di Marco Ricci
“Siamo molto soddisfatti dell’intenso dibattito che si sta svolgendo intorno ai cosidetti Letta bond, neologismo sintetico da noi creato alcune settimane orsono (leggi qui)”, hanno scritto oggi in un comunicato i rappresentanti in Bm della Fiba-Cisl, Fisac-Cgil e Dircredito, ” Lo strumento ad oggi non esiste ma la necessità sì!”
In realtà le tre sigle sindacali non sembrano affatto soddisfatte delle risposte ottenute alla loro proposta. In primis dal Governatore Gian Mario Spacca che, solo ieri, ha affermato come “l’utilizzo di questi strumenti comporta vincoli molto forti per l’istituto di credito che ne beneficia, che vede la propria libertà di azione fortemente condizionata”.
La prospettiva di procedere ad un aumento di capitale di 400 milioni di euro – che vedrebbe senza dubbio la necessità di ingresso di un socio industriale nella compagine azionaria di Banca Marche – non piace proprio alle tre sigle sindacali che, oltre agli ipotetici Letta Bond, vedrebbero la possibilità di altri interventi come ad esempio la rivalutazione delle partecipazioni in Banca d’Italia di cui abbiamo recentemente scritto (leggi qui) o l’intervento della Cassa depositi e prestiti. Secondo la Fiba-Cisl, da noi raggiunta telefonicamente, “è inutile parlare di un prodotto, i Letta Bond, che attualmente non esiste solo per criticarlo. Quando sarebbe un utile intervento per aiutare l’autonomia dell’istituto, sempre che ci sia una volontà comune in questo senso e una volontà politica di richiederli.” Le parole della Fiba-Cisl sembrerebbero puntate non solo contro la tiepida accoglienza da parte di Fabi e Uilca dell’utilizzo di questo strumento finanziario ma anche contro le dichiarazioni di ieri del governatore Spacca.
“Non è vero che i Letta Bond sarebbero uno strumento oneroso”, ha infatti ribattuto la Fiba-Cisl, “il cui utilizzo per 200 miloni di euro, immaginando un tasso di interesse simile ai Monti Bond del 10%, sarebbe risibile considerando che Banca Marche ha circa 12-13 miliardi di euro di denaro a prestito a un tasso molto più basso. In quest’ottica globale”, hanno proseguito, “l’impatto sul margine finanziario sarebbe risibile. In secondo luogo”, ci ha sempre dichiarato l’organizzazione sindacale, “è difficile comprendere quali vincoli verrebbero posti all’attività dell’istituto se non un maggior controllo dello stato sulla gestione della banca”.
Tornando al comunicato, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil e Dircredito considerano il piano industriale e il rafforzamento patrimoniale effettuato solo con l’aumento di capitale come interventi “liquidatori per l’Azienda e a dir poco devastanti sotto il profilo sociale”. E hanno rimarcato la distanza che ancora li separa dalle altre due organizzazioni dei lavoratori presenti in Banca Marche, la Fabi e la Uilca, anche dopo l’incontro di stamattina tra tutte e cinque le rappresentanze“. Alcuni esponenti sindacali di rilievo di altre sigle”, hanno scritto, “si sono dichiarati disponibili alla cessione di asset, altri invece si preoccupano dei dividendi da corrispondere alle Fondazioni. L’unità sindacale”, hanno proseguito, “è fatta di verità non sindacabili.I rappresentanti dei lavoratori devono essere indisponibili a cedere anche un solo sportello della rete o un solo bit del Ced, non si devono preoccupare dei potenti di turno”.
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Spacca, figlio politico di Merloni, come può appoggiare un aiuto statale che allontana il suo mentore dai grandi affari? Tre anni di ‘letta bond’ e l’aumento di capitale lo faranno i marchigiani, non quattro, quarantamila.
