2013, l’annus horribilis di Banca Marche

IL CRAC - Dall'esplosione della crisi al commissariamento, dieci mesi che hanno visto emergere 800 milioni di euro di perdite e l'apertura di un'indagine da parte della magistratura

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Luciano Goffi, attuale direttore generale di Banca Marche

Luciano Goffi, attuale direttore generale di Banca Marche

di Marco Ricci

Non è semplice scegliere un termine per descrivere il 2013 di Banca Marche. Un anno che per l’istituto di credito non si apre nel migliore dei modi, con il declassamento a fine gennaio da parte di Moody’s dei raiting dell’istituto di credito. E mentre da una parte comincia lentamamente il ricambio del management di punta – con l’allontanamento a febbraio dei vice direttori Giorgi, Cavicchia e Vallesi – dall’altra il dissesto della banca – ormai da sei mesi sotto la guida del dg Luciano Goffi – comincia ad emergere in tutta la sua drammatica dimensione.

A febbraio slitta infatti di qualche giorno l’approvazione del bilancio 2012. Il perché è noto. Dai quaranta milioni di attivo della semestrale, il bilancio approvato a marzo dal Cda presieduto da Lauro Costa si chiude con 518 milioni di euro di perdite, oltre a rettifiche sui crediti per 811 milioni. Un disastro da far impallidare ogni più pessimistica previsione. “Data la prolungata crisi dell’economia e in particolare del comparto immobiliare”, commentò Luciano Goffi, “è stato necessario intraprendere un percorso di piena trasparenza sulla qualità del credito della Banca, cosa che abbiamo fatto con il pieno sostegno del Consiglio di Amministrazione e collaborando attivamente con la Banca d’Italia; abbiamo decisamente adeguato i fondi rischi sui crediti, portandoli a livelli pienamente allineati a quelli delle principali banche del Paese”.

Massimo Bianconi, ex direttore generale di Banca Marche

Massimo Bianconi, ex direttore generale di Banca Marche

Insomma in primavera comincia ad emergere il problema di fondo di Banca Marche. I crediti, quei “gioielli di famiglia” come li aveva descritti l’ex dg Massimo Bianconi qualche mese prima, che non brillano poi tanto. Tutt’altro. Le svalutazioni sono imponenti, così come vengono abbassate le valutazioni sulle garanzie. E con mezzo milardo di perdite, Banca Marche comincia ad avere problemi di patrimonio, tanto da farsi strada la prospettiva di un aumento di capitale, mentre Fondazione Carima annuncia la richiesta di un’azione di responsabilità nei confronti dei passati amministratori. Così ad aprile, in un cda lungo dodici ore, oltre al nuovo piano industriale viene discussa – e bocciata – l’idea di promuovere l’azione risarcitoria nei confronti degli amministratori. E cominciano ad evidenziarsi le frizioni tra le tre fondazioni azioniste: Macerata da una parte, Pesaro e Jesi dall’altra.

 

 

Lauro Costa, ex presidente di Banca Marche

Lauro Costa, ex presidente di Banca Marche

Frizioni che esploderanno durante l’assemblea dei soci del 30 aprile, dove verranno ratificati i 527 milioni di euro di perdite del gruppo e i 3.4 miliardi di credito deteriorati. L’assemblea dice no all’’azione di responsabilità richiesta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata contro gli amministratori dell’istituto in carica al 31 dicembre 2011, contro l’ex dg Massimo Bianconi ed il precedente management. Determinante il no delle Fondazioni Caripesaro e Cassa di Risparmio di Jesi, a sancire la spaccatura non più rimarginata tra i principali soci di Banca Marche. A presidere l’assemblea non più il presidente Lauro Costa ma Federico Tardioli. Costa infatti, pochi giorni prima dell’assemblea, ha rassegnato le proprie dimissioni insieme al vice presidente della banca, il pesarese Michele Amborsini, anche sulla spinta di un’assemblea dei dipendenti tenutasi qualche giorno prima.

Senza presidente, ratificato un aumento di capitale per 300 milioni di euro, con le rappresentanze sindacali che chiedono di non scaricare le perdite sui lavoratori e con un cda spaccato al propro interno sulle decisioni da prendere, l’estate si apre proprio con la ricerca di una figura che prenda il posto del dimissionario Costa. Una scelta che vedrà di nuovo spaccarsi le fondazioni azioniste. Macerata vorrebbe Massimo Girotti, mentre Pesaro punterebbe sul banchiere comasco Rainer Masera. Le fondazioni si stanno ancora consultanto quando la fondazione di Pesaro offre la presidenza a Rainer Masera.

Rainer Stefano Masera, presidente dimissionario di Banca Marche

Rainer Stefano Masera, presidente dimissionario di Banca Marche

Tra giugno, luglio e agosto si vivranno settimane tormentate. Orami scelto Masera come presidente della banca, la nomina slitta di una settimana per le incertezze del banchiere che vorrebbe una qualche garanzia dall’economia marchigiana sulla copertura di buona parte dei 300 milioni di euro necessari all’aumento di capitale. Solo un colloquio in Banca d’Italia con Francesco Merloni, davanti al governatore Visco, convincerà Masera ad accettare l’incarico.

Nel frattempo però, il 27 giugno, Francesco Maria Cesarini – chiamato da Fondazione Carima in cda – si dimette da consigliere di amministrazioni. Seguito a metà luglio da Giuseppe Grassano, anch’esso indicato da Fondazione Carima, mentre il civitanovese Mario Pirro viene eletto vice presidente di Banca Marche. Intanto i problemi patrimoniali dell’istituto stanno emergendo in modo sempre più evidente. Il total capital ratio dell’istituto si sta pericolosamente avvicinando alla valore limite dell’otto per cento, così che Luciano Goffi è costretto ad aprire l’emissione di un prestito obbligazionario subordinato upper-tier II per 60 milioni di euro. Pesaro e Jesi lo sottoscriveranno per 25 milioni di euro. Macerata, ormai certa che quei milioni non basteranno, alza le mani per salvaguardare il patrimonio della fondazione ormai duramente messo a repentaglio dal dissesto dell’istituto. La cordata locale, intanto, fortemente sponsorizzata dal governatore Spacca, tenta di muoversi per raccogliere 100-200 milioni di euro sul territorio nazionale per coprire l’aumento di capitale che ormai si starebbe attestando sui 400 milioni.

guardia-di-finanzaNel mese di agosto la cronaca si sposta dalla situazione economica di Banca Marche agli aspetti giudiziari della vicenda. Dopo aver rivelato l’interruzione nel luglio 2012 per una manciata di settimane del rapporto di lavoro tra Massimo Bianconi e l’istituto di credito, Cronache Maceratesi rivela la presentazione di due esposti da parte del dg Goffi alla procura delle repubblica di Ancona. Poste all’attenzione dell’autorità giudiziaria le operazioni di concessione di credito e di leasing nei confronti di varie società marchigiane – molte delle quali operanti nel settore dell’edilizia – ma anche nei confronti di gruppi esterni alla regione. Cominciano a Jesi le perquisizioni da parte del nucleo provinciale della guardia di Finanza di Ancona.

 

Giuseppe Feliziani, uno dei due commissari di Bm

Giuseppe Feliziani, uno dei due commissari di Bm

Sta terminando agosto quando si attende la semestrale 2013. Si parla già di perdite dell’ordine dei cento milioni di eure quando la presentazione slitta di alcuni giorni. Così il 30 agosto si apprende che le perdite nei primi sei mesi dell’anno sono salite a 232 milioni di euro e i crediti rettificati sono passati in poche settimane da 200 a 451 milioni. Il total capital ratio di Banca Marche, nonostante la sottoscrizione del prestito obbligazionario per 25 milioni di euro, è precipitato sotto il 7%. Ce ne è abbastanza perché Banca d’Italia ponga lo stesso giorno della presentazione della semesterale Banca Marche in gestione provvisoria. Gli organi amministrativi e di controllo vengono sospesi e i due commissari indicati da Via Nazionale prendono la guida dell’istituto di credito. Sono Giuseppe Feliziani e Federico Terrinoni, il primo proveniente dal gruppo Intesa-San Paolo, il secondo un ex ispettore della Vigilanza.

La gestione provvisioria durerà due mesi. Senza che nel frattempo la cordata locale riesca a raccogliere nulla di quanto promesso per sottoscrivere l’aumento di capitale. Così a fine ottobre, dopo la richiesta al Ministero dell’Economia di sciogliere gli organi dell’istituto di credito, Banca Marche viene commissariata a tutti gli effetti da Banca d’Italia. Sul ponte di comando restano Feliziani e Terrinoni, mentre uno stizzito Rainer Masera si era dimesso pochi giorni prima dalla carica di presidente, puntando il dito contro l’economia marchigiana incapacedi mantenere le promesse, ovvero di sottoscrivere l’aumento di capitale. Secondo Masera, come scrive nella lettera in cui presenta le proprie dimissioni, i milioni necessari a ripatrimonializzare l’istituto sono diventati 500.

Francesco Maria Cesarini, ex consigliere indipendente dimessosi recentemente dal Cda di Bm

Francesco Maria Cesarini, ex consigliere indipendente dimessosi recentemente dal Cda di Bm

Nel frattempo il passato di Banca Marche continua ad essere sotto la lente della magistratura di Ancona. La quale a metà autunno, a seguito dei due esposti, apre un fascicolo indagando 15 persone per plurimi reati societari e patrimoniali. Questo mentre Banca d’Italia avvia una ventina di procedure sanzionatorie nei confronti di ex amministratori ed ex dirigenti dell’istituto di credito. I verbali allegati alle procedure sono durissimi, in particolare nei confronti degli ex-consiglieri e degli ex-sindaci dell’istituto di credito. Si salvano dagli strali della vigilanza Luciano Goffi, Francesco Maria Cesarini e Giuseppe Grassano, oltre a coloro che ebbero funzioni sono per periodi molto limitati di tempo.

Se tra l’opera della magistratura e quella della Vigilanza cominciano ad emergere le possibili responsabilità nel dissesto dell’istituto da parte della governance marchigiana, i commissari Feliziani e Terrinoni sono al lavoro per a riorganizzare l’istituto, puntanto in particolare sul settore commerciale e sul ricambio del managment. Tra novembre e dicembre molte figure di vertice vengo destinate ad altri incarichi, mentre entrano nel gruppo dirigenti provenienti da fuori regione. Al momento della presentazione del nuovo organigramma, solo due degli otto dirigenti di vertici hanno fatto carriera in Banca Marche. Sempre nella prima metà di dicembre Banca Marche sottoscrive l’accordo con le rappresentanze sindacali per le uscite volontarie dal gruppo. Sono oltre 400 i dipendenti – tra Banca Marche, Cassa di Loreto e Medioleasing – che lasceranno il gruppo da qui al 2015, attingendo al fondo di solidarietà. Un buon accordo che soddisfa i dipendenti e i sindacati, ad eccezione dei precari. Quei 200 giovani con contratti a termine che al momento non hanno alcuna garanzia di continuare a collaborare con l’istituto. Si rivolgeranno alle istituzioni e ai presidenti delle tre fondazioni azioniste, ma per il loro futuro c’è ormai bisogno di aspettare il 2014.

Il costruttore Pietro Lanari

Il costruttore Pietro Lanari

L’anno che verrà sarà determinante per Banca Marche. Un istituto evidentemente sotto patrimonializzato che di fatto è costretto a limitare la propria attività, creando un nefasto effetto domino per la già compromessa economia marchigiana. Importanti rientri dai crediti, scarse erogazioni alle imprese, i commissari si troveranno anche al centro di nuovo polemiche se già il presidente della Fondazione jesina Alfio Bassotti ha puntato il dito contro la vigilanza e se il gruppo Lanari pare intenzionato a portare in tribunale Banca Marche proprio a motivo delle linee di credito chiuse. E al di là delle sanzioni che probabilmente comminerà il direttorio di Banca d’Italia entro l’estate prossima e oltre l’azione della magistratura, il vero giro di boa sarà l’aumento di capitale che si immagina vedrà la luce proprio nel 2014. Un aumento consistente, forse sul mezzo miliardo di euro, che plausibilmente farà piazza pulita di ogni velleità marchigiana di controllare l’istituto. Ma che sarà il prologo necessario – e a questo punto auspicato – per una vera ripartenza di Banca Marche. Un soggetto troppo importante per l’economia regionale che non può rimanere in questo stato di congelamento per troppo tempo.

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