BdM, affondo della Uil
“Perché la Banca d’Italia tace?”

Il sindacato denuncia la "lotta fratricida tra le Fondazioni" e chiede chi sia il "vero manovratore di questa triste vicenda"

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La sede di Banca Marche di Fontedamo a Jesi

La sede di Banca Marche di Fontedamo a Jesi

“Assistiamo per l’ennesima volta alla lotta fratricida tra le tre Fondazioni, detentrici del pacchetto di maggioranza di Banca Marche, unica ed ultima istituzione creditizia ancora autonoma presente nella nostra Regione”. A scriverlo, in una nota, le segreterie Uil e Uilca Marche, che intervengono sul momento travagliato dell’istituto di credito.

“Le continue liti, riemerse prepotentemente per la nomina del nuovo Presidente e la sottoscrizione del prestito subordinato, hanno ingigantito le difficoltà che incontra oggi Banca Marche nel cercare di uscire dalla situazione di grave e pericoloso immobilismo che si protrae oramai da oltre nove mesi, grazie all’azione determinante ed incisiva dell’attuale Consiglio di Amministrazione  ed in particolare dei Consiglieri indicati dalla Fondazione Carima. La politica del credito adottata sui crediti deteriorati (incagli e sofferenze), ben più rigorosa rispetto perfino a quella scelta dai principali Gruppi creditizi del Paese come asserito dalla società di revisione KPMG, ha così fortemente indebolito la struttura patrimoniale da costringere la Vigilanza ad imporre un più che robusto aumento di risorse fresche, tramite un aumento di capitale solo per contanti.
Non è dato capire quali siano le effettive finalità delle tre Fondazioni proprietarie, sul mantenimento dell’integrità della Banca, sulla salvaguardia dei posti di lavoro, sulla tutela dell’imprenditoria locale e dei risparmiatori. Il sospetto è che qualcuno punti ad una grande Bcc marchigiana oppure attenda che si faccia avanti un cavaliere bianco, non importa di quale estrazione linguistica, che possa in qualche modo consentire di far cassa grazie alla vendita, a prezzi di saldo, di un’azienda con fondamentali sostanzialmente sani, con un Personale professionalmente più che valido e non meritevole di essere umiliato con ulteriori apporti dall’esterno, a “prezzi” significativi, che oltretutto aggravano proprio quei costi  il cui taglio sembra essere l’unico obiettivo al quale punta l’attuale management. Sono prospettive rispetto alle quali noi siamo decisamente e motivatamente contrari, in quanto andrebbero ad incidere profondamente sull’integrità della Banca. Gradiremmo conoscere dal D. G., sperando che estenda la stessa informativa al mercato, quale modello di Banca intende proporre per  il futuro,  tirando fuori dal cassetto  la milionaria consulenza commissionata alla Bain & C.
In tutta questa situazione di grave e continuo degrado, stupisce ogni giorno di più il silenzio assordante della Banca d’Italia, alla quale il management si è colpevolmente consegnato già dal settembre scorso,  specialmente dopo che il candidato alla Presidenza, Rainer Masera banchiere di indiscussa capacità ed autorevolezza proposto solamente da due delle tre Fondazioni e con il benestare di Palazzo Koch, si è volutamente posto in lista d’attesa prima di accettare la Presidenza di Banca Marche. A questo punto ci domandiamo, con sana preoccupazione, chi sia il vero “manovratore” di questa triste vicenda. Ecco perché, a nostro avviso, è giunto il momento che la Banca d’Italia, le tre maggiori Fondazioni azioniste, le istituzioni regionali, si assumano la responsabilità di decidere il futuro di Banca Marche che, con i suoi 3.200 dipendenti, rappresenta una platea di occupati pari a circa 2 volte e mezzo i cassintegrati dell’Indesit”.

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