Come toccare un vespaio. Si susseguono le reazioni alle dichiarazioni in difesa del biogas fatte dal governo regionale guidato da Gian Mario Spacca. Mentre il Tar mette un altro macigno sulla strada intrapresa accogliendo il ricorso presentato dal Comune di Potenza Picena contro l’autorizzazione rilasciata dalla Regione Marche per la costruzione della centrale a biogas (da 999 kwe) in contrada Marolino (leggi la sentenza). “Il pronunciamento del Tar – dice il sindaco Sergio Paolucci – è una vittoria del Comune che ha sempre sostenuto la non idoneità dell’area individuata dal privato per la realizzazione dell’impianto a biogas”.“Il Tribunale Amministrativo Regionale – continua il sindaco – conferma che le argomentazioni proposte dal Comune erano legittime e pertinenti ed ha respinto le controdeduzioni della ditta VBIO7. La sentenza dimostra anche l’efficacia dell’azione amministrativa comunale che, in tutte le sedi, ha sempre argomentato con oggettività le ragioni del diniego alla realizzazione della centrale e premia la costanza della Giunta che nulla ha lasciato di intentato per impedire la realizzazione della centrale nella località Marolino”. Ricordiamo che il Comune, dopo che il TAR aveva respinto l’istanza di annullamento dell’autorizzazione rilasciata dalla Regione, aveva proposto appello al Consiglio di Stato il quale, nella camera di consiglio dello scorso 23 aprile, ha sospeso l’efficacia dell’autorizzazione regionale rinviando al TAR l’esame di merito. L’autorizzazione rilasciata dalla Regione Marche per la realizzazione dell’impianto a biogas è rimasta dunque sospesa fino al pronunciamento di ieri con il quale il Tar Marche l’ha definitivamente annullata. “La tutela della territorio e della salute dei cittadini – conclude il sindaco – è sempre stata e rimarrà uno dei capisaldi del nostro operato”.
Intanto il comitato salute e conservazione del territorio si scaglia contro la legge proposta per sanare la situazione che si è creata dopo la sentenza della Consulta: “Spacca alza una coltre di fumo per annebbiare gli sguardi dell’opinione pubblica e spaccia la proposta di legge della Giunta come necessaria al piano energetico regionale. La grande operazione nasconde tutt’altro intento e sembra, in realtà, voluta dai biogassisti per continuare a percepire gli ingenti finanziamenti pubblici. La produzione di energia elettrica tra l’altro, data la crisi economico-industriale in corso, risulta in eccesso rispetto ai consumi ed alle esigenze produttive attuali. La V.I.A. è una precondizione fondamentale all’autorizzazione ed è illegittimo farla dopo la costruzione degli impianti. La Regione propone una legge illegittima e, cosa ancor più grave, interferisce sul potere giudiziario, a completo sfregio della divisione dei poteri dello stato, rischiando di scivolare verso un pericoloso autoritarismo. Insieme agli altri comitati abbiamo richiesto unì’audizione urgente alla IV Commissione del Consiglio Regionale che discuterà della legge”.
In difesa del provvedimento è intervenuta Maura Malaspina, assessore regionale all’ambiente: “La proposta di legge inviata all’Assemblea legislativa regionale è perfettamente costituzionale. Scaturisce infatti da un serio approfondimento che tiene conto dei diversi aspetti in gioco e si basa anche su eminenti pareri di costituzionalisti, specialisti nel campo ambientale. La legittimità costituzionale è confermata dal parere del prof. Stefano Grassi che, tra gli altri aspetti, ha assicurato la piena competenza della Regione ad emanare norme di disciplina di procedimenti autorizzativi da rinnovare per sopraggiunta declaratoria di incostituzionalità. A riprova della legittimità del percorso da noi proposto basta considerare che la stessa Corte costituzionale si è già espressa in un caso analogo della Regione Toscana. Sono le contraddizioni tra la normativa statale e quella comunitaria che ci hanno imposto di prevedere la “rinnovazione” dei procedimenti autorizzatori di impianti a biomasse già conclusi, per integrarli con la VIA, secondo quanto richiesto dalla Corte costituzionale e dalla magistratura amministrativa. Tale VIA diviene di competenza delle Province e i relativi esiti non sono prevedibili. La Regione, in assenza di un intervento normativo, è esposta a rilevantissimi risarcimenti dei danni . Da ciò, come già ampiamente chiarito, è scaturita la necessità della proposta adottata. Nessuna cortina fumogena e nessun atto di arroganza, come afferma qualcuno dunque. Semmai la cortina fumogena è quella innalzata da chi presenta un quadro fuorviante sulla situazione della produzione di energia da impianti a biomasse nelle Marche. La nostra regione è infatti agli ultimi posti in Italia per potenza installata, con appena l’1% della potenza rispetto al totale nazionale”.
(g. c.)
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MALASPINA VERGOGNATI!!! sei peggio del tuo predecessore Donati! Ma veramente voi pensate di potervi sostituire alla giustizia e sovvertire le loro sentenze? E tutto basato sul parere di un professore universitario? Dite la verità che a voi interessa solo tutelare gli interessi dei vostri amici prendtori del biogas. VERGOGNATEVI!
Per ora… TAR “1”… REGIONE “0”…!!! Certamente la partita finirà con una bella “goleada”…!!! Sperando che gli arbitri non si facciano abbindolare dalle chiacchiere…!!!
