di lavoratori che si sono poi ritrovati senza stipendio e senza pensione. Dunque un passaggio tecnico molto complesso di cui i sindacati sentivano in pieno la responsabilità e che li aveva appunto spinti a chiedere l’appoggio delle segreterie nazionali.
Nei giorni scorsi, al di là dei silenzi di circostanza, fonti sindacali avevano apprezzato la disponibilità dei commissari – e dunque di Banca d’Italia – ad utilizzare il fondo di solidarietà per il sostegno del redditto per accompagnare i lavoratori che matureranno da qui al 2020 l’età pensionistica. Decisione non scontata, viste le difficoltà di Banca Marche e la consapevolezza della gravità della situazione in cui versa l’istituto di credito e dei sacrifici a cui saranno costretti i lavoratori per garantire un futuro all’azienda. Una scelta che impegna Banca Marche ad accantonare anticipatamente l’intera somma necessaria ad integrare il reddito per tutti coloro che sceglieranno di uscire dal gruppo. Somma che si aggirerebbe tra i 50 e i 60 milioni di euro. Un segnale visto come “di pace sociale” stante appunto l’estrema gravità della situazione che avrebbe consentito da parte dell’azienda formule meno soft per alleggerire l’organico dell’istituto.
LA QUESTIONE PRECARI – Dei lavoratori con i contratti a termine, come avrebbero auspicato alcune rappresentanze sindacali, nell’accordo non si è parlato. L’istituto al momento non avrebbe voluto neppure assumere alcun impegno, anche generico, per questi lavoratori. Sembra che al momento i commissari non siano in grado di definire alcuna politica in merito all’organico futuro di Banca Marche. Va ricordato in ogni caso che la trattativa non va ad inquadrarsi in una normale ristrutturazione del gruppo. Quanto su uno scenario che al momento assomiglia ad un’operazione di salvataggio in attesa di un gruppo industriale che entri nella compagine sociale.
Sono state invece firmate a latere dell’accordo, sottoscritte dai commissari, per la conferma degli apprendisti alla fine del periodo di apprendistato, oltre alla salvaguardia delle categorie deboli con contratti a termine. Unitariamente le Segreterie Nazionali, Regionali e Aziendali hanno deciso di porre formalmente all’Azienda la problematica della stabilizzazione dei numerosi colleghi che hanno lavorato e lavorano a tempo determinato nella nostra Banca alfine di avviare un percorso condiviso per la loro conferma a tempo indeterminato.
I precari con contratti a termine, lo ricordiamo, dopo aver richiesto un colloqui al dg Goffi e ai commissari Feliziani e Terrinoni, avevano chiesto due giorni fa l’intervento e l’ascolto dei presidenti delle tre fondazioni azioniste. A rispondere positivamente all’appello dei più giovani tra i lavoratori di Banca Marche sono stati Alfio Bassotti e Franco Gazzani. Il presidente della Fondazione di Jesi, “pur nel rispetto del lavoro dei commissari Feliziani e Terrinoni” – che di fatto hanno esautorato la compagine azionista da ogni decisione in merito a Banca Marche – si è reso disponibile ad ascoltare le istanze dei precari. “Escludo che avvenga congiuntamente agli altri due presidenti” – ha affermato -“e ho dato incarico al segretario della Fondazione perché possa incontrare una delegazione dei giovani lavoratori dell’istituto”.
Stessa disponibilità è venuta anche dal presidente di Fondazione Carima, Franco Gazzani. Che ha tenuto a sottolineare come sarebbe impossibile per lui non ascoltare i giovani precari, “forse le prime vittime della crisi dell’istituto”. Il presidente della fondazione di Pesaro, Gianfranco Sabbatini, al momento in cui è stato da noi interpellato, non era invece ancora al corrente del testo della lettera dei precari di Banca Marche, in quanto tornato da poco in città. Il presidente ha dichiarato che “si sarebbe informato al più presto” di quanto inviatogli.