Complimenti ai sindacati!!Finalmente dopo tante chiacchere delle proposte concrete…abbiamo addirittura scomodato il povero Letta,che insieme ai tanti problemi che ha in questo periodo( ammesso che anche lui sopravviva) dovrebbe preoccuparsi anche di bmarche e del sui destino.Che dire poi del pensiero carino di alcuni sindacati per il ritorno ad un dividendo per le povere fondazioni,alternato da altre ugualmente attive ed illuminate alla salvaguardia di tutti gli sportelli e dei bit del ced.Bravi,tempestivi,efficenti questi sindacati ai quali rivolgo solo una domanda ed una preghiera: la domanda e’ chi dovrebbe restituire un giorno i fantomatici Letta bond ,con relativi interessie come se non si tagliano costi e strutture inutili.La preghiera e’ insieme ai politici,sindaci,tuttologi ecc per favore di tacere,pregare tutte le sere con i propri iscritti ed insieme agli azionisti per bmarche ed il suo destino,e magari prendere spunto da questa triste vicenda che ci insegna che sarebbe opportuno muoversi ed imporsi a tempo debito e non quando e’ troppo tardi e quindi tutto inutile( suggerimento valido anche per le varie associazioni degli azionisti privati,che invece hanno taciuto prima e continuano a farlo.Associazioni,se ci siete battete un colpo,almeno per farci capire che siete vive …)
Questo commento è rivolto alla redazione di Cronache Maceratesi: con meno memoriali e meno grancassa le azioni Banca Marche sono arrivate a 0,40. Se riusciste a stare “zitti” un mesetto potrebbero salire ancora di più e magari ai risparmiatori, quelli senza pinna, potrebbe anche venire la voglia sottoscrivere l’aumento di capitale ad un prezzo serio. Ovviamente questo piacerebbe poco a quelli (stavolta con la pinna) che vorrebbero “salvare” la Banca. Voi da che parte state?
E’ evidente per tutti che sarebbe preferibile avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Se però proviamo a ragionare nell’interesse di tutti, azionisti, dipendenti, clienti e territorio nel suo insieme una soluzione indolore sarà impossibile da trovare.
Certo i “Letta bond” sembrerebbero salvare capra e cavoli, al momento, ma non risolvono i problemi nel tempo e non ridanno slancio all’operatività dell’azienda quindi fra 3-5- 7 anni ci ritroveremo con una banca sottocapitalizzata e senza competitività sul mercato. Non metto in dubbio che per i dipendenti più “anziani” questa sarebbe una buona cosa, ma per gli altri soggetti in causa?
Pensiamo ora agli azionisti, per loro la soluzione più favorevole sarebbe trovare un socio forte che oggi partecipi alla ristrutturazione con tutti i rischi del caso e che fra 4-5 anni esca gradualmente dall’istituto dopo averlo quotato in borsa.
Questa soluzione sarebbe di certo sfavorevole per i dipendenti.
Per i clienti ed il territorio la soluzione peggiore è l’attuale immobilismo, in quanto non hanno un partner di riferimento e non possono godere nemmeno in prospettiva di sostegno sia alle imprese che al sociale (in quest’ultimo caso tramite le fondazioni).
Una soluzione difficile, non indolore, ma forse meno pesante di altre sarebbe una fusione con un’altra banca regionale che non abbia sovrapposizione di sportelli, tra le prime che mi vengono in mente ci potrebbero essere la Carige, la Pop di Bari e Banca Sella, le banche indicate hanno il solo scopo di fare un’esempio, ma in questo caso sono le fondazione e la politica a dover accettare le condizioni poste dagli eventuali partner.
Spesso (in Italia ma talvolta anhe altrove) quando capita un problema, un inghippo, una difficoltà, una drammatica situazione economica/sociale si tende sempre a trovare una soluzione che sposti LONTANO, nel futuro tale problema, tale inghippo, tale difficoltà, tale situazione.
Questo è il classico espediente usato (spesso in Italia ma talvolta anche in altri Paesi) per spostare il problema al futuro, senza però provare neanche minimamente a risolverlo.
E’ la soluzione “ponzio-pilato”, molto cara ai nostri politici ed ad alcuni economisti
Il problema è oggi
oggi servirebbero delle risposte (magari anche pesanti sotto il profilo economico o sociale)
ma se io, oggi, provo a risolvere il problema, con delle risposte che potrebbero essere impopolari o dure (ma necessarie), poi domani non sarò rieletto, non mi verrà riconfermato l’incarico, perderò prebende e poltrone…
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Quindi, senza risolverlo, spostiamo il problema nel futuro: uccelli per diabetici di chi, tra 5 o 10 anni, si troverà in mano lapatata bollente…
Tanto io (che oggi non risolvo il problema perchè non mi comviene) tra 5 o 10 anni sarò su un altra poltrona o sarò pensionato d’oro e saranno cavoli amarissimi di chi subentrerà, ma non saranno cavoli miei
@Ciarulli: fa tenerezza la sua analisi che si può riassumere con la formula silenzio/risalita: servono i fondamentali per dare valore e forza ad un pacchetto azionario, non la buona volontà, serve un margine positivo, non il teatro…….
@ Voltolini: trovare un socio forte (e liquido aggiungo io) che tolga le castagne dal fuoco, e quando si tornerà a macinare utili saluta e se ne torni da dove è venuto e’ fantasia pura, degna delle favole più classiche.
Pensare di fondersi con un altro istituto porterebbe ad un disastroso rapporto di concambio azionario che lascerebbe ancor più disastrata BDM e sopratutto umilierebbe i suoi azionisti già logorati.
Il percorso e’ molto complesso e conoscerà ancora fasi molto difficili, si dovrebbero aprire nuove prospettive sotto l’egida di Bankitalia, lontane da tatticismi e localismi, senza lobby e posizioni personali di potere ormai logore, ma volare più alto e muoversi sul terreno della vera managerialità.
…l’unica cosa che serve a bm ora il tempo, ed il commissariamento per un anno e’ l’unica soluzione per non avere una pistola puntata alla testa, evitare assolutamente soluzioni avventate in tutti i sensi!!!!
Caro @Orville
Non capisco dove avrei scritto che un eventuale socio uscirebbe fra qualche anno senza utili…..ho parlato di quotazione proprio per dare valore ad una ristrutturazione di successo.
Nel caso di partner bancario e’ probabile che i concambi siano penalizzanti per le Fondazioni…ma non mi sembra che abbiano molte opzioni da valutare.
Molto generico, fumoso e ….privo di capitali il discorso finale sulla managerialità
@Voltolini:
Caro Claudio, premesso che queste pagine per me non rappresentano un esercizio di botta e risposta, ma una espressione democratica di pensiero, liberamente opinabile, cerco di rispondere:
Punto uno: forse non soo stato chiaro scrivendo “ trovare un socio forte (e liquido aggiungo io) che tolga le castagne dal fuoco, e quando si tornerà a macinare utili saluta e se ne torni da dove è venuto e’ fantasia pura, degna delle favole più classiche” voleva riferirsi a quanto scritto da lei “trovare un socio forte che oggi partecipi alla ristrutturazione con tutti i rischi del caso e che fra 4-5 anni esca gradualmente dall’istituto dopo averlo quotato in borsa”
A mio modesto avviso e per quanto mi e’ dato conoscere, per potersi quotare in borsa, una azienda, quale che sia il suo settore, deve confrontarsi in scenari competitivi sempre più complessi che richiedono un elevato tasso di sviluppo, una visione strategica, piani industriali solidi e sopratutto importanti capitali per realizzarli nel tempo. difatto poi di fronte ad un positivo andamento, laddove i numeri confortno i fatti, si potrebbero realizzare senza dubbio utili, altrimenti la quotazione è inutile….
Ma tu pensi che proprio quando si torna agli utili, quando finalmente dopo lacrime e sangue, c’e’ “sugo“, ricavato con fatica e impegno di mezzi , chi ha messo capitale se ne esce ???
La vedo ipotesi poco percorribile….Era questo il senso della mia osservazione…….
Punto due: i concambi….. Le Fondazioni sono i maggiori azionisti di BdM e ritengo che non accetteranno mai ulteriori perdite che le potrebbero mettere in condizione di ribaltare il loro ruolo istituzionale ( vedi a questo riguardo il recente articolo CM su Fondazione Carima e tagli nelle erogazioni).
Punto tre: managerialità cercasi. Perdonami, ma il discorso sulla necessità di capitale esula da quello del management…. nelle mie righe fumose (???) dicevo solo di separare la politica e le lobby dalla gestione, parlavo di efficenza e non di ingerenza, di leqadership e on di autoreferenziazione……. tutto qui: non sono certo io a dover delineare le strategie da adottare per tornare a fare banca, ma credo che sentiamo tutti la necessità di portare a bordo professionisti a tutto tondo.
Cordialmente.
Orville