di Marco Ricci
Sono due gli esposti che la direzione generale di Banca delle Marche ha presentato alla Procura della Repubblica di Ancona a seguito dell’ indagine legale affidata allo studio Bonelli Erede Pappalardo e agli accertamenti dell’audit interna richiesti dal direttore generale Luciano Goffi. All’attenzione dei magistrati, secondo quanto è scritto in una deliberazione del Cda tenutosi il 27 giugno, sono state inviate alcune operazioni emerse durante il controllo delle prime cinquanta posizioni a rischio in Banca delle Marche e dall’indagine interna effettuata in Medioleasing, la società interamente controllata da Bdm che sembra essere sempre più un vero e proprio pozzo senza fondo dove ancora oggi si anniderebbero le esposizioni peggiori del gruppo.
Il primo esposto inviato alla Procura di Ancona il 28 febbraio ha riguardato proprio le operazioni di leasing nei confronti di dieci società. Per non interferire con il lavoro della magistratura abbiamo deciso di non pubblicare i nomi delle società a meno che esse non siano già apparse in qualche modo sulla stampa nazionale o non siano già state materia d’indagine.
Un secondo successivo esposto, datato 8 marzo, presentato dalla direzione di Banca delle Marche ha posto sotto esame della magistratura cinque posizioni di credito aperte dalla banca e riguardanti tra gli altri i gruppi Casale/De Gennaro e il gruppo pugliese Ciccolella a cui si è aggiunto, con un’integrazione al precedente esposto del 6 di maggio, il gruppo facente capo a Giovanni Mazzaro Canio. Secondo quanto riportato dal direttore Goffi alla riunione del Consiglio di Amministrazione del 27 giugno, sono in corso di valutazione altre sette posizioni corrispondenti a cinque operazioni di leasing e di ulteriori due operazioni su linee di credito.
Oltre a rivolgersi alla magistratura per valutare i possibili aspetti penali delle operazioni che potrebbero aver danneggiato la Banca, l’istituto di credito ha proceduto alla verifica della conformità alle norme antiriciclaggio e agli aspetti riferibili alla costruzione negoziale dei contratti di leasing. Le operazioni segnalate all’antiriciclaggio coprono un arco temporale che va dal 2007 al 2011. Il Direttore Goffi, secondo il verbale, ha fatto presente al CdA che, subito dopo un precedente accertamento ispettivo del 2010 che evidenziò “la presenza di criticità di impianto e di funzionamento”, la banca ha già attivato un processo di implementazione e rafforzamento del presidio antiriciclaggio. Allo stato attuale gli “è stato attribuito un giudizio di adeguatezza”.
Si comprendo ora i silenzi della direzione generale di Banca delle Marche in merito alle azioni di responsabilità e al parere affidato allo studio legale, parere più volte sollecitato perché venisse reso pubblico ma di cui probabilmente si preferiva tenere celato il contenuto. Un parere su cui – assieme agli audit interni sollecitati sempre dal direttore Goffi per verificare la correttezza delle operazioni passate riferibili ad erogazioni o a leasing concessi ai principali gruppi a rischio – Banca delle Marche stava già silenziosamente lavorando da tempo.
Tra le società e i gruppi con cui sono state fatte operazioni oggi all’esame della magistratura ce ne sono alcune già salite in qualche modo agli onori della cronaca. Ad esempio il gruppo pugliese Ciccolella finito in un’inchiesta per truffa sui finanziamenti europei. O l’esposizione con il gruppo Lanari oggi all’attenzione di un’indagine fiscale. O ancora le erogazioni concesse al gruppo Casale/De Gennaro. In questo caso l’Espresso ha parlato di “operazioni immobiliari fatte dall’ex Direttore Generale Massimo Bianconi con sua moglie Anna Rita Mattia: l’acquisto di una palazzina ai Parioli dall’immobiliarista Casale per 7 milioni di euro”. Vittorio Casale, lo ricordiamo, venne arrestato su ordine della Procura di Milano per mancato versamento delle imposte, operazioni immobiliari che avrebbero gravato sulle casse di quattro aziende fallite, ingiusti profitti a danni dei creditori e sottrazione di documentazione aziendale, come libri e scritture contabili. Accuse formulate dai sostituti della procura della Repubblica di Milano Luigi Orsi e Gaetano Ruta nei confronti dell’immobiliarista bolognese.
