di Marco Ricci
Molto rumore si è levato nelle ultime settimane intorno a Banca Marche, ma al di là dei toni troppo alti della politica, delle preoccupazioni legittime dei lavoratori che hanno proclamato a scaglioni tre giorni di sciopero, l’operazione di salvataggio di Banca Marche prosegue con i tempi che in effetti era lecito attendersi. Evidentemente si sta però entrando in una nuova fase del commissariamento, con la valutazione dello stato del credito che è sostanzialmente terminata e con Banca Marche che si sta attrezzando, dopo la nomina degli advisor, per l’aumento di capitale.
In quest’ottica deve essere letta la nomina da parte di Banca d’Italia del terzo commisario, Bruno Inzitari, una figura con caratteristiche diverse da quelle degli altri due commissari, Giuseppe Feliziani e Federico Terrinoni. Inzitari, ordinario di diritto privato all’Università Milano Bicocca e, tra le altre cose, in passato professore a contratto all’Università di Macerata, è infatti specializzato in diritto e legislazione bancaria, oltre ad avere una spiccata esperienza professionale nelle problematiche relative alle crisi d’impresa. Già commissario della Cassa di Risparmio di Ferrara, il ruolo di Inzitari in Banca Marche sarà quello di gestire nei prossimi mesi la parte legale e contrattualistica che accompagnerà l’auspicata soluzione della crisi. Al momento è però ancora prematuro parlare di soluzione a breve, seppure la situazione potrebbe sempre sbloccarsi da un momento all’altro con la comparsa di un gruppo intenzionato ad investire nell’istituto, gruppo che attualmente sembra però non esserci.
L’aumento di capitale non sarà cosa da poco se ormai si parla da più parti di circa 800 milioni di euro. Un valore indicativo ma forse non troppo lontano dall’effettiva necessità, considerando anche come uno degli attuali problemi di Banca Marche sia il funding gap, cioè la differenza tra quanto l’istituto eroga e quanto raccoglie, un problema che ha appesantito anche in questi mesi i conti dell’istituto. Una banca infatti presta soldi e in buona parte lo fa con il denaro che raccoglie dai depositi dei clienti. Gli anni della gestione Bianconi hanno però sbilanciato l’istituto verso erogazioni sempre maggiori, costringendo la banca ad alimentarsi di denaro dal sistema interbancario e dunque a costi maggiori, riducendo così i propri ricavi. Le perdite emerse, ormai non inferiori al miliardo di euro, hanno poi ridotto il patrimonio fino a farlo scendere sotto i limiti di vigilanza, portando l’istituto al commissariamento.
Molto clamore, in particolare sul versante politico, si è sollevato proprio sulla valutazione dei crediti e delle conseguenti perdite sopraggiunte, con accuse alla Vigilanza e alla Banca d’Italia di eccessiva durezza, lasciando intendere l’ipotesi di un complotto ordito ai danni della banca locale per dare in pasto l’istituto a qualche altro gruppo bancario. Via Nazionale non ha certo apprezzato questo clamore e questa sfiducia nei propri confronti. E mentre alcune rappresentanze sindacali hanno chiesto semplicemente ai commissari di capire, la Uilca, il Consiglio Regionale ed alcuni parlamentari, tra cui la senatrice Camilla Fabbri, sono andati giù in modo molto duro, con quest’ultima che ha trovato ancora inspiegabile l’emersione degli oltre 500 milioni di euro di perdite a fine 2012 dopo una semestrale chiusa in attivo, parlando poi di coperture dei crediti deteriorati superiori alla media del sistema.
La fase valutativa ha però fatto emergere cosa è accaduto e il perché delle perdite. Il punto centrale, poco compreso, è che il problema di Banca Marche non risiedeva tanto nelle coperture delle sofferenze, ma nel reale stato del credito che era ben diverso da quello riportato nei bilanci. Detto in parole povere, l’istituto teneva in bonis crediti che in parte erano già irrecuperabili, con valutazione sulla solvibilità dei clienti lontane dalla realtà. I numeri tornavano, ma dietro quei numeri si nascondeva qualcosa di ben diverso. Così, nel momeno in cui la Vigilanza e la nuova dirigenza hanno verificato lo stato delle cose, è stato necessario riclassificare una massiccia quantità di prestiti e di conseguenza utilizzare il patrimonio per coprire le maggiori stime di perdita. Questo, a ben vedere, era già accaduto durante l’ispezione mirata di fine 2010. Gli ispettori della Vigilanza non lamentarono tanto che le sofferenze segnalate dalla banca non fossero coperte. Analizzarono invece un campione degli impieghi e obbligarono Banca Marche a porre a sofferenza o a incaglio crediti classificati con uno stato migliore. Così Banca Marche, dopo l’analisi di solo un campione di posizioni, si trovò con un 20% di sofferenze in più e un 25% di incagli in più rispetto a quanto segnalato. Non per niente la Procura di Ancona ha ipotizzato i reati di falso in bilancio nonché di ostacolo all’attività di vigilanza per la presunta alterazione, attraverso il sistema informatico, delle posizioni degli impieghi in Medioleasing durante un’altra ispezione del 2010.
