servizio a cura di Gianluca Ginella
L’ingiustizia più grande è che se ne siano andati così: da soli, senza un gesto d’affetto, senza nessuno a stringere loro la mano, senza un funerale, senza rivedere le persone con cui si è condivisa la vita. Centocinquanta storie drammatiche in provincia, da chi ha chiesto di dare un bacio alla propria moglie sapendo non l’avrebbe più rivista mentre fuori una ambulanza attendeva per portarlo in ospedale, alla madre strappata troppo presto ai figli e che al suo funerale, collegati in streaming, aveva lo sguardo commosso di duemila persone. Ed altri ancora, Don Peppe Branchesi, che fino all’ultimo ha lottato per sopravvivere e che alla fine si è arreso gettando una provincia nel dolore per la sua scomparsa. Una brutta guerra, con un nemico invisibile.
L’ULTIMO SALUTO – Franco Coloccini aveva 78 anni. Quando ha iniziato a peggiorare nella sua casa, a Macerata, sono arrivati gli operatori del 118. Hanno compreso subito che la situazione era grave e l’uomo aveva contratto il virus. Gli hanno detto che doveva essere ricoverato. Lui a quel punto, prima di uscire di casa, ha chiesto di poter dare un ultimo bacio alla moglie. «So che non la rivedrò» ha detto. E davvero l’ha salutata per l’ultima volta mentre fuori l’ambulanza lo attendeva per portarlo all’ospedale dove è morto, il 16 marzo. La moglie l’aveva conosciuta quando lei aveva solo 15 anni, con lei ha trascorso tutta la vita: sessant’anni insieme. Coloccini era un agente di commercio e nel Duemila era andato in pensione. Da allora si godeva la casa e i nipoti. La sua storia era stata raccontata da Cronache Maceratesi, lui era stato chiamato con lo pseudonimo Mario. Come sta sua moglie? «Sta bene, mia mamma è guarita. Le hanno fatto il secondo tampone il 26 ed è risultato anche quello negativo» dice oggi il figlio.
LA CUOCA DEI BAMBINI – Maria Silvi aveva 75 anni ed è scomparsa nella notte del 29 aprile. Anche lei positiva al tampone. A Castelraimondo la conoscevano tutti: prima di andare in pensione era stata cuoca all’asilo Manfredi Gravina. Generazioni di bambini si sono seduti alla mensa pranzando con i piatti che preparava lei. Anche dopo essere andata in pensione aveva continuato ad essere una persona attiva: per tanti anni è stata l’anima della sede di Castelraimondo dell’Università delle tre età dell’Alto Maceratese. La nipote, Erika, l’ha ricordata così: «Ieri è stato il mio compleanno, indubbiamente è stato diverso dai precedenti, ma non per questo meno speciale. Certo, avrei tanto voluto che fossi stata lì vicino a me e che anche quest’anno, fossi stata tu a prepararmi la torta. Una videochiamata non potrà mai sostituire la presenza fisica di una persona però quantomeno mi ha permesso di soffiare le candeline assieme a te. Aspettavo ogni giorno le 19,30 per poterti videochiamare e renderti partecipe di tutto quello che accadeva a casa. Vederti con quel casco mi faceva male ma tutto passava quando accennavi un sorriso o quando mi mandavi i bacini. Nonostante continuassero a dirci che le tue condizioni fossero critiche, ho sempre pensato che ce l’avresti fatta. Ti ho sempre visto come una guerriera, tu eri la mia Wonder Mary». Maria Silvi è morta all’ospedale di Camerino.
STORICA BARISTA – Maria Teresa Giaccio per tanti anni aveva gestito insieme al marito il bar Duomo di Recanati. Dopo aver contratto il virus era ricoverata alla clinica Villa dei Pini di Civitanova. Aveva 86 anni, è morta il 29 aprile. «Una persona aperta e solare, era amata da tutti. A metà gennaio era stata ricoverata all’ospedale di Recanati. I due tamponi cui venne sottoposta dopo lo scoppio dell’epidemia erano risultati negativi. Il terzo, dopo che era stata trasferita a Villa dei Pini è risultato positivo» l’ha ricordata il genero, Tristano Leoni, direttore dell’Arpam di Macerata. Oltre alle figlie e ai generi, lascia i nipoti Ilaria e suo marito Giacomo, Paolo, Marco.
