Operazione della Gdf di Rimini
Implicata anche Banca Marche

Per BM ipotizzato il reato di bancarotta preferenziale assieme ad altri tre istituti di credito, di cui uno di San Marino. Il Gip ha disposto il sequestro dei finanziamenti concessi ad un srl di Coriano.

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guardia-di-finanzadi Marco Ricci

Anche Banca Marche è rimasta coinvolta dalle indagini relative all’operazione “Controsenso” condotte dalla Guardia di Finanza di Rimini e che ha portato alla denuncia di 13 persone per bancarotta fraudolenta oltre ad un sequestro di 17 milioni di euro per equivalente. Secondo gli inquirenti Banca Marche, assieme ad altri due istituti italiani (Unicredit e Carim) e ad uno sanmarinese (Bac), avrebbe distratto grosse somme di denaro sotto forma di finanziamenti ipotecari dal fallimento della Make srl, che commercializzava il marchio Titan Bagno, colosso sammarinese finito in liquidazione e che aveva maturato una forte esposizione con le banche del Titano.

Sono stati denunciati per bancarotta fraudolenta l’amministratore di diritto e quello di fatto della srl che nel 2009 aveva trasferito l’attività da San Marino a Coriano – con un percorso inverso rispetto a quello di tante altre aziende e da cui ha preso nome l’operazione delle Fiamme Gialle – per ottenere, secondo l’accusa, un finanziamento necesserio ad acquistare e trasferire in Italia i beni di due società sammarinesi insolventi, riconducibili ai due indagati. Con decreto d’urgenza richiesto dal Pm Gengarelli e tramite rogatoria internazionale a San Marino, sono stati sottoposte a misura cautelare 10,5 milioni di euro e 16 automezzi. Per gli indagati anche le accuse di ricorso abusivo al credito e di bancarotta preferenziale visto che avrebbero fatto ricorso a pagamenti preferenziali attraverso la cessione di crediti societari verso fornitori e agenti, arrivando anche ad alienare un immobile a Moena per saldare un debito ad un fornitore.

Nel prosieguo delle indagini sarebbe emerso anche il coinvolgimento degli istituti di credito bancari, tra cui anche l’istituto marchigiano, che – vantando un elevato credito nei confronti delle società coinvolte – avevano accordato nel 2011 finanziamenti per 6,7 milioni all’azienda di Coriano, garantendosi con ipoteche. Finanziamenti che sarebbero stati usati dall’azienda per acquisire i beni delle società sammarinesi sottraendoli al fallimento sul Titano. Le banche così si sarebbero garantite, con un simulato privilegio, il rientro dei mutui concorrendo però nel reato di bancarotta preferenziale. Al termine delle indagini il Gip Ardigò ha dunque disposto anche il sequestro, a carico delle banche, dell’ammontare del finanziamento concesso all’azienda fallita. Tra gli indagati anche un dipendente di una filiale di Banca Marche. Secondo quanto ha dichiarato alla stampa sanmarinese il direttore e amministratore delegato della Bac, la banca della Repubblica del Titano coinvolta nell’inchiesta, gli istituti non sarebbero rientrati di niente dall’operazione.  “Il piano”, avrebbe dichiarato, “era finalizzato alla tutela del progetto imprenditoriale dell’azienda”.



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