Nella sentenza, come in tutte le altre, i giuidici citano in maniera impropria l’art. 38 del DPR. 380/2001. Questo permette ai signori del biogas di non fermare imeddiatamente l’impianto poichè l’avvia di questo procedimento amministrattivo consente di mantere ancora in piedi l’autorizzazione regionale. Al contrario invece se non si fosse inseritao tale passaggio l’autorizzazione sarebbe immediatamente decaduta e i proprietari degli impianti non appena gli arrivavano le netofiche delle varie sentenze avrebboro dovuto spegnere imeddiatamente gli impianti. L’applicazione di tale articolo è impropria per il semplice motivo che lo stesso si applica alle opere edilizie abusive di cui per vari motivi non sia possibile la loro demolizione, cosa che tocca gli impianti a biogas, tant’è che per ottenere l’autorizzazione devono presentare apposito piano per il loro smantellamento e accendere una fidejussione che ne copra i costi. Infatti basta leggersi cosa recita tale articolo per rendersi conto che lo stesso non possa essere applicato in tale contesto, ma soprattutto quant’anche fosse applicabile, ciò è stato fatto in maniera illegittima poichè non viene rispettato il comma 1;
“Articolo 38 Interventi eseguiti in base a permesso annullato. (legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 11; decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 107 e 109)
1. In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale. La valutazione dell’agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.
2. L’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del
permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui
all’articolo 22, comma 3, in caso di accertamento dell’inesistenza dei presupposti per la
formazione del titolo (12/b).
Prima che uscisse la sentenza della Corte Costituzionale 93/2013, il TAR in alcuni ricorsi si era “spinto” a dire che la Direttiva Europea violata (2011/92/UE) nel rilasciare l’autorizzazione, non andava applicata, cioè non aveva in sè le caratteristiche di Self-Executing (cosa assolutamente non vera così come si dimostrava dalle richiamte sentenze di vari TAR, Consiglio di Stato e Corte Europea) e quindi rigettava i ricorsi. Successivamente la Corte Costituzionale, con la summenzionata sentenza, smentiva le mirabolanti e fantasiose motivazioni di detto TAR mettendo i Giudici praticamente con le spalle al muro, quindi si soni “ingegnati” con la fantasiosa applicazione dell’art. 38 del DPR 380/2001.
Ora, come era usuale dire il conduttore televesivo Antoni Lubrano, “…a questo punto, una domanda sorge spontanea..” Si è agito in nome del Popolo Italiano, oppure in nome di altri interessi?
Saluti
Nella sentenza, come in tutte le altre, si cita in maniera impropria l’art. 38 del DPR. 380/2001. Questo permette ai signori del biogas di non fermare immediatamente l’impianto, poiché l’avvio di questo procedimento amministrativo consente di mantenere ancora in piedi l’autorizzazione regionale. Al contrario, invece se non si fosse inserito tale passaggio l’autorizzazione sarebbe immediatamente decaduta e i proprietari degli impianti, non appena arrivate le relative notifiche delle sentenze, avrebbero dovuto spegnere immediatamente gli impianti. L’applicazione di tale articolo è impropria per il semplice motivo che lo stesso si applica alle opere edilizie abusive di cui per vari motivi non sia possibile la loro demolizione, cosa che non tocca gli impianti a biogas poiché la loro demolizione è pienamente fattibile, tant’è che per ottenere l’autorizzazione devono presentare apposito piano per il loro smantellamento e accendere una fidejussione che ne copra i costi. Infatti basta leggersi cosa recita tale articolo per rendersi conto che lo stesso non possa essere applicato in tale contesto, ma soprattutto quant’anche fosse applicabile, ciò è stato fatto in maniera illegittima poiché non viene rispettato il comma 1 per la fase preliminare la sua applicazione (stesura di motivato parere, valutazione del valore da parte dell’agenzia del territorio, ecc.) Inoltre non si è proceduto ad applicare le sanzioni pecuniarie (danno erariale);
“Articolo 38 Interventi eseguiti in base a permesso annullato. (legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 11; decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 107 e 109)
1. In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale. La valutazione dell’agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.
2. L’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all’articolo 22, comma 3, in caso di accertamento dell’inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo (12/b).
Prima che uscisse la sentenza della Corte Costituzionale 93/2013, il TAR in alcuni ricorsi si era “spinto” a dire che la Direttiva Europea violata (2011/92/UE) nel rilasciare l’autorizzazione, non andava applicata, cioè non aveva in se le caratteristiche di Self-Executing (cosa assolutamente non vera così come si dimostrava dalle richiamate sentenze di vari TAR, Consiglio di Stato e Corte Europea) e quindi rigettava i ricorsi. Successivamente la Corte Costituzionale, con la summenzionata sentenza, smentiva le mirabolanti e fantasiose motivazioni di detto TAR mettendo i Giudici praticamente con le spalle al muro, quindi si soni “ingegnati” con la fantasiosa applicazione dell’art. 38 del DPR 380/2001.
Ora, come era usuale dire il conduttore televisivo Antonio Lubrano, “…a questo punto, una domanda sorge spontanea..” Si è agito in nome del Popolo Italiano, oppure in nome di altri interessi?
Saluti
ancora con questa teoria della direttiva self-executing? non vi basta la scoppola di torre san patrizio?
Infatti la sentetenza di Torre San Patrizio è proprio una di quelle dove dicono e si contraddicono da soli. Purtroppo c’è ancora chi pur di dare addosso agli altri o per semplice ignoranza o peggio ancora perchè mandati da chi li manvra da dietro, ancora si ostina con tale atteