di Marco Ricci
Una nuova tegola sugli ex vertici di Banca Marche. La Banca d’Italia ha infatti dato il proprio via libera alla richiesta dei commissari alla guida dell’istituto di procedere con un’azione di responsabilità nei loro confronti. Così come previsto dal Testo unico bancario, i commissari avevano inviato oltre un anno fa a Via Nazionale la loro istanza (leggi l’articolo) il cui accoglimento è condizione necessaria per procedere in sede civile, accompagnando la domanda da un corposo dossier contenente le circostanze contestate. Ottenuto adesso il via libera dalla Banca d’Italia, l’istituto commissariato dal Mef ad ottobre del 2013 dovrebbe presentare entro pochi giorni le citazioni in tribunale, dando così l’avvio al procedimento che non potrà essere interrotto dai futuri soci dell’istituto i quali, periodicamente, dovranno riferirne a Banca d’Italia. L’azione di responsabilità è regolata dal codice civile e può interessare sia gli amministratori e i sindaci di una società quanto il direttore generale entro cinque anni dalla cessazione della carica, escludendo invece, secondo una giurisprudenza anche contrastata, i vice direttori generali. La possibilità di avviare un’azione di responsabilità era stata già sollecitata dalla Fondazione Carima durante l’ultima assemblea dell’istituto tenutasi nell’aprile del 2013, quando la richiesta venne però respinta dalla stessa assemblea con i voti contrari degli altri due soci di peso, le Fondazioni di Pesaro e quella di Jesi (leggi l’articolo).
Sebbene non vi siano conferme, appare probabile che l’azione verrà rivolta verso tutti gli amministratori e sindaci in carica dal 2006 alla prima metà del 2012 e contro l’ex direttore generale, Massimo Bianconi. Infatti, dopo le relazioni richieste nel 2013 allo studio Erede-Bonelli-Pappalardo per valutare i possibili gradi di responsabilità degli ex vertici, la banca aveva inviato a marzo dell’anno successivo delle lettere interruttive della prescrizione che avevano raggiunto, oltre Massimo Bianconi e gli ex vice direttori generali, anche tutti i consiglieri di amministrazione e i sindaci che ricoprirono i loro incarichi dal 2008 all’inizio del 2012. Nell’occasione, oltre ad intimare la restituzione alla banca degli emolumenti ricevuti e alla richiesta di risarcimento per danni non inferiori al miliardo di euro, Giuseppe Feliziani e Federico Terrinoni avevano espresso dei pesantissimi rilievi sulla passata gestione dell’istituto (leggi l’articolo).
I commissari, con la loro comunicazione, oltre a ricordare come già dal 2006 Banca Marche fosse stata oggetto di molti rilievi ispettivi e di provvedimenti sanzionatori contenenti gravissime contestazioni, avevano sottolineato la mancanza di ogni attività di prevenzione e di controllo in merito a specifici affidamenti, sia da parte degli amministratori che del collegio sindacale. Ancora più grave l’accusa, espressa sempre nelle lettere interruttive della prescrizione, in merito alla redazione dei bilanci. Per i commissari sarebbero stati redatti fin dall’esercizio 2006 in violazione delle prescrizioni di legge, con il risultato di dissimulare atti di mala gestio (leggi l’articolo). Agli amministratori e ai sindaci succedutesi nel tempo veniva così imputata la mancanza di ogni doverosa attività di controllo e di rilevazione delle criticità e di contenimento del danno, omissioni gravissime che sarebbero state l’antecedente o la concausa sia dell’aggravamento del pregiudizio che del danno.
In arrivo dunque altri problemi per gli ex vertici dell’istituto, molti dei quali hanno già ricevuto sanzioni dalla Banca d’Italia complessivamente per oltre 4 milioni di euro (leggi l’articolo) e nei cui confronti la Consob ha recentemente proposto multe per oltre 400mila euro per le informazioni fornite al mercato in relazione all’aumento di capitale del 2012 (leggi l’articolo). L’azione di responsabilità, va ricordato, non ha nulla a che vedere con le possibili rilevanze penali dei comportamenti che hanno contribuito al dissesto di Banca Marche e su cui la procura di Ancona ha aperto un fascicolo dall’inizio del 2013, con trentasei tra dirigenti, amministratori, consulenti e imprenditori attualmente iscritti nel registro degli indagati per reati che vanno, a vario titolo, dall’associazione per delinquere, al falso in bilancio, all’appropriazione indebita in concorso o meno, all’ostacolo all’attività di vigilanza, alle false comunicazioni sociali fino alla corruzione tra privati. Anche la Procura di Roma sta indagando sulla vicenda in relazione ai possibili reati istituzionali commessi.
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