Banca Marche, 61 milioni di euro
dalla rivalutazione di Bankitalia

Il decreto legge approvato dal governo porta a 7.5 miliardi di euro il capitale di Via Nazionale. E questo fa lievitare il valore delle 2549 azioni dell'istituto marchigiano

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Il Governatore di Banca d'Italia, Ignazio Visco

Il Governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco

di Marco Ricci

Dopo la ghigliottina che si rimprovera alla presidente della Camera, Laura Boldrini, di aver utilizzato per tagliare la testa al dibattito parlamentare, l’approvazione del decreto legge Imu-Bankitalia ha portato a Banca Marche 61 milioni di euro di capitale in più.

Il decreto varato dal Governo ha infatti rivalutato il capitale della Banca d’Italia, portandolo da poco più di 155.000 euro – valore del 1936 – a 7.5 miliardi di euro.  Suddiviso in 300.000 quote, Banca Marche possiede 2549 azioni ovvero circa lo 0.82% del capitale complessivo di Banca d’Italia. Al lordo di una imposta una tantum del 12%, con l’approvazione del decreto le 2549 azioni arriveranno a valere circa 61 milioni di euro, a fronte dei pochi spiccioli inseriti nel bilancio 2012.

Secondo quanto si legge nel decreto, la rivalutazione non potrà essere messa a valere sul bilancio 2013, ma su quello del 2014. Il decreto prevede inoltre che ogni gruppo bancario possa detenere un massimo del 3% delle quote di Banca d’Italia, limite molto superiore a quanto posseduto da Banca Marche ma inferiore alle quote detenute da altri gruppi bancari. Sarà allora la stessa Banca d’Italia ad acquisire le quote eccedenti prima di per rimetterle sul mercato. I dividendi annui, nel loro complesso, non possono superare il tetto massimo del 6% del valore complessivo del capitale, cioè 450 milioni di euro. Per Banca Marche si tratterebbe dunque di staccare dividendi annui per un massimo di circa 3.5 milioni di euro.

Dunque in prospettiva una piccola boccata d’ossigeno per l’istituto marchigiano, tenendo conto della sua attuale bassa patrimonializzazione che – oltre al condurre al commissariamento – non solo impedisce nuove erogazioni ma costringe all’alleggerimento degli impieghi. Le quote rivalutate però – cioè i 61 milioni di euro – dovrebbero passare solo tra due anni a far parte del patrimonio di vigilanza.

 

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