INSIEME PER 73 ANNI – Lei, Ines Marinozzi, aveva 95 anni, lui, suo marito Italo Sparvoli, ne aveva 96. Si erano conosciuti giovanissimi, poi da San Severino, la loro città si erano trasferiti a Parigi, dove avevano vissuto per trent’anni. La coppia aveva avuto due figlie, Fiorella e Giuliana. Dopo trent’anni in Francia erano poi rientrati a San Severino, città che erano stati costretti a lasciare nel 2016 dopo il terremoto. Una nuova vita, ancora una volta, a Macerata. A marzo è arrivata la malattia, Italo si è ammalato di polmonite (era risultato negativo al tampone), ed è morto a causa di quella. «Anche mia mamma è stata ricoverata per polmonite, ma il tampone è risultato positivo solo una ventina di giorni dopo il ricovero» aveva detto la figlia Fiorella. Lui è morto il 27 marzo, sua moglie circa due settimane più tardi, il giorno di Pasquetta. Una vita insieme, da quanto lui dopo averla incontrata a San Severino se n’era innamorato «e aveva cacciato via tutti gli altri pretendenti di mia mamma» aveva ricordato Fiorella.
IN DUEMILA AL FUNERALE IN STREAMING – Non potevano essere presenti al cimitero per il funerale, ma per partecipare all’ultimo saluto ad Anna Maria Paccusse erano in duemila collegati in streaming. Lei aveva solo 53 anni, ed è la vittima più giovane in provincia. Sposata, due figli, era originaria di Apiro e si era trasferita a Treia dove viveva con la famiglia. «Era umile, discreta e di una disponibilità unica: è una grande perdita per tutti noi» è il ricordo di padre Luciano Genga. È morta il 28 marzo all’ospedale di Civitanova dove era ricoverata. Quindici giorni prima aveva iniziato a non sentirsi bene. Anna Maria era una persona religiosa, frequentava il santuario del Santissimo Crocifisso di Chiesanuova di Treia. Nella cittadina è stato grande il dolore per la scomparsa della 53enne, che lavorava come operaia in una ditta di calzature.
IL MEDICO – Francesco Foltrani aveva 67 anni ed era medico di base a Cingoli. È morto il 19 marzo. Nelle settimane precedenti aveva avuto contatti con alcuni degli ospiti della casa di riposo di Cingoli, primo focolaio scoppiato in un provincia in una struttura per anziani. Foltrani lascia la moglie Laura e i figli Marco e Chiara. Il dolore per la morte di Foltrani era stato espresso anche dal presidente dell’Ordine dei medici di Macerata, Romano Mari: «Francesco ha speso tutto se stesso fino alla fine, è un martire della professione e non possiamo permetterci di perdere medici perché mancano le protezioni. Esprimo alla famiglia le mie personali condoglianze e il mio dolore e insisto affinché tutto il personale sanitario sia protetto». Era ricoverato all’ospedale di Jesi, dove si è spento.
I FRATELLI SANDRO E SANDRA – Per tanti anni Sandra Rossi aveva avuto un negozio di frutta e verdura nella zona di Santa Croce, a Macerata. Era in pensione, aveva 62 anni, e il 19 marzo è morta dopo che nei giorni precedenti aveva avuto la febbre. Quando si è spenta, proprio per via di quella febbre, era stato deciso di farle il tampone che poi è risultato positivo. Il fratello Sandro Rossi aveva settant’anni ed è morto qualche giorno dopo la sorella: il 27 marzo. Era ricoverato all’ospedale di Civitanova. Aveva lavorato come portalettere fino al 2006 poi la pensione. Era molto conosciuto a Montanello dove viveva. Lascia la moglie Gabriella, le figlie Cinzia, Catia e Cecilia, il genero Paolo, i nipoti Lorenzo e Davide.
OTTO GIORNI DOPO DI LEI – Ferdinando Paciaroni aveva 89 anni ed è morto il 26 marzo scorso. Otto giorni prima si era spenta l’amata moglie, Adalgisa Piermattei, 87 anni.
