di Marco Ricci
“Noi che siamo la prima banca per presenza in Italia – ha affermato oggi il presidente del comitato di gestione di Intesa San Paolo, Gian Maria Gros-Pietro – siamo quelli che pagano la quota più alta di ogni salvataggio. In questi ultimi mesi ci sono dei temi sul tappeto e l’idea è che anche in questo caso i depositanti devono stare tranquilli. Ma non si può pensare che i problemi creati dalle banche mal gestite si riversino sulle banche che si sono comportate bene. E qui è chiaro che si dovrà sviluppare un meccanismo nel quale coloro che prendono l’onere di tutelare i depositanti delle banche mal gestite, abbiano anche il potere di fare ciò che è necessario per contenere al minimo i danni”.
Se ancora ci sono poche certezze sui dettagli del piano di salvataggio di Banca Marche a cui stanno lavorando sia la Banca d’Italia che il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd), le dichiarazioni rilasciate oggi da Gros-Pietro lasciano intravedere alcuni paletti ben precisi che gli istituti, chiamati ad intervenire attraverso il Fondo nei salvataggi Carife, Banca Marche e Banca Etruria, vorrebbero porre. Da una parte la completa tutela dei depositanti, dall’altra la possibilità di coinvolgere nelle operazioni di risanamento le obbligazioni subordinate. Su questo punto il presidente di Intesa-San Paolo – il quale ha escluso l’interesse della sua banca per una futura acquisizione di Banca Marche, Carife o Banca Etruria – è stato piuttosto chiaro. “Al salvataggio bisogna contribuire in primo luogo con il capitale dei soci delle banche mal gestite e poi con dei sacrifici di chi ha concesso credito non gratuito – dice infatti Gros-Pietro – In Italia le crisi bancarie sono state coperte con fondi di altre banche e non con fondi dello Stato, in proporzione alla loro quota nel mercato italiano”.
Data per scontata l’intenzione di traghettare l’istituto marchigiano verso la ripatrimonializzazione, la priorità temporale del Fidt e di Bankitalia è al momento la chiusura del dossier Carife il cui salvataggio è ormai ad uno stato avanzato. Sarà poi la volta di Banca Marche e, solo successivamente, del terzo dossier sul tavolo del Fondo, quello riguardante il dissesto di Banca Etruria. Se ancora non sarebbe stata determinata l’esatta forma con cui il Fidt andrà ad intervenire in BM, appare poco probabile la creazione di una holding per la gestione delle eventuali partecipazioni nei tre istituti in crisi, ipotesi circolata nei giorni scorsi ma definita da alcuni addetti ai lavori come suggestiva ma non concreta. Sebbene il Fondo Interbancario, dato il particolare momento, non voglia rilasciare alcuna dichiarazione anche per via del coinvolgimento delle autorità di Vigilanza nell’operazione, si dà per scontato un ingresso massiccio nel patrimonio della banca, sebbene la forma d’intervento dovrà fare i conti con il decreto del Mef, ancora in via di approvazione, che fissa dopo il recepimento delle direttive europee le diverse modalità di risoluzione delle crisi.
La bozza attuale del decreto esclude l’entrata in vigore del bail-in prima del prossimo anno (il secondo anno di commissariamento di BM scade ad ottobre e per allora andrà individuata la soluzione), ma a differenza della legislazione vigente consente la riduzione del valore delle azioni così come delle obbligazioni subordinate emesse dagli istituti in dissesto, obbligazioni che potrebbero anche essere convertite in azioni. Ferma restando la garanzia per i depositanti, al di là delle parole di Gros-Pietro in pochi si sentono oggi di escludere l’ipotesi che, oltre agli azionisti, nel piano di risoluzione possano venire coinvolti in qualche forma anche le obbligazioni subordinate le cui emissioni valgono per Banca Marche nel complesso circa 400 milioni di euro, milioni suddivisi più o meno equamente tra investitori istituzionali e privati. Un possibile intervento sulle subordinate consentirebbe di diminuire la necessità di capitale fresco da immettere nel patrimonio della banca, capitale stimato in passato in circa un miliardo di euro, ma dall’altro lato non sarebbe certo un bel segnale per il mercato obbligazionario in generale.