E troviamo nella lista anche il gruppo Cellulis che nel 2009 venne ceduto al gruppo facente capo a un imprenditore napoletano, arrestato a fine 2012 dalla sezione criminalità organizzata della mobile di Perugia. Un’indagine condotta dalla Procura del capoluogo umbro in cui otto indagati, tra cui lo stesso imprenditore, finiscono in manette per truffa, appropriazione indebita, associazione per delinquere e false fatturazioni. E la Cellulis è una delle quattordici ditte del gruppo Di Pietro finite prima nell’inchiesta “catch me” di Perugia e di cui oggi sono al vaglio anche della magistratura di Ancona i rapporti con Banca delle Marche. Un’inchiesta, quella perugina, che portò all’arresto nel 2012 del direttore della filiale locale di Bdm, Carlo Mugnoz per complicità nell’emissione del credito. La settimana successiva furono revocati i domiciliari a Mugnoz in seguito all’interrogatorio in cui dichiarò che Di Pietro si rapportava direttamente con la Direzione Generale e che la verifica dei bilanci delle aziende dell’imprenditore spettava agli uffici centrali della banca.
Particolare interesse destano poi le operazioni creditizie effettuate nell’arco di otto anni a favore del gruppo Mazzaro Giovanni Canio che potrebbero costare all’istituto marchigiano ben 18,8 milioni di euro già a sofferenza sui quasi venti milioni concessi al gruppo, con accantonamenti di dubbio esito per 13,3 milioni.
La verifica mirata numero 25 promossa da Luciano Goffi e completata il 21 marzo del 2013, segnala per completezza che tra gli amministratori delle società del gruppo compaiono i nomi di Daniela Santanchè, ex moglie di Mazzaro Canio, Paolo Cirino Pomicino e Luca Bianconi, figlio dell’ex direttore generale di BdM. Secondo quanto riporta l’audit interna, Luca Bianconi ebbe “incarichi di consigliere o Presidente del Consiglio di Amministrazione in società collegate al gruppo. Ki group, Bionature Service srl, Organic Oils spa, Bioera Spa.” Di quest’ultima società, da quanto si evince dai verbali della stessa Bioera, Luca Bianconi fu prima Consigliere e poi Presidente del Cda, carica che tenne fino a metà 2012 quando si dimise per “ragioni personali.” Poco prima che suo padre Massimo venisse allontanato dalla direzione di Banca delle Marche. Nel frattempo però, Banca delle Marche aveva continuato ad intrattenere relazioni con il gruppo. Anche se, nel comitato esecutivo deliberante le operazioni, non compariva più il nome di Massimo Bianconi.
Bensì quasi sempre quelli di Leonardo Cavicchia e Michele Ambrosini, allora rispettivamente vice direttore e vice Presidente di Banca delle Marche. Una sfilza di criticità e di irregolarità, quelle rilevate nell’audit, lunga più di mezza pagina e in cui si rileva come l’esposizione del Gruppo Mazzaro Canio fosse molto concentrata proprio su Banca della Marche. Un gruppo che, fino al 2004, non era mai stato cliente dell’istituto marchigiano ma che negli anni ha sempre trovato le porte spalancate per un vorticoso giro di tempi di delibera molto ristretti, proposte di pegno su fondi di investimento alle Cayman, delibere non coerenti, pegni su azioni del gruppo, delibere senza giustificate motivazioni a supporto di linee di credito in precedenza respinte e via dicendo. Questo nonostante, come recita l’audit, “sin dal 2004 sono stati evidenziati nelle singole pratiche di fido i risultati economici pesantemente negativi dei bilanci delle società e dei consolidati e le delibere delle linee di credito sono state assunte in virtù di periodi positivi mai confermatisi tali in chiusura di esercizio. […] Per quanto emerso dalle singole proposte di fido e dalla documentazione acquisita – termina l’audit – è plausibile ritenere che l’ex direttore Generale Massimo Bianconi e l’ing. Giovanni Mazzaro Canio si conoscessero. Comunque – continua l’audit – tutte le funzioni preposte al controllo del credito hanno partecipato alla valutazione delle singole proposte esprimendo sempre il loro parere favorevole”.
Uno spaccato inquietante quello che emerge da queste prime segnalazioni che Banca delle Marche ha inviato alla Procura della Repubblica di Ancona. Uno spaccato che conferma come i guai del localismo siano solo una parte probabilmente cospicua della storia ma non l’unica. Dall’esame di una singola indagine interna e dai nomi e dalle storie di alcune delle altre società le cui linee di credito sono interessate dalle indagini, emergono modi di procedere e rapporti poco chiari. E ora non ci è neppure difficile credere che Banca delle Marche possa essere stata davvero “lo scrigno della cricca”, come recitano altri verbali di altre procure. L’accertamento della verità e delle responsabilità, che difficilmente possono essere imputate solo all’ex direttore generale Massimo Bianconi, non possono a questo punto essere unicamente il tentativo di riparare alle perdite patrimoniali. Ma un vero e proprio dovere morale nei confronti dei dipendenti, degli azionisti e dell’intera collettività marchigiana.
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