Al di là delle intenzioni e della moral suation che i presidenti Bassotti, Sabbatini e Gazzani possono esercitare sui commissari e su Banca d’Italia, è difficile pensare che le tre fondazioni possano avere – stante il commissariamento dell’istituto – concreta voce in capitolo sulle scelte di Banca Marche. Scelte che per il futuro sono probabilmente impossibili anche per gli stessi Feliziani e Terrinoni. Sarebbe però auspicabile un coro unanime di sostegno ai giovani lavoratori. Coro a cui potrebbero aggiungersi – magari anche con atti concreti – gli amministratori e la politica marchigiana. Fino ad ora i grandi assenti in questa vicenda e che hanno brillato – ad eccezione di pochissimi – più per mutismo che altro davanti al più grande crack che la storia delle Marche ricordi. Avrebbe infatti il sapore di un segnale socialmente devastante – in un momento in cui il tasso di disoccupazione giovanile è ai massimi storici e in una vicenda di cui la politica e i poteri economici regionali non possono certo considerarsi estranei – se i primi a pagare la cattiva gestione dell’istituto fossero proprio i meno responsabili. Ovvero le generazioni più giovani che, come sta accadendo ovunque in Italia, continuano a scontare sulla loro pelle le responsabilità, le inerzie, le incapacità e le colpe di molti di coloro che li hanno preceduti.
(ultimo aggiornamento ore 15)
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
@MARCO RICCI. Gradirei un chiarimento: per precari si intendono i lavoratori assunti “a chiamata” a tempo determinato, cioè senza avviso pubblico e prova di accesso? Grazie
appunto,i giovani precari si dovrebbero rivalere su bianconi (in ogni modo ). tanto oggi se non fai qualcosa di eclatante non ti c..a nessuno!!!
Si intende quelli che magari sono tre anni che si fanno il mazzo ed ogni 4/6 mesi devono stare sul chi va là per capire se gli verrà rinnovato il contratto, giudicando non sulle capacità e sulla professionalità dimostrata, ma da altri fattori esterni.
Si intende quelli che in molti casi lavorano il doppio e forse, se un giorno entreranno, guadagneranno la metà di coloro che se ne andranno.
@va……..E’ stato molto chiaro, ma la domanda era rivolta al redattore dell’articolo. Comunque pensi al “mazzo” che si fa chi è in cerca di lavoro e non ha “santi in paradiso”. STOP!
Suggerisco un modello filmico-canoro di moral suasion:
«Signo’, e figli o sai che so’?! So’ piezz’e core! E nun s’hanno a lassa’!
(vedi http://www.youtube.com/watch?v=vLNzgJsZWow)
Prima si dissentano le Aziende poi per recuperare i danni si inizia sempre dal solito posto. I lavoratori. Molti di questi 360 difficilmente li incontreremo ai giardinetti, ma in nero andranno a “rubare” il lavoro ai nostri giovani.
60 milioni per mandare via 300 anziani e nemmeno 2-3 per assumere 50 giovani… manca proprio la volontà di rinnovare e rilanciare la Banca
Vengono fuori ora tutte le pecche di una politica del personale della BdM, dove non ha mai contata la capacità professionale del candicato ma la sua conoscenza all’interno dell’istituto, quindi via a far entrare amici degli amici, in barba al sovradimensionamento… col risultato che oggi gli ultimi arrivati rischiano grossi, i vecchi in prepensionamento (oltre ad aver usufruito di contratti ben più vantaggiosi degli attuali) verranno “parcheggiati” a casa ad uno stipendio pari al 60% circa di quello che percepivano lavorando…. ma com’è che il mondo va al contrario????? chi faceva parte del Cda della banca ha solo pensato a “riempirsi la pancia” facendo finta di non vedere, e adesso le incompetenze di una quarantina di persone, le pagano centinaia di lavoratori, con la differenza che chi si è “ingrassato” per bene, non sarà chiamato a risarcire nemmeno un centesimo!
troppa grazia!!!!!! che hanno fatto per meritare tanto??? questi sono gli stessi che nel 2007 si sono opposti alla vendita senza prevedere le conseguenze, ora pagano anche gli interessi!!!
più che un coro sarebbe un lamento. È stata fatta anche un’università apposita per preparare i giovani al lavoro in banca. ma la bancs non sarà più il porto sicuro che è stato per decenni., piuttosto un posto come gli altri dove si guadagnerà come un operaio.