Anche per loro una vita trascorsa insieme, due figlie, e tanto dolore per la tragica fine della loro esistenza. Lei ricoverata all’ospedale di Macerata, dove è morta il 18 marzo. Lui invece a casa sua, a Treia, perché «quanto sono venuti gli operatori del 118 lo hanno trovato che era già in coma. Hanno detto che non l’avrebbero potuto ricoverare, perché non è previsto per i pazienti nel suo stato» aveva raccontato una delle figlie, Maria, mentre era in quarantena, e con nel cuore la morte della mamma prima e del papà poi. E un altro dolore ancora: quello di non poter partecipare al funerale né del padre né della madre.
IL BENZINAIO DI MONTELUPONE – Mario Perna aveva 91 anni e a Montelupone lo conoscevano tutti. Aveva fatto il benzinaio per molti anni prima di andare in pensione. Era stato ricoverato all’ospedale di Civitanova dopo essere risultato positivo al tampone. La sua morte ha scatenato tanti ricordi e pensieri di chi lo aveva riconosciuto: persona amata ed estroversa, per sintetizzare i messaggi comparsi su Facebook per parlare di lui.
IL TIPOGRAFO DI POTENZA PICENA – Nel 1965 aveva solo 24 anni Arnaldo Cingolani ed era stato allora che da Recanati si era trasferito a Potenza Picena per aprire la sua tipografia. Tra le sue passioni c’era il sassofono e aveva suonato nella banda Beniamino Gigli di Recanati e in diversi altri complessi. Anche per lui la vita è finita a causa del contagio.
Aveva 78 anni ed era stato ricoverato all’ospedale di Civitanova dopo che per alcuni giorni aveva avuto la febbre. Si è spento lo scorso 30 marzo. «La tua scomparsa ci rattrista e ci colpisce profondamente. Ci uniamo al dolore dei familiari e di quanti lo hanno conosciuto e apprezzato» aveva scritto la Pro loco di Potenza Picena.
L’EX OPERAIO DELLA GUZZINI – Aveva novant’anni Giuseppe Moroni, ed era stato uno dei primi operai a lavorare alla ditta iGuzzini di Recanati.
E’ lui la sesta vittima alla casa di riposo della città leopardiana. Dopo i sintomi della malattia e il peggioramento delle sue condizioni di salute, era stato ricoverato all’ospedale di Civitanova. Positivo al tampone, è morto la sera del 30 aprile. Vedovo, aveva una figlia.
LA PRIMA CONTAGIATA A CINGOLI – Aveva solo 58 anni Gabriella Angelucci e il 3 marzo scorso era stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Jesi per gravi problemi respiratori. Quei giorni anche non era scattato il lockdown e quello che sarebbe accaduto nei due mesi successivi non era nemmeno qualcosa di immaginabile. Dopo circa due settimane in cui le condizioni della donna erano rimaste stabili, c’era stato un peggioramento e il 18 marzo è morta. Gabriella era una dipendente della ditta Fileni, da inizio febbraio non era più andata al lavoro per sottoporsi ad una operazione ai tendini all’ospedale di Torrette.
LA STORICA COMMERCIANTE – Giulia Stortini aveva 81 anni e per tanta parte della sua vita aveva lavorato nel commercio di Civitanova. Prima con una bottega di frutta e verdura, poi con un negozio di abbigliamento e alla fine con uno di intimo (in corso Umberto). Si è spenta il 15 aprile all’ospedale di Fermo, dove era ricoverata dal 3 marzo. Soffriva già di altre patologie ed era risultata positiva al tampone. Molto conosciuta a Civitanova per essere una persona sempre sorridente e gentile. La figlia Margherita l’aveva così ricordata: «Eri una persona solare e generosa. Ti terrò sempre nel mio cuore».
DON PEPPE, IL PARROCO TRA LA GENTE – Il 19 aprile era una domenica, in altri tempi don Giuseppe Branchesi vi avrebbe celebrato la messa. Invece è stato il giorno in cui il suo cuore ha smesso di battere dopo aver lottato per settimane mentre era ricoverato all’ospedale di Civitanova. Aveva 81 anni ed era parroco da quando ne aveva 24. In provincia don Peppe lo conoscevano tutti. Era il parroco di Santa Maria in Selva, frazione di Treia. Il 22 maggio 2011 il sacerdote aveva ricevuto il premio “treiese dell’anno” dalle mani del presidente della Pro Treia Francesco Pucciarelli e dall’allora sindaco Luigi Santalucia. «Don Peppe è stato in questi anni un esempio per tutti – l’aveva ricordato il vicesindaco di Treia David Buschittari – dai corsi di cristianità, alla fondazione del circolo “Giovanni XXIII” al Duomo di Treia, dal giornale “Orizzonti treiesi” ai campi scuola per i giovani della parrocchia e a quelli della Caritas a San Lorenzo di Treia, fino ai gemellaggi del comune con Irlanda, Germania, Bulgaria, Repubblica Ceca e Polonia. Ha sempre perseguito l’obiettivo di comunicare anche con chi era lontano dalla chiesa: con il gioco, lo sport e la polenta, offrendo amicizia che era anche esperienza di fede. Con l’opera “I Polentari d’Italia” ha fatto conoscere Treia in tutta la Penisola» A Treia aveva anche fondato la squadra di volley, a metà degli anni Sessanta. La sua ultima apparizione pubblica era stata legata proprio alla pallavolo con una cena con i giocatori della Lube. A tavola era stata servita la polenta preparata dal circolo parrocchiale: un modo quella sera per festeggiare il triplete della squadra di volley.
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Riposino in pace
Il Signore li accolga nella pace del suo regno
Riposino in pace
Anime sante
Grazie per averli ricordati
E dicono anziani, queste persone avevano tanto da dare soprattutto la loro prese
Grazie per averli ricordati
Che sia monito per coloro che adesso riacquistando la "libertà" siano attenti e non sottovalutare tutto...
Una preghiera x loro... Riposate in pace
Il Signore li accolga nella pace del suo regno
Riposa in pace Gabriella un bacio.
Riposo in pace
Riposa in pace AMICA mia
L' eterno riposo dona a loro o Signore risplenda in essi la luce perpetua riposi in pace amen
Che tristezza R.I.P
Anime sante
Riposino in pace.
Riposa in pace Sandro... sei sempre nel mio cuore!
RIP nella gloria di Dio
Tante preghiere per loro che ora saranno tra le braccia del nostro Padre Celeste RIP
Riposino in pace...che la terra sia loro lieve
Che possano riposare in pace
Riposino in pace
Bellissimo articolo, ma ne mancano molti......
Riposino in pace
R.I.P.
Un pensiero a tutti e alle loro famiglie
R.i.p
R.i.p.
R.I.P.
R. I. P.
R.I.P.
Grazie per averli ricordati
Grazie per averli ricordati.
R.I.P.
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Ma il protocollo del plasma iperimmune qua da noi lo stanno applicando? A Mantova e Pavia non muore più nessuno! Boohh Anche oggi 5 morti, e a Mantova hanno mandato i Nas. Burioni e company non saranno un’associazione a delinquere????
L’aspetto più doloroso per me – credente – sarebbe quello di non poter ricevere i Sacramenti della Confessione generale, dell’Eucaristia e dell’Estrema Unzione prima di morire. Nelle pesti e nelle più recenti epidemie di colera, come quella del 1855 a Pausula – oggi Corridonia – il clero era presente, malgrado le iniziali paure, nel successivo conforto religioso e nell’amministrazione dei Sacramenti, come riconosciuto dagli stessi medici.
Con il Coronavirus il clero si è assoggettato alle decisioni dei laicisti e dei senza-Dio. Oltre alla paura personale. La Chiesa cattolica ha perso una occasione per dimostrare la sua missione nel mondo… Perdendo così pure la possibilità di dimostrare coraggio e abnegazione individuale dei chierici, tale da dimostrare il valore spirituale che i consacrati hanno nel confronto con i non consacrati. La Chiesa fruttifica sul sangue e sulla sofferenza dei martiri. Chi muore per il coronavirus è un martire della Fede. Coloro che sono stati fino alla fine al capezzale dei malati e dei moribondi del Coronavirus sono stati i medici e gli infermieri. Essi hanno tenuto alto il concetto di umanità. Purtroppo non sono abilitati ad assolvere e a somministrare i Sacramenti. Comunque, chi è un sanitario diacono ha fatto la sua parte.
Anche a me mi e’ morta una zia x il COVID-19, che abitava nel NORD ITALIA.