BdM, la spaccatura tra le Fondazioni
Gazzani: “Divergenze troppo profonde”

L'azione di responsabilità è stata bocciata dall'assemblea ma la Fondazione Carima potrebbe andare avanti. "Abbiamo un preciso dovere di chiarezza e di verità verso la collettività maceratese"

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Franco Gazzani, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata

Franco Gazzani, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata

di Matteo Zallocco

Le Fondazioni e il loro ruolo: è questo uno dei nodi cruciali nelle intricate vicende di Banca Marche. Mentre il governatore Gian Mario Spacca e i sindacati hanno invitato le Fondazioni a far fronte comune e ritrovare l’unità, la spaccatura tra Fondazione Carima, Caripesaro e Carisj è sempre più profonda. Una divisione che è iniziata probabilmente già in tempi non sospetti quando si scelse l’autonomia di Banca Marche, sottolineata ancora una volta dal presidente Franco Gazzani in un lungo intervento nel corso dell’assemblea di martedì (leggi l’articolo) in cui ha sostenuto la necessità di accertare le responsabilità per l’attuale situazione dell’istituto. L’azione di responsabilità, però è stata bocciata dall’assemblea dei soci, ma pur non approvata, ha scatenato una tempesta culminata nelle dimissioni del presidente Lauro Costa e del vice presidente Michele Ambrosini. La Fondazione di Macerata ora sta valutando se portare avanti l’azione di responsabilità, cosa che potrà fare detenendo almeno un quinto del capitale della banca.

«La Fondazione Carima – ha detto Gazzani durante l’assemblea –  ha sempre creduto fermamente nel progetto Banca Marche, nato con l’intento di creare un unico grande istituto bancario regionale, solido, affidabile ed in grado di competere, in piena autonomia ed indipendenza, anche con aziende concorrenti di livello nazionale. La volontà della Fondazione di operare per cercare di preservare l’autonomia della Banca è stata più volte confermata in vari momenti determinanti. Innanzitutto nel 2007, anno della scelta fra l’opzione “stand-alone” e quella dell’aggregazione con altri soggetti, in secondo luogo in occasione di importanti operazioni ,quali il riacquisto di azioni da Aviva nel 2010 e gli aumenti di capitale del 2007 e del 2012. Complessivamente, dal 2007 ad oggi la Fondazione Carima ha investito in Banca Marche più di 90 milioni di euro: un impegno notevole, sostenuto nell’assoluta convinzione che fosse indispensabile per consentire alla Banca di poter affrontare il contesto competitivo in modo adeguato e con la dovuta tranquillità. A fronte di una piena convergenza sulle operazioni sopra ricordate, rispetto alla altre Fondazioni azioniste l’Ente maceratese ha invece avuto visioni differenti in relazione ad alcune rilevanti questioni, in particolare la dismissione del patrimonio immobiliare, la politica dei dividendi giudicata troppo generosa rispetto alle reali possibilità della Banca e il ruolo del precedente Direttore Generale, Massimo Bianconi, con riferimento soprattutto alla proroga del suo rapporto di lavoro.

L'assemblea di martedì (clicca sull'immagine per guardare il video)

L’assemblea di martedì (clicca sull’immagine per guardare il video)

Le divergenze – ha continuato Gazzani nel suo discorso sono divenute ancora più profonde sul finire del 2011, quando è cominciata a maturare una diversa percezione circa lo stato di salute di Banca Marche. Le perplessità della Fondazione Carima sulle politiche aziendali e sulle scelte strategiche hanno trovato un’eloquente conferma nell’ormai nota comunicazione della Banca d’Italia del 9 gennaio 2012.
Tale documento evidenziava gravi inadeguatezze e forti criticità nella governance e nel sistema dei controlli interni di Banca Marche, la cui origine veniva individuata chiaramente in un’eccessiva discrezionalità ed autoreferenzialità della struttura direzionale, cui si contrapponeva un ruolo scarsamente incisivo del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale. La Vigilanza sollecitava inoltre un forte e rapido segnale di cambiamento, sia con l’ingresso nel Consiglio di Amministrazione di esponenti dotati di elevata professionalità, sia con un deciso rinnovamento nei livelli apicali della gerarchia tecnico-direzionale.

Per la Fondazione Carima, tale comunicazione della Banca d’Italia ha segnato un punto di svolta e di definitiva discontinuità con il passato. Ed è proprio nella valutazione della portata del documento, e delle conseguenti azioni da intraprendere, che si sono determinate ulteriori differenti chiavi di lettura rispetto altre componenti rappresentative della compagine sociale. Le diverse volontà di intervento sono risultate evidenti nell’aprile del 2012, quando la Fondazione maceratese, recependo prontamente quanto richiesto dalla Vigilanza, ha indicato come propri rappresentanti nel nuovo Consiglio della Banca due autorevoli figure tecniche quali il Prof. Francesco Cesarini e il Dott. Giuseppe Grassano, note per competenza e professionalità in ambito accademico e bancario.
Proprio la competenza tecnica e la scrupolosità dei due nuovi consiglieri ha subito portato alla luce tangibili conferme di quanto censurato dalla Banca d’Italia sia nella predetta lettera del gennaio 2012, sia in una successiva nota del giugno 2012 che, tra le altre cose, conteneva pesanti addebiti nei confronti del Direttore Generale Bianconi sotto il profilo della deontologia professionale, accompagnate da un deciso invito, rivolto agli organi sociali della Banca, a provvedere in tempi brevi al suo avvicendamento.

Nuove e drammatiche criticità nei conti della Banca sono venute alla luce con l’entrata in carica del nuovo Direttore Generale Luciano Goffi, avvenuta a metà settembre 2012 e seguita poi da un’approfondita ispezione della Banca d’Italia. La maggiore trasparenza, unita ad una rigorosa verifica delle condizioni economico-finanziarie e dei rischi derivanti dalle precedenti politiche degli impieghi, tutte condizioni peraltro specificamente imposte dalla stessa Banca d’Italia, hanno portato in evidenza una situazione di una gravità ben al di là di ogni più pessimistica aspettativa e profondamente diversa da quella, assai positiva, che solo fino a poche settimane prima veniva rappresentata dal precedente management.

La cronaca recente è ormai nota a tutti. Ben 518 milioni di perdita per la sola Banca Marche e 526 milioni a livello consolidato, con rettifiche di valore su crediti deteriorati per il colossale importo di 800/900 milioni di euro. Cifre enormi, senza dubbio, ma che purtroppo non sono ancora esaustive. Sembra infatti che i primi mesi del 2013 stiano evidenziando la necessità di ulteriori rettifiche, con un conseguente inevitabile aggravamento della situazione reddituale e patrimoniale. Si tratta, senza tante perifrasi, di dati assolutamente tragici, di fronte ai quali la Fondazione Carima esprime da un lato stupore e, dall’altro, sconcerto e profonda amarezza. Sentimenti che non possono non accomunare tutti coloro – azionisti, risparmiatori, dipendenti, clienti – che, nel corso degli anni, hanno creduto in Banca Marche e si sono impegnati per cercare di renderla più competitiva.
Inoltre, non si può che restare ancora più sconcertati se si riflette sul fatto che, dal 2007 ad oggi, la Banca ha inghiottito e bruciato oltre un miliardo di euro di patrimonio. Alla perdita di 526 milioni di euro del 2012, vanno infatti aggiunti i quasi 600 milioni incamerati tra aumenti di capitale e dismissioni immobiliari. Ma il conto non è ancora chiuso, poiché la Banca d’Italia esige un ulteriore ed ingente aumento di capitale, di ben 250 milioni di euro.
La Fondazione Carima sente di non poter restare inerte senza porsi delle domande. Non può farlo innanzitutto in qualità di azionista, che deve tutelarsi in quanto vede gravemente depauperato il proprio patrimonio, e infatti è già stata costretta a svalutare di ben 32 milioni di euro la sua partecipazione in Banca Marche. Non può farlo, in secondo luogo, in quanto ente di pubblica utilità che per gli anni a venire, in conseguenza della situazione in cui attualmente versa Banca Marche, vedrà pesantemente ridimensionata la possibilità di adempiere al proprio compito istituzionale di sostegno al territorio, in settori di vitale importanza quali, per citarne alcuni, la sanità, l’assistenza ai soggetti deboli e svantaggiati, l’istruzione. E questo proprio in una fase di drammatico aumento delle emergenze socio-assistenziali.

La Fondazione Carima avverte quindi un preciso dovere di chiarezza e di verità verso il proprio territorio, nella consapevolezza che la collettività maceratese debba subire un danno addirittura quadruplo:
1) impoverimento diretto e diminuzione della ricchezza dei risparmiatori/azionisti;
2) minori erogazioni da parte della Fondazione;
3) minore sostegno della Banca a famiglie ed imprese;
4) perdita da parte del territorio, pressoché certa, della leadership in relazione al governo della Banca, dovuta alla diluizione della partecipazione azionaria della Fondazione Carima, in conseguenza del nuovo aumento di capitale tassativamente richiesto dall’Autorità di Vigilanza.

La Fondazione Carima conferma che continuerà a dare il proprio sostegno affinché Banca Marche possa risollevarsi e superare questo momento di enorme difficoltà. Ma precisa che tale sostegno potrà essere pieno ed incondizionato solo se verrà intrapreso un percorso teso alla ricerca delle cause e delle responsabilità dell’attuale situazione.
A tal fine la Fondazione ritiene essenziale ed irrinunciabile l’azione di responsabilità, ravvisando nella stessa uno strumento per far luce su quanto avvenuto, senza alcun intento pregiudizialmente punitivo o persecutorio.
Appurare “perché” e soprattutto “chi” ha generato i problemi che ci si trova a dover affrontare costituisce, secondo noi, la condizione basilare per poter eliminare fino in fondo le “incrostazioni” ed i residui della vecchia gestione, per capire se vi siano ulteriori criticità non ancora emerse e, soprattutto, per ricostruire quelle condizioni di fiducia verso la Banca – da parte dei risparmiatori, degli azionisti e dei clienti – che sono indispensabili per poter avviare un serio e virtuoso percorso di risanamento e di rilancio, secondo le linee del nuovo piano industriale recentemente approvato.

Degno di rilievo è infine la circostanza che la Fondazione Carima, pur potendo promuovere un’autonoma azione di responsabilità detenendo oltre un quinto del capitale sociale, abbia comunque preferito dare al Consiglio di Amministrazione di Banca Marche la libertà di decidere, e a tutti gli azionisti l’opportunità di discutere su una questione di così grande rilevanza».

Gazzani ha concluso il suo intervento dicendo che la Fondazione si riserverà di valutare i risultati dell’ispezione della Banca d’Italia e valutare le ricadute che dovrebbero derivare dalle indagini che la magistratura intraprenderà a seguito degli esposti inviati, a quanto risulta, dalla stessa direzione di Banca delle Marche.

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