L’operazione di salvataggio di Banca Marche sta dunque per entrare nel vivo, anche se per i numeri esatti e per la forma esatta anche dell’eventuale coinvolgimento delle subordinate si dovrà attendere la conclusione della due diligence avviata dal Fondo Interbancaro il mese scorso. Su tutto, ovviamente, l’approvazione definitiva da parte del governo dei nuovi strumenti legislativi che fissano le modalità e le diverse possibilità di intervento. Terminata la fase di consultazione pubblica, già effettuate le integrazioni con le osservazioni pervenute da parte dei tecnici del ministero, il testo del decreto dovrà adesso effettuare un primo passaggio in Consiglio dei Ministri, dunque passerà al vaglio delle commissioni parlamentari per tornare, per l’approvazione definitiva, di nuovo in Cdm. E se la delega del governo scade alla metà di novembre, è chiara a tutti l’urgenza di un via libera il più celere possibile. Per Banca Marche, in ogni caso, non è improbabile che qualche novità possa uscire nella terza settimana di settembre.
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Intesa sanpaolo,che oggi tramite Gross-Pietro ci fa sapere che non vuole banca marche neanche per regalo(e se la prende vuole avere le mani libere per limitare i danni,frase criptica e che non promete nulla di buono) e’ la stessa banca che nel 2007 voleva comprarla a tutti i costi(2,6/3 euro ad azione). I dirigenti di Intesa spingevano sulle fondazioni affinche’ cambiassero idea ( cosi’ raccontava Gazzani strenuo difensore della teoria di non vendere bmarche)ma loro( le fondazioni) hanno tenuto duro e con grande lungimiranza hanno chiuso il portone in faccia a banca Intesa e al Credit Agricole.Non ancora soddisfatte hanno voluto,difeso e strapagato un certo Bianconi( che di banca ne capiva eccome) attorniandolo in consiglio da anestesisti( insonni),agricoltori ed imprenditori bravissimi a gestire le proprie aziende ma rincoglionite ( per usare un eufemismo),ed assolutamte incapaci quando si e’ trattato di gestire una banca( tanto non erano soldi loto) consentendo al bravo banchiere romano di fare carne di porco della nostra banca del territorio.Mi dispiace per il mio amico Giovanni ma questa e’ la verita’ e questa e’ la situazione in cui clienti,azionisti,dipendenti si trovano per colpa di qualche testone.Per non dimenticare
Tranquilli.
Ricoplilazzazione, ricapitalozozzo, ricapitalalitozzione, ricappilitetizzazzione ..Spero che il significato sia più facile della lettura di riccapilittazzazione. Comunque sempre tranquilli e fiduciosi.Male che va si possono togliere le pinne ai pescecani e venderle ai giapponesi che le pagano a peso d’oro.
Per Nardino. Chi è Gross-Pietro?
Quello che mi sembra un pochino strano e che, dopo mesi e mesi di indagine, buchi, dilapidazioni varie e quant’altro è uscito fuori ancora non si vede lo straccio di un avviso di garanzia….
Il tempo passa, non vorrei che poi finisse tutto a tarallucci e vino (prescrizione)….
Aldo Iacobini,Gros-Pietro e’ il presidente del comitato di gestione di Intesa San Paolo.E’ quello che valuta i dossier,le varie proposte di salvataggio imposte da banca d’Italia.E’ chiaro che oggi per Intesa San Paolo l’intervento su banca marche oltre che imposto non e’ assolutamente gradito.Facevo notare che la stessa banca nel 2007 avrebbe fatto carte false e strapagato per avere banca marche.Tutti spingevano per la vendita,comprese quattro societa’ di consulenza interpellate e pagate a caro prezzo(3 milioni di euro di parcelle) ma qualcuno( leggi fondazioni) si e’ opposto ed ora eccoci qua a leccarci le ferite..Gros Pietro tranquilizza i depositanti( grazie mille per il pensiero) ma chiede sacrifici agli azionisti( ancora?le azioni non valgono gia’ piu’ niente).Mi risulta che qualche azionista al contrario fara’ in modo di tentare un recupero delle perdite subite altro che sacrifici ulteriori.Chi vivra’ vedra’
L’unica vera banca del territorio, disonesti a parte, sempre un patrimonio per la regione.
Grazie gazzani!!