Dissesto Banca Marche,
indaga anche la Procura di Roma

DOSSIER BM - I pm Maria Francesca Loy e Giuseppe Cascini hanno aperto un fascicolo partendo dalle indagini su Banca Tercas. L'inchiesta sta vagliando possibili reati istituzionali commessi dagli ex vertici dell'istituto marchigiano. Intanto emergono ipotesi di un terzo livello

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La procura di Roma

La procura di Roma

di Marco Ricci

Oltre ai magistrati di Ancona, anche la Procura di Roma ha aperto un fascicolo sul dissesto Banche Marche. Le indagini, guidate dai sostituti Giuseppe Cascini e Maria Francesca Loy, sono partite dall’inchiesta dei giudici capitolini su Banca Tercas che, a novembre dello scorso anno, ha portato gli stessi pm alla richiesta di rinvio a giudizio per sedici persone, tra cui l’ex dg della Cassa di Risparmio di Teramo, Antonio Di Matteo, l’immobiliarista bolognese Vittorio Casale e Gianpiero Samorì, aspirante leader politico del Mir poi candidato alle ultime elezioni europee con Forza Italia. Partendo dalle operazioni con clienti in comune tra i due istituti di credito, la Procura di Roma è poi arrivata ad indagare sui possibili reati istituzionali commessi dagli ex vertici di Banca Marche, dalla veridicità dei bilanci alle comunicazioni alla Consob in relazione all’aumento di capitale del 2012. La due procure, partite da diversi spunti d’indagine, starebbero collaborando per comprendere i fatti che hanno portato al dissesto dell’istituto marchiano.

L’indagine romana, che ha preso l’avvio nell’autunno del 2013, ha infatti seguito di pochi mesi l’apertura del fascicolo di indagine da parte della magistratura anconetana la quale, nei primi mesi dello stesso anno, aveva ricevuto due esposti-denuncia da parte della nuova dirigenza di Banca Marche, con sedici posizioni creditizie che erano state poste all’attenzione della Procura di Ancona, tra cui i finanziamenti erogati ai gruppi Lanari, Mazzaro Canio e Casale. Se nel registro degli indagati della Procura di Ancona sono al momento iscritte almeno trentasette persone – tra cui l’ex dg Massimo Bianconi e gli ex presidenti Lauro Costa, Michele Ambrosini e Tonino Perini, oltre a quattro ex vice direttori della banca, all’intero Cda in carica fino al 2012 e a una decina di imprenditori – non è chiaro al momento se il fascicolo aperto dai pubblici ministeri romani contenga o meno indagati.

Non è più un mistero, inoltre, che per le vicende Banca Marche si stia ormai ragionando sull’esistenza di un possibile terzo livello il quale, in qualche misura, abbia potuto coprire l’emergere dello scandalo se non favorire alcuni comportamenti. Sono al vaglio della procura anche le frequentazioni di alcuni esponenti di spicco dell’istituto di credito marchigiano con uomini delle istituzioni, sia nelle Marche che a Roma, frequentazioni magari lecite ma che lascerebbero aperte alcune domande. Su questo ci sarebbero esposti non anonimi, giunti in procura, che tra l’altro paventano questo scenario. Molti inoltre, negli ambienti vicini alla banca, si domandano come davanti a quella “pluralità indeterminata di reati” ipotizzata oggi dalla Procura di Ancona, nessuno in precedenza si sia mai reso conto di cosa potesse covare sotto la brace o, anche casualmente, non si sia mai imbattuto in quei possibili reati fiscali e societari connessi in qualche modo alle moltissime operazioni di credito anomale ipotizzate dagli inquirenti.

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