Oltre a questo e agli effetti dei gravi comportamenti ipotizzati dalla magistratura, tra cui l’appropriazione indebita e la corruzione tra privati, comportamenti emersi sui giornali solo in parte e che nel complesso potrebbero aver avuto conseguenze sui conti della banca maggiori di quanto si immagini, si sono aggiunti altri due fattori in parte collegati. La crisi dell’edilizia, settore verso cui Banca Marche era molto sbilanciata, e gli effettivi valori delle garanzie le quali, in moltissimi casi, avevano stime antecedenti al 2010. In regione la recessione si è acutizzata più tardi rispetto al resto del paese e ha colpito in modo più drammatico e più rapido a partire dal 2011. Ma l’istituto aveva “congelato” la valutazione dei beni a garanzia a prima che tutto ciò accadesse, così la nuova dirigenza si è trovata costretta ad accantonare parte del proprio patrimonio per coprirne la svalutazione. Se poi oggi nelle Marche il 60% dei crediti al settore edile è deteriorato, c’è solo da immaginarne gli effetti sul principale istituto di credito regionale. Senza contare, ovviamente, che è l’intera economia della regione ad essere un disastro senza l’intravedersi di una via d’uscita, con gli istituti di credito costretti a una maggiore prudenza sull’ effettiva possibilità di rientro dei crediti. Da qui quelle maggiori coperture sui crediti in bonis sottolineate dai sindacati, coperture in ogni caso almeno di un ordine di grandezza inferiore rispetto al complesso delle perdite.
Segnali positivi cominciano in ogni caso ad emergere pur in una situazione che resta seria. Il “marchio” Banca Marche si è rivelato solido nel territorio anche nei momenti peggiori, grazie anche all’impegno di chi, in filiale, si è trovato in prima fila davanti ai clienti e ha evitato la fuga dei correntisti, una fuga che a metà 2013 sarebbe stata deleteria per l’istituto, con invece un buon afflusso di denaro venuto nei mesi successivi alla banca dal Conto Deposito Sicuro. Il colloquio fissato il 4 luglio dal Governatore Ignazio Visco con il presidente della Regione, Gian Mario Spacca, contribuirà a fare maggiore chiarezza sia sul presente che sul futuro dell’istituto e questo, molto probabilmente, porterà ad un abbassamento dei toni che non nuocerà.
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Mi scusi Ricci, ma gli articoli glieli prepara la Fondazione Carima?
Come diceva Andreotti.”a pensar male spesso ci si prende”
ILPIEVEREME,non sono mai stato ne’ un difensore ne’ tantomeno un sostenitore della fondazione carima( ho sempre pensato che le fondazioni in una banca rappresentino il male assoluto) ma vorrei capire nell’articolo di Ricci che cosa ci sarebbe che scagiona o giustifica la fondazione carima,ma sopratutto che nesso c’e’ con quanto scritto sino al punto di ipotizzare complicita’ con il giornalista.Ripeto,a che pro?Lasciamo stare la buonanima di Andreotti e lasciamo fare informazione ad una delle poche firme che si occupa in modo serio e documentato di questo pasticcio
Effettivamente…le informazioni o sono di dominio pubblico o te le passa qualcuno…
BUONA LETTURA DELLA VICENDA! Condivido un po’ meno l’analisi nei confronti della Banca d’Italia ! Anche se nel corso delle ispezioni succedutesi in questi anni qualche anomalia l’avevano rilevata e’ pur vero che non hanno per lungo tempo affondato gli interventi sanzionatori ne imposto in modo determinato le correzioni alla gestione del sistema! Cio’ ha consentito al nostro “caro direttore” e ai suoi accoliti di proseguire nello scempio della nostra banca con il consenso degli amministratori ( a volte consenzienti, a volte stupidamente, ecc.), delle fondazioni, dei nostri “amati” colleghi sindacalisti, dei politici e degli imprenditori beneficiati!! Per sapere davvero com’e’ andata ORA SPERIAMO NELLA MAGISTRATURA !!!
ci risiamo. Ogni qualvolta qualcuno,e credo proprio a ragione, osi mettere in dubbio,in questa scellerata vicenda bancamarche, l’operato di bankitalia, subito si ergono paladini in sua difesa, quasi in una sorta di tacita connivenza nel tentare di pilotare i convincimenti della pubblica opinione nel senso voluto. Le disgraziate vicende in capo alla vecchia gestione (di cui si stanno ora occupando gli organi inquirenti) e tutto il successivo contesto di riferimento, non possono non ricadere,secondo molti, sotto precise responsabilità dell’organo di vigilanza, sia per l’inefficacia dei controlli più volte posti in essere in passato, sia per la successiva poco edificante gestione della situazione. Ora vale a poco appellarsi a discutibili e poco credibili peculiarità che avrebbero obbligato(l’istituto di vigilanza) ad intraprendere iniziative, a dir poco maramaldesche, che hanno letteralmente ingessato l’operatività di un istituto territorialmente insostituibile,né tantomeno alla disastrata situazione economica regionale(poi non molto differente dalle altre regioni) e a cui ha,peraltro, contribuito in modo forse anche rilevante la stessa politica ultrarestrittiva imposta alla banca. Quante centinaia d’imprese sono state lasciate al loro destino(quando avrebbero dovuto essere assistite in maniera differente), forse agevolandone il relativo defoult , con particolare sofferenza di tutto l’indotto di riferimento e la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro? Quante sofferenze potevano forse essere evitate, con una politica aziendale meno rigida, a tanti nostri conterranei che sicuramente non lo meritavano? E quante perdite ulteriori sono state causate,con un simile comportamento,alla banca e ai suoi azionisti? Si sarebbe dovuto sicuramente procedere in modo diverso. Tenuto conto della serietà della situazione e del difficilissimo contesto economico-finanziario sia nazionale che estero , senza precedenti, si sarebbe forse dovuta usare maggiore prudenza e maggiore comprensione nei confronti di un’istituzione che comunque da tanti decenni supportava in modo egregio l’economia di questa regione. Anche se in passato la banca è stata devastata dalle folli gesta della gestione precedente, si sarebbe dovuto,comunque, sempre tenere conto di quanto appena argomentato. Invece si è ritenuto di dover curare il malato(bancamarche) affetto da gravi emorragie con un salasso in luogo di una trasfusione e i risultati sono oramai sotto gli occhi di tutti. Ora si parla sempre più di ulteriori e maggiori perdite per la banca(ma poi su quali basi?),ma con queste politiche adottate credo che non potesse essere diversamente, e anche le azioni si sono ancor più fortemente deprezzate. Tutto questo è sempre colpe altrui? E i nuovi guru(che gestiscono la banca) cosa hanno portato di positivo per l’azienda? Altre perdite? Oramai tutte queste baggianate che ci vengono continuamente propinate fanno solo scadere ancor più i termini del discorso. E invece di tutte le squallide vicende e intrallazzi inerenti alcune altre banche italiane, sempre più all’onore della cronaca,bankitalia cosa dice? Tutto ok? I bilanci 2013 hanno evidenziato decine di miliardi di perdite e l’istituto di vigilanza dov’era?.. a massacrare bancamarche, mentre gli altri facevano il bello e il cattivo tempo in barba a tutto?…….un consiglio per chiudere….SVEGLIATEVI TUTTI…….non vi fate infinocchiare dagli imbonitori e dagli incantatori di serpenti perché poi l’incantesimo svanisce, la nebbia si dirada e rimane solo deserto e desolazione.
@sargenti. Saggio intervento, quotato in pieno aggiungendo: come faceva Bianconi & Co. a fare il bello è il cattivo tempo in quella banca? Magari con l’appoggio di qualche santo in bankitalia? Magari con qualche altro appoggino qua e là? Perché tanta resistenza nel far emergere il malaffare? E perché tanta solerzia nell’affermare il capitale della banca/soci? Perché!?! Perché i servizi di Ricci sono diventati filo-aziendali? Perché in questo Paese funziona tutto così?
Parole sante Sargenti.Banca d’italia,a parole la paladina della giustizia,correttezza ed onesta’ finora ha sempre chiuso le stalle quando i buoi erano scappati.mps,banca italease,carige,banca marche e l’elenco potrebbe continuare.Certo se gli uomini della cd banda marche fossero stati messi nelle condizioni di non nuonecere senza aspettare l’intervento( che non c’e’ stato) di banca d’italia sarebbe stato anche meglio,ma cosi’ non e’ stato.Vogliamo poi parlare del ruolo inutile e stupidamente dispensioso delle societa’ di revisione?Di che cosa si occupano concretamente,cosa controllano,cosa certificano?Da azionista sarei tentato di intentare una causa per responsabilita’ oggettiva a banca d’italia,ma chi oserebbe sfidare la madre di tutte le istituzioni finanziarie?Molto piu’ semplice,invece,e’ prendersela con le societa’ di revisione,sono loro che hanno certificato per buoni e veritieri i bilanci,gli utili ecc,e gli azionisti su questi dati hanno acquistato,mantenuto le azioni ed hanno sottoscritto gli a.c.Non e’ possibile che in questo paese nessuno paghi per le sue colpe( dirigenti,cda,societa’ di revisione,e perche’ no la mitica banca d’italia)Ha ragione Sargenti,e’ inutile aspettare passivamente,anche il muro di Berlino e’ andato giu’ partendo da una picconata,non bisogna avere timore,occorre avere il coraggio di far valere i propri sacrosanti diritti