Gli avvocati della Fondazione Carima:
“Possibile risarcimento
per i piccoli azionisti”

Lo studio Pozzi di Milano segue l'azione legale nei confronti della Pwc: "Ipotizziamo danni per milioni di euro." La società di consulenza non commenta. Alfio Bassotti, presidente della Fondazione jesina: "Nessuna lettera di censura dal Mef. Abbiamo solo spiegato il motivo della sottoscrizione del prestito"

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La sede della Fondazione Carima

La sede della Fondazione Carima

 

di Marco Ricci

Sulla base di preliminari valutazioni operate dallo Studio Legale Pozzi di Milano che assiste Fondazione Carima nella richiesta risarcitoria nei confronti della PricewaterhouseCoopers “ci sarebbero gli estremi per una  azione collettiva anche da parte dei piccoli azionisti.” La Pwc è la società  di revisione che ha certificato i bilanci di Banca Marche dal 2008. E sulla cui relazione di certificazione si basa nel 2011 l’aumento di capitale per 180 milioni di euro conclusosi nella primavera successiva. Per un prezzo di collocamento di 0.85 euro ad azione. Secondo lo Studio Legale da noi interpellato, eccessivo e formato a partire da una situazione dell’istituto di credito ben diversa dalla realtà  dei fatti.

Price Waterhouse Coopers

Per lo studio Pozzi infatti “non sarebbe verosimile che in soli sei mesi Banca Marche possa aver perso 500 milioni di euro a fronte di una semestrale, quella del 2012, certificata dalla stessa Pwc e chiusa in un attivo per 80 milioni. La conclusione, a partire da queste premesse, è che chi era proposto ai controlli non abbia controllato o l’abbia fatto in modo inadeguato.” Per i legali della fondazione maceratese vi è così ragione di ritenere “che i revisori avrebbero dovuto segnalare la necessità  di anticipare quelle rettifiche poi effettuate dalla banca solo a partire dalla seconda metà del 2012. Questo se si fosse valutato con attenzione lo stato dei crediti, delle garanzie e la qualità  delle procedure interne di controllo. Il danno subito dalla Fondazione”, hanno proseguito, “che sottoscrisse per 41 milioni di euro l’ultimo aumento di capitale potrebbe essere nell’ordine di milioni di euro. Appunto per avere acquistato le azioni ad un prezzo di collocamento non congruo se valutato alla luce delle reali condizioni in cui già allora si trovava la Banca.” Ricordiamo che fu poi una seconda società, la Deloitte, ad attestare come corretto il valore delle azioni emesse in sede di aumento di capitale. “Ma sulla base, così risulta dagli atti ufficiali”, ha spiegato lo studio, “dei dati numerici validati da PricewaterhouseCoopers. Oltretutto”, ci hanno spiegato, “il compito dei revisori contabili non è infatti solo quello di effettuare un controllo formale dei bilanci. Ma di valutare che quanto iscritto a bilancio corrisponda effettivamente alla reale situazione della società sotto verifica. Un valutazione del loro ruolo che in Italia ha già  portato a varie condanne delle società di revisione stesse.”

L'assemblea degli azionisti Banca Marche

L’assemblea degli azionisti Banca Marche

La messa in mora della Pwc da parte della fondazione maceratese è “un passo preliminare e cautelativo in vista di un’azione civile di risarcimento” che, nelle parole degli avvocati, “non si baserebbe solo sulle eventuali responsabilità della società di revisione al momento dell’ultimo aumento di capitale. Ma anche per quei bilanci di Bdm certificati negli anni precedenti al 2011. Che, se non corrispondenti al vero stato dell’istituto di credito, avrebbero portato pregiudizio all’andamento di Banca Marche.” Alla nostra domanda se possano essere interessati ad un’azione risarcitoria anche i piccoli azionisti, ci è stato spiegato che “anche coloro che hanno acquistato azioni nel tempo tramite le aste settimanali potrebbero averlo fatto sulla base di bilanci non adeguatamente valutati e dunque a prezzi troppo elevati. Così anch’essi, oltre coloro che sottoscrissero l’ultimo aumento, si ritroverebbero nella condizione di avviare azioni risarcitorie eventualmente collettive.”  Dal canto suo la PricewaterhouseCoopers, da noi interpellata, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione, spiegandoci come sia qusta una “prassi seguita a proposito dei casi su cui ci si trova ad operare”.

