di Marco Ricci
Sciopero. Questo l’esito dell’incontro di oggi di Banca delle Marche con le rappresentanze dei lavoratori che si è tenuto oggi a Fontadamo di Jesi. Quanto ascoltato dal Direttore Goffi – secondo un comunicato siglato da Dircredito, Fiba-Cisl e Fisac-Cgil – “ha confermato in pieno le preoccupazioni già espresse in merito alle linee e agli effetti che il piano industriale presentatoci avrà sul futuro della Banca e dei Lavoratori.” I sindacati hanno sottolineato nuovamente il rischio di perdita di autonomia dell’istituto, ravvisando nel loro comunicato come il piano industriale “non contenga concreti elementi necessari a garantire autonomia ed integrità aziendale; senza questi necessari elementi di rilancio aziendale, il mantenimento di ruolo di banca del territorio scompare.” Nel comunicato non compaiono due sigle, la Uilca e la Fabi. Ed è a queste associazioni che si rivolgono nel comunicato di oggi le altre tre rappresentanze dei lavoratori invitandole ad aderire allo sciopero. Segno di una chiara divisione sindacale in corso che – al contrario di come si ipotizzava nel pomeriggio – non è poi rientrata. Lo sciopero è stato proclamato per l’intera giornata di venerdì 6 settembre.
A loro volta, con un secondo comunicato, Uilca e Fabi spiegano il motivo del dissenso. Pur sottolineando come nel colloqui con Goffi siano emersi “elementi di grande distanza con la Banca in merito ad una possibile vendita di asset non strategici e l’esternalizzazione del nostro Ced”, le due rappresentanze dei lavoratori mettono in luce come Banca delle Marche abbia dichiarato che “non sono stati ancora decisi interventi specifici ma che comunque significativi obiettivi andranno realizzati in termini di contenimento di costi e di recupero delle attività ponderate per il rischio – punto che illustriamo nel proseguio dell’articolo – dicendosi aperta, a parità di risultato, anche a prendere in esame soluzioni diverse rispetto a quelle attualmente ipotizzate“. Una dichiarazione questa che, secondo quanto scritto nel comunicato, si aggiunge alla disponibilità positiva del Direttore Luciano Goffi alla richiesta di Fabi e Uilca di “continuare il confronto previa consegna della documentazione completa del Piano Industriale, consegna che il Direttore generale si è impegnato a fare entro martedì della settimana entrante. Per queste ragioni, termina il comunicato, la proclamazione dello sciopero è a parere dei due sindacati “intempestiva e non motivata né supportata da dati oggettivi.”
LE CRITICHE AL PIANO: Al di là delle divergenze sindacali, sembra che Goffi non abbia dato indicazioni aggiuntive rispetto a quanto comunicato in passato. Cessione della Cassa di Risparmio di Loreto, circa cinquanta sportelli Bdm, esternalizzazione del Ced secondo modalità ancora non definite. Una nebulosità di numeri e tempi che non è particolarmente piaciuta ai sindacati, le cui vere preoccupazioni sono però altre. Nella revisione del piano industriale approvata ieri dal Cda di Banca delle Marche emerge, secondo i sindacati, un aumento dell’efficienza che per i lavoratori non presuppone niente di buono. Si parla infatti, di circa 200 lavoratori che potrebbero subire una ricollocazione sia territoriale che di mansioni, in aggiunta ai prepensionamenti – presumibilmente 300 – per i quali Banca delle Marche attiverà a breve il fondo di solidarietà. E’ in ogni caso lo scenario complessivo che inquieta. In particolare la necessità di ridurre di 1,5 miliardi di euro il valore di rischio delle attività. Cerchiamo di spiegare il concetto. In parole povere i prestiti che la banca ha erogato vengono ponderati con un coefficiente differente a seconda del rischio del prestito stesso. Sommando si ottiene un valore complessivo chiamato appunto “attività di rischio ponderate.” E per Banca delle Marche questo valore – in rapporto al patrimonio – deve diminuire di circa un miliardo e mezzo. Come? La cessione di filiali rientra in questo scenario. Cedendo sportelli – così come cedendo la Carilo – non si fa solo cassa ma si cedono anche gli impieghi con i loro rischi. E’ come se vendessimo cinque mele di un cesto. Il cesto alla fine peserà di meno. E Banca delle Marche deve alleggerirsi di un miliardo e mezzo. Per i sindacati ciò indicherebbe un ridimensionamento industriale complessivo del gruppo Bdm. Non solo di lavoratori e filiali ma soprattutto di attività, con oltretutto una possibile stretta futura sui crediti alle imprese.
L’ESPRESSO TORNA SU BDM: Oggi Banca delle Marche è tornata sulla stampa nazionale. Oltre alle notizie sulla revisione del piano industriale riportate da molti quotidiani, l’Espresso ha dedicato alla banca marchigiana e in particolare all’ex direttore generale Massimo Bianconi. Niente di particolarmente nuovo ma una ricostruzione che intreccia le vicende di Banca delle Marche con quelle di altri gruppi del centro Italia in gravi difficoltà. In primis con la Banca Popolare di Spoleto e con la Tercas di Teramo, entrambe commissariate dal Banca d’Italia. Una crisi “nel cuore dell’Italia e di quelle amministrazione in gran parte feudi della sinistra” in cui il filo che lega gli istituti di credito, secondo l’Espresso, è “quel legame patologico tra il credito e la politica locale che ne ha minato le fondamenta passando da un’invadenza eccessiva all’incpacità di mettere un freno agli appetiti di potere.” Una lettura in parte condivisibile ma anche un poco stereotipata che non coglie perfettamente nel segno, ignorando quelle ramificazioni e quegli intrecci di potere spesso trasversali che non hanno a che fare solo con i partiti. A meno che il termine “politica” non venga allargato e di molto. Citando poi la nota lettera di Banca d’Italia in cui l’istituto di Via Nazionale – in riferimento ad alcune operazioni di Massimo Bianconi – ne denota i “profili di opacità non coerenti con la deontologia professionale che deve connotare l’operato dell’alta dirigenza della banca”, l’Espresso ripercorre alcune vicende note e meno note. “L’acquisto di una palazzina ai Parioli per 7 milioni di euro dall’immobiliarista Casale”, Casale definito “ottimo cliente dell’istituto finito poi in dissesto con il suo gruppo Operae.” Poi i prestiti a Lanari e alla società pugliese dei fiori Ciccolella “finita in un’inchiesta per truffa su finanziamenti europei” e ci domandiamo noi finita chissà come anche tra i clienti di Banca delle Marche. E giù due colonne fino ad arrivare ai rapporti tra Bianconi e Tercas, dovuti al “rapporto di amicizia tra Bianconi e di Matteo”. Insomma uno spaccato di “affari offshore”, giri immobiliari e intrecci tra banchieri con cui il localismo marchigano – e sopratutto gli azionisti e i dipendenti della banca – hanno molto poco a che fare. In merito alla stampa e alla scoperta di Banca delle Marche – seppure l’espresso abbia scritto più volte su Bianconi – ci piace segnalare con un poco di autoironia – un intervento di Alberto Pirani che è apparso nel suo lettissimo e molto informato blog che parla spesso di Banca delle Marche. Post su “Beppe Grillo e la scoperta dell’acqua calda” che potete leggere qui.
IL SINDACO DI JESI ATTACA LA FONDAZIONE: Durante il Consiglio Comunale di ieri il Sindaco di Jesi Bacci è tornato a criticare l’operato della Fondazione jesina in merito alla sottoscrizione per 15 milioni di euro del prestito obbligazionario subordinato emesso da Banca delle Marche. Prestito con cedole del 12,5% oggettivamente ad alto rischio. Raggiunto telefonicamente, il Sindaco Bacci da una parte ha ripetuto quanto “Banca delle Marche sia importante per l’economia marchigiana e quanta attenzione vada prestata ai lavoratori.” Dall’altra parte ha dichiarato come non condivida che la “Fondazione abbia sottoscritto le obbligazioni subordinae. So per certo che Ministero dell’economia e delle Finanze – ha proseguito – ha invitato già in passato le Fondazioni a non esporsi ulteriormente in Banca delle Marche per non compromettere il loro patrimonio. Quelle che sono state effettuate alla fine di giugno sono operazioni che mi lasciano stupito.” Il Sindaco ha sottolineato come la Fondazione di Jesi, la più piccola delle tre azioniste di maggioranza di Bdm, abbia sottoscritto il prestito per una quota maggiore anche di Pesaro. Fondazione Carima, lo ricordiamo, non ha invece partecipato all’operazione. Il Sindaco ha poi ribadito la necessità di “rispetto dello scopo sociale della Fondazione”, non trovando coerenza “tra questo scopo e ciò che la fondazione ha fatto.” Venendo ad Alfio Bassotti, da poco presidente della Fondazione Jesina, Bacci ha dichiarato di non aver nulla di personale contro il Presidente. “Al momento della scelta del Presidente”, ha affermato, “ho sottolineato come ci fosse bisogno di un forte segnale di discontinuità rispetto al passato che non è stato dato. E’ una questione di preoccupazione per il territorio in un momento molto difficile in cui sono necessarie competenze nuove. Certo”, ha concluso il Sindaco, “se si gestiscono le cose così questo rafforza il mio convincimento che ci vogliono competenze specifiche rispetto alle criticità. L’operazione di sottoscrizione dell’obbligazione e un’operazione azzarda.”
LA LETTERA DI TANONI AGLI IMPRENDITORI: Come aveva annunciato nella conferenza stampa di lunedì in Ancona, le lettere del coordinatore della “cordata marchigiana”, l’avvocato Tanoni, sono state inviate agli imprenditori per sottoscrivere un impegno compreso tra 1 e 5 milioni di euro. Nella lettera l’avvocato confermerebbe praticamente le dichiarazioni di lunedì, partendo con l’affermare come Banca delle Marche sia un patrimonio per l’economia regionale e andando a immaginare obiettivi di medio lungo periodo. Nel seguito della lettera viene riproposto un concetto già espresso dall’avvocato. Ovvero che una banca debba fare la banca senza scivolare nel falso mito del territorio. Dunque non una banca “vicina” nel senso deteriore del termine ma che, secondo Tanoni, sappia operare in modo moderno secondo criteri di merito. Dopo aver segnalato alcuni punti di merito di Banca delle Marche , quali l’accrescersi della raccolta per circa un miliardo di euro rispetto al 2012, Tanoni rileva inoltre nella lettera la necessità di governance professionale, non condizionabile dalle Fondazioni o da quei meccanismi probabili concause della crisi attuale. Nella lettera, ovviamente, l’avvocato Tanoni dichiara di non aver e non voler dare suggerimenti in merito alla bontà dell’investimento, sottolineando come la sua missiva non debba, neppure implicitamente, essere interpretata come una sollecitazione all’investimento su Bdm, essendo solo una sintesi di punti che Tanoni è stato invitato a mettere per inscritto. Rimandando dunque ai singoli imprenditori, quando saranno chiare tutte le condizioni al contorno, la valutazione del da farsi. La conferma di Tanoni quindi di dare un “inizio” a un processo collettivo più ampio in cui possano confluire altri soggetti, un processo senza nessuna posizione egemone caratterizzata dalla trasparenza della governance e dalla rottura con le vecchie logiche. Dunque, al termine della lettera, Tanoni esprime un concetto che per concisione non avevamo riportato ma che l’avvocato aveva già espresso pubblicamente in Ancona. Ovvero la necessità di individuare e colpire, a tempo debito, tutte le eventuali responsabilità nei confronti di chi si è reso eventualmente responsabile di condotte contrarie ai propri doveri.
FONDAZIONE CARIMA, MATALONI VICEPRESIDENTE: Il Consiglio di Amministrazione di Fondazione Carima, riunitosi nel pomeriggio di oggi, ha nominato il nuovo Vicepresidente. La carica, rimasta vacante in seguito alla scomparsa dell’onorevole Roberto Massi Gentiloni Silverj, sarà ricoperta da Marcello Mataloni. Nel corso della riunione di questa mattina dell’Organo di Indirizzo di Fondazione Carima, sono stati individuati dai componenti uscenti nove nuovi membri dell’Organo di Indirizzo stesso che è passato, per la recente modifica dello Statuto della Fondazione, da 26 a 18 membri. I nominati, in rappresentanza di amministrazioni o di istituzioni del territorio sono: Carlo Antonio Bartolazzi, Alessandro Bracci Vatielli, Silvio Cingolani, Pierfrancesco Giannangeli, Simone Longhi, Nazzareno Micucci, Paolo Moscioni, Andrea Spaterna e Mario Sperandini. Gli stessi si vanno ad aggiungere ai nove precedentemente eletti dall’Assemblea dei Soci, vale a dire Guglielmo Borgiani, Giancarlo Ceccaroni Cambi Voglia, Giancarlo Cossiri, Claudio Grandinetti, Domenico Guzzini, Alberto Lucentini, Ugo Maresi, Enzo Mengoni e Mauro Tanoni. Il Presidente Franco Gazzani ha ringraziato i componenti giunti a fine mandato per il loro prezioso operato e si è congratulato con i diciotto neoeletti, che rimarranno in carica per i prossimi quattro anni.
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Ho letto l’articolo su Banca Marche uscito oggi su l’Espresso (4 pagine), leggetelo!!!! C’è un passaggio significativo che scopre alcuni retroscena riguardo il rapporto tra la fondazione Carima e le fondazioni di Pesaro e Jesi su Bianconi. Il giornalista scrive “Pesaro e Jesi erano pro Bianconi, Macerata gli faceva la guerra” (!!!!!!!!!)
Credit Suisse, Abm Ambro, Barclays, Bnp Paribas, Unicredit, Banco di Sicilia….
Che si faccia in fretta: chi saranno i novelli propietari????
Una cosa è certa! Se la banca vuole rilanciarsi deve fare una pulizia profonda in casa, altrimenti la strada della cessione a pezzi è segnata. Ma forse è proprio questo che certi lorsignori cercano per diluire il rischio di essere perseguiti?
quanti sono i giornali e giornalini che cercano di fare lo scoop con notizie trite e ritrite???