«Nel corso della riunione di oggi dell’Organo di Indirizzo della Fondazione Cassa di risparmio della provincia di Macerata – si legge in una nota – che si è svolta nella sede di Palazzo Romani – Adami, è stato nominato il nuovo componente del Consiglio di Amministrazione che prende il posto del dottor Guido Volpini, scomparso l’estate scorsa. Si tratta di don Gianluca Merlini, che è stato eletto con ampio consenso, su proposta dei membri dell’Organo di indirizzo che sono espressione in ambito locale di enti pubblici, associazioni di categoria e ordini professionali, nonché del mondo del volontariato. Al neoconsigliere vanno i migliori auguri dei componenti dell’Organo di Indirizzo e dei colleghi del Consiglio di Amministrazione, certi del contributo professionale ed umano che apporterà all’attività dell’ente. Con tale nomina viene ricostituito nella sua interezza l’organo amministrativo della Fondazione Carima».
Il Consiglio di Amministrazione è così nuovamente al completo. nel mese di giugno, infatti, dopo la morte dell’onorevole Roberto Massi, l’organo di indirizzo aveva nominato il dottor Ferruccio Nascimbeni, per coprire la sua posizione (leggi l’articolo).
Don Gianluca Merlini,segretario generale della Curia e cerimoniere vescovile, dirige il Centro diocesano per le vocazioni ed è componente del CdA della Fondazione Giustiniani Bandini, di cui è anche vice presidente.
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ci mancava un prete
Di che ti mando io!
chiesa e denaro vanno sempre d accordo, hai visto mai che sia un buon stratega?
Opus Dei o Ordine di Malta?
Un Don nel Cda? Qualcuno comincia forse a pensare che è ora di raccomandarsi ai Santi!!!
Battute a parte Don Gianluca Merlini è una persona capace,preparata e credo possa veramente essere utile a B.Marche. Buon lavoro Don.
Gabri,senza voler sembrare blasfemo,ma in che cosa un prete puo’ essere utile a bmarche?( leggi commento n.4).Non sono bastati agricoltori,anesestesisti insonni e panificatori,adesso proviamo con i sacerdoti,poi a chi ci rivolgiamo al mago silvan?preciso che il mio commento riguarda solo il richiamo a bmarche,non entro nel merito ne’della nomina tanto meno del personaggio che non conosco.
Caro Don Gianluca,
leggo che con questa nomina hai già all’attivo due consigli d’amministrazione.
Ti auguro con ogni sorta di bene che per il terzo il Signore voglia scegliere per te quello più importante: il cuore degli ultimi.
Buon tutto.
Come cambiano i tempi.
Lessi che una volta erano i mercanti, ad essere cacciati dal tempio…
Ora li invitano pure…
Ma è questa la vocazione di un sacerdote? Essere nei consigli di amministrazione? E’ questo un rappresentante della Chiesa dei POVERI? Speriamo che Papa Francesco ci metta le mani e cacci dalla Chiesa i mercanti!
Persona intelligente, preparata e colta. Il bene si può fare in diversi modi e questo ne è uno….
In bocca al lupo Don!
E’ proprio il caso di dire che la Fondazione Carima non sapendo più chi santi pregare si è rivolta ad un esperto in preghiera. Speriamo porti bene!!
Battute a parte, spero tanto che Don Gianluca nello svolgere la sua delicata funzioni non dimentichi le parole di Papa Francesco:
A causa della crisi la gente muore di fame ma ci si occupa di banche. Oggi, se calano gli investimenti delle banche è una tragedia, ma se la gente muore di fame non succede niente
La crisi ha aggravato tutto. Penso alla povertà che affligge tutti i paesi e che si è affacciata anche nel mondo del benessere, alla mancanza di lavoro, ai movimenti migratori di massa, alle nuove schiavitù, all’abbandono e alla solitudine di tante famiglie, di tanti anziani e di tante persone che non hanno casa o lavoro.
Una delle cause di questa situazione [di crisi], a mio parere, sta nel rapporto che abbiamo con il denaro, nell’accettare il suo dominio su di noi e sulle nostre società. Così la crisi finanziaria che stiamo attraversando ci fa dimenticare la sua prima origine, situata in una profonda crisi antropologica. Nella negazione del primato dell’uomo! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,15-34) ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano.
La crisi mondiale che tocca la finanza e l’economia sembra mettere in luce le loro deformità e soprattutto la grave carenza della loro prospettiva antropologica, che riduce l’uomo a una sola delle sue esigenze: il consumo. E peggio ancora, oggi l’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita!
Un sacerdote con un buon curriculum da esorcista sarebbe forse stato più indicato.
Con tutti questi incarichi terreni e materiali , avra’ sicuramente poco tempo per pensare a DIO !!!!!
LE FONDAZIONI NON SAPEVANO:
Sandra Amurri e Giorgio Meletti Massimo Bianconi, direttore generale di Banca Marche dal 2004 al 2012, “figli di” ne ha assunti parecchi. Fabio Capanna è figlio di Agostino, generale dei Carabinieri e poi vicepresidente della Protezione civile regionale; Francesca Luzi è figlia di Vincenzo, procuratore capo di Ancona prima e di Camerino poi; Marco D’Aprile è figlio di Mario Vincenzo D’Aprile, presidente del Tribunale di Ancona; Serena Orrei è figlia di Paolo, ex prefetto di Ancona; Luca Di Matteo è figlio di Antonio, ex direttore della Cassa di Risparmio di Teramo (Tercas) oggi commissariata. Dettagli, nella storia di una banca messa in ginocchio dai crediti facili alle aziende amiche (mentre chiudeva i rubinetti alle piccole imprese). Servono però alla trepidazione con cui le Marche che contano, dal presidente della Regione Gian Mario Spacca al decano degli imprenditori Francesco Merloni, si sono occupate della banca oggi commissariata. RAINER MASERA è stato a suo modo vittima di tanta sollecitudine. Il banchiere di lungo corso è stato chiamato lo scorso aprile a Jesi come salvatore della patria. Il presidente Lauro Costa e il vicepresidente Michele Ambrosini si erano appena dimessi. I grandi azionisti, le fondazioni bancarie di Pesaro, Jesi e Macerata, vedevano che le perdite stavano ormai mangiando il capitale. Già a febbraio il presidente della fondazione di Macerata, Franco Gazzani, il primo a denunciare lo sconquasso, aveva scritto in una email riservata a un consigliere della banca: “Quello che ti posso dire, ma lo dico a te che sei persona intelligente, è che siamo a un passo dal commissariamento”. Le fondazioni di Pesaro e Jesi chiedono a Masera di assumere la presidenza della banca. L’ex numero uno dell’Imi ed ex ministro del Bilancio prende tempo. È a quel punto che Francesco Merloni, 87 anni, ex ministro dei Lavori pubblici, lo porta dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Negli austeri saloni di palazzo Koch, Merloni parla di una cordata di imprenditori pronta a investire subito 200 milioni di euro. Si mormorano i nomi di Adolfo Guzzini, Gennaro Pieralisi, dello stesso Merloni e anche di Diego Della Valle. Masera si lascia convincere, ma ben presto scoprirà che le condizioni della banca sono peggiori di quanto pensava e che gli imprenditori marchigiani, nonostante l’appello accorato di Spacca, non cacciano un euro. A fine agosto, subìta l’onta del commissariamento, Masera si dimette, confidando agli amici tutta l’amarezza di chi si è sentito tradito. Nel frattempo ispettori della Banca d’Italia, ispettori interni mobilitati dal direttore generale Luciano Goffi, che dall’estate 2012 ha preso il posto di Bianconi, e magistrati di Ancona passano al setaccio le carte della banca. È Goffi a mandare i primi due esposti alla Procura della Repubblica di Ancona, il 28 febbraio e l’8 marzo 2013. Quando il direttore tira una linea emerge che i crediti “deteriorati” ammontano a 4,7 miliardi, un quarto dell’erogato totale della banca. Basta scorrere qualche storia esemplare per capire come si è potuti arrivare a tale scempio. CIRO DI PIETRO, costruttore napoletano, viene arrestato a Perugia il 9 novembre 2012 assieme ad altre persone, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata principalmente alla truffa ai danni di Banca Marche. Di Pietro avrebbe ottenuto crediti per 19,8 milioni di euro con l’aiuto di perizie addomesticate sugli immobili. Con lui viene arrestato il direttore della filiale di Perugia di Banca Marche, Carlo Mugnoz. Quattro giorni dopo Goffi cancella dall’albo interno dei periti estimatori l’in – gegnere anconetano Giuseppe Lucarini, a cui è addebitata una perizia di favore su immobili della Cellulis, società di Di Pietro. Ma arrivano due colpi di scena. Mugnoz viene quasi subito rimesso in libertà dopo aver convinto il gip di Perugia della sua tesi difensiva: Di Pietro parlava direttamente con il direttore generale Bianconi. Intanto Lucarini scrive una accorata lettera a Goffi, in cui fa capire che i periti subivano pressioni dal vertice della Banca per aggiustare le valutazioni. Scrive Lucarini: “L’imprenditore di Cellulis è un bandito? E mica l’ho scelto io; Banca Marche sapeva già che era stato inserito nelle indagini per riciclaggio già prima di fare le indagini in questione”. CANIO MAZZARO, imprenditore potentino di 54 anni, ha chiesto il primo finanziamento a Banca Marche il 26 agosto 2004: 2 milioni di euro per la Pierrel Farmaceutici, che allora controllava. La linea di credito è stata deliberata nel giro di 24 ore dal direttore generale Bianconi. Oggi il gruppo Mazzaro è esposto con l’istituto di Jesi per 19,4 milioni, di cui 18,8 già in sofferenza. Scrivono gli ispettori interni: “La motivazione delle richieste dell’appog – gio di Banca Marche è stata quasi esclusivamente di natura finanziaria (aumenti di capitale e/o acquisizione di quote di maggioranza) ma in effetti le linee di credito sono state utilizzate per sopperire alla mancanza di liquidità delle società del gruppo”. Mazzaro, di fatto uscito dalla Pierrel, oggi controlla Bioera, società quotata nata dalle ceneri del gruppo Burani. Lui è amministratore delegato, la sua ex compagna e madre di suo figlio, Daniela Garnero Santanchè, è presidente. Ma fino all’anno scorso, Mazzaro era presidente e amministratore delegato era Luca Bianconi, figlio di Massimo. Scrivono gli ispettori della banca con qualche ironia: “Per quanto emerso dall’analisi delle singole proposte di fido e dalla documentazione acquisita, è plausibile che l’ex direttore generale Massimo Bianconi e l’ing. Canio Mazzaro si conoscessero”. Gli ispettori si sono occupati anche dell’immobiliare Bologna Uno, che fa capo all’imprenditore Stefano Mattioli. L’esposizione di 25 milioni circa presenta alcune criticità, tra le quali colpisce il fatto che azionista della società, con il 10 per cento, è l’Immobiliare Uffreducci, “riconducibile all’ingegner Fabio Tombari”. Tombari altri non è che il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, azionista di Banca Marche. PIETRO LANARI è uno dei maggiori costruttori marchigiani. La sua esposizione con Banca Marche è di 236 milioni e, secondo gli ispettori Bankitalia, è uno dei clienti messi peggio, insieme ai gruppi Casale, Ciccolella, Minardi- Polo Holding e Foresi, in quanto “i tentativi di ristrutturazione non hanno dato esiti positivi”. Ma il costruttore non ci sta. Sostiene di aver ottenuto il finanziamento per importanti operazioni immobiliari nella regione, in particolare nelle aree turistiche di Numana, Senigallia e Potenza Picena, ma che “poco dopo l’inizio dei lavori la dirigenza di Banca delle Marche è stata sostituita e la nuova ha ritenuto di revocare ogni linea di credito ritenendo che i valori degli immobili fossero prossimi allo zero”. Lanari va oltre e avverte: “Non intendo essere mescolato con sporchi giochi di potere, vicende e vendette personali”. VITTORIO CASALE, indebitato oggi per circa 60 milioni con Banca Marche, racconta di aver conosciuto Bianconi attraverso il comune amico Leonardo Ceoldo. Un giorno, racconta l’immo – biliarista, Bianconi lo invita nella sede di Banca Marche a Jesi, dove viene ricevuto dal presidente del collegio sindacale, Piero Valentini, e dal vicedirettore generale, Stefano Vallesi, che gli chiedono di salvare l’imprenditore calzaturiero marchigiano Giovanni Marocchi (esposto con la banca per 26 milioni) rilevando le sue quote nel resort Capo Caccia di Alghero. Bianconi chiede a Casale anche di nominare nel collegio sindacale una delle sue società Ludovico Valentini, figlio di Piero, il presidente del collegio sindacale di Banca Marche che gli aveva chiesto il “favore”. Poco dopo, nel 2011, Casale viene arrestato per la bancarotta della sua società Operae, e mentre è agli arresti fallisce anche Marocchi, cosicché l’espo – sizione dell’immobiliarista sale dai 20 milioni iniziali a 40, dopo aver assorbito quella di Marocchi. Appena uscito dal carcere viene nuovamente arrestato per la vicenda dell’albergo Capo Caccia, con l’accusa di essere il regista della bancarotta di Marocchi. “Bianconi, Valentini e Vallesi mi hanno fatto un bel pacco. Nessuno di loro si è più fatto sentire”, protesta oggi Casale, che si di ce pronto a dimostrare le sue accuse in tribunale, mentre l’esposizione di Banca Marche è lievitata a 60 milioni. Possibile che Bianconi abbia fatto tutto da solo? La storia di questo brillante banchiere che arriva a Jesi nel 2004 per dare slancio a una piccola banca regionale, è intessuta di amicizie importanti, in un ambiente politico-affaristico ad alto coefficiente massonico. Casale racconta di avergli chiesto chi lo avesse sponsorizzato, e di aver ottenuto in risposta un significativo elenco di grossi nomi del potere finanziario regionale e nazionale. Certo è che, mentre dà impulso agli affari della Banca Marche, Bianconi non trascura quelli di famiglia. Nel 2006 sua moglie, Anna Rita Mattia, sale agli onori della cronaca per l’acquisto in leasing di un immobile a Treviso che il giorno didopo viene affittato per 12 anni a Banca Popolare di Bari. Passa un anno e l’Espress o rivela la commistione di interessi con Danilo Coppola e Stefano Ricucci, quest’ultimo finanziato abbondantemente da Bianconi quando era in Bna, poi in Banca Agricola Mantovana e in Cariverona. Le oligarchie locali plaudono alla sua intraprendenza e non battono ciglio di fronte a stipendi d’oro e benefit da nababbo: accresce la clientela tra i costruttori, proprio mentre esplode la bolla immobiliare, promuove due aumenti di capitale, vende gli immobili della banca al Fondo Conero prendendoli in affitto con canoni pari al 7,5 per cento del valore. Nel giro di quattro anni affluiscono nel patrimonio della banca circa 600 milioni di euro. Ma i crediti in sofferenza stanno crescendo molto più rapidamente. BIANCONI fa una fine degna della sua forza passata. Per accompagnarlo alla porta la Banca d’Italia ha dovuto attendere la più classica delle bucce di banana. Durante un’ispezione alla Tercas gli uomini di Visco scoprono che il 7 maggio 2009 Bianconi manda un funzionario a cambiare un assegno circolare di Banca Marche da 160 mila euro con 32 assegni di 5 mila euro cadauno, poi versati sul conto personale del direttore generale. Questo tentativo di sfuggire alla tracciabilità viene giudicato da Bankitalia non coerente “con la deontologia professionale che deve connotare l’operato dell’alta dirigenza di una banca”. Così il 12 giugno 2012 il capo della vigilanza Luigi Signorini chiede a Banca Marche il siluramento di Bianconi. Il presidente Lauro Costa risponde che Bianconi faceva sempre così, perché amava una certa qual “riservatezza relativamente a una parte degli emolumenti percepiti”. Dopo Bianconi (coperto d’oro) anche Costa è stato accompagnato all’uscita. Adesso tocca alla magistratura capire com’è che ci sono voluti tanti anni per accorgersi dello scempio.
Dicasi prete (o sacerdote): ministro del culto che ha ricevuto, in una specifica ordinazione, il mandato di presiedere il culto, guidare la comunità cristiana e annunciare la parola di Dio…si il DIO DENARO!!!
Quoto in pieno La Vedova Allegra…speriamo che Papa Francesco si accorga di questa costa, prepari un pacco con dentro il suddetto don e il suo illustre superiore (Claudio Giuliodori) e li spedisca a fare del bene dove ce n’è veramente bisogno!!!
Non farebbe meglio ad occuparsi di “amministrare” la salvezza delle anime ?
E’ solo quel Don davanti che stona , ma non da adesso
per il resto dicono che…il Don viene anteposto anche
a qualche nome Siciliano ..
“…contributo professionale ed UMANO…” bocca mia taci!!!
Mah, a prescindere dai vari commenti,peraltro di tenore estremamente differente,dicono che già un sacerdote(un certo Don Moroni ) abbia ricoperto, nell’allora Cassa di Macerata (prima della privatizzazione ), l’incarico di consigliere d’amministrazione di quell’istituto. Allora si trattava proprio di una banca,ora della fondazione che insieme ad altri la controlla(peraltro forse per poco tempo ancora). Pur non esprimendo giudizi al riguardo( non conosco la persona,né tantomeno il suo contesto di riferimento),personalmente,peraltro, preferisco pensare più a un sacerdozio che effonde, soprattutto in via prioritaria e fattivamente,le sue energie per la cura delle anime(e non verso posizioni di visibilità), secondo i canoni attualmente perseguiti anche da Papa Francesco;ossia quelli professati,a suo tempo, dal “poverello d’Assisi”.
Sarebbe stato meglio un Gesuita alla Papa Francesco, che tra l’altro ( a parte il fatto di essere o no credente nel discendente della casa di Davide) vedrei bene al Governo per un pò di tempo di questo ns. povero Paese.
E allora sì che ne vedremmo delle belle ! Non fatevi ingannare dalle apparenze, da cinquecento anni deve ancora nascere un Gesuita buono. Intelligenti, colti, scaltri e preparatissimi sì, ma buoni no !
Dopotutto sono addestrati ad essere soldati. Del Christòs o Masiah (l’Unto), ma pur sempre soldati !