Sulla possibilità o meno che un socio, tra cui le fondazioni azioniste, potessero accedere a documentazione in grado di stabilire se i numeri iscritti a bilancio da Banca Marche fossero corrispondenti alla realtà, lo studio legale ha precisato “come un socio, di maggioranza o meno che sia, possa solo accedere ai bilanci depositati, al libro delle adunanze delle assemblee nonchè alle comunicazioni ufficiali dell’istituto di credito. Questo potrebbe rendere più complessa l’apertura di un’azione di responsabilità anche nei confronti del collegio sindacale. In ogni caso”, hanno proseguito, “si è ancora in una fase di valutazione sul come e sul se procedere contro i diversi collegi sindacali che hanno operato in Bdm negli ultimi anni.”

Alfio Bassotti, presidente della Fondazione Carijesi

Alfio Bassotti, presidente della Fondazione Carijesi

Il presidente della Fondazione di Jesi, Alfio Bassotti, ha intanto relazionato alla I commissione consiliare del Comune di Jesi. Difendendo sia l’autonomia dell’istituto dalla politica – passaggio probabilmente in risposta a varie critiche mosse tra l’altro dal sindaco jesino Massimo Bacci – e denunciando i tentativi di “strumentalizzazione localistica messi ultimamente in campo.” Il presidente, nella sua relazione, non ha nascosto le “terribili difficoltà finanziarie” a cui, come le altre fondazioni azioniste di Bdm, andrà in contro l’istituzione jesina il cui attivo di bilancio è in buona parte dovuto ai dividendi di Banca Marche. Difficoltà questa che pregiudicherà almeno in parte le erogazioni sul territorio. “Per adesso”, ha detto Alfio Bassotti, “è invalicabile il muro di non intaccare l’attuale patrimonio della fondazione, già ampiamente compromesso dalla considerevole partecipazione azionaria in Banca Marche.” Un tale problema interessa anche la maceratese Fondazione Carima. E se a Macerata c’è ancora incertezza su quali erogazioni sul territorio potranno essere garantite a partire da quest’anno, è chiaro che la banca partecipata non porterà dividendi nel 2013 e forse per qualche anno a venire. Con una diluizione della partecipazione in Bdm che assottiglierà le future fette di dividendi a disposizione di Macerata e delle altre fondazioni azioniste di Banca Marche.

Raggiunto telefonicamente, il presidente Bassotti ci ha chiarito come “la sottoscrizione a fine giugno per 15 milioni di euro del prestito obbligazionario subordinato upper tier II emesso da Banca Marche”, operazione contestata tra l’altro dal sindaco di Jesi, “sia stata effettuata tramite la dismissione di 10 milioni di obbligazioni Banca Marche e solo con 5 milioni di capitale fresco.” In merito alle voci di una lettera di censura inviata alla fondazione jesina da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, titolare della vigilanza sulle fondazioni bancarie, Alfio Bassotti ha parlato più che altro di “una spiegazione e chiarificazione data al  Mef.” Come ci dichiarò tempo fa allo stesso proposito il presidente della fondazione pesarese Gianfranco Sabbatini – fondazione che anch’essa sottoscrisse il prestito subordinato – l’istituzione jesina avrebbe semplicemente risposto al ministero spiegando i contenuti e i motivi dell’operazione. “In particolare”, ha spiegato Bassotti, “l’evitare in quel momento così critico la restituzione di 4 miliardi di euro da parte di Bdm alla Bce.” E se già al momento dell’emissione del prestito subordinato la banca comunicò a Fondazione Carima, su precisa richiesta di chiarimenti, che presumibilmente quegli ottanta milioni sottoscritti poi per soli venticinque da Pesaro e Jesi non sarebbero bastati, ad oggi di milioni necessari per superare quella soglia patrimoniale di vigilanza ne servono altri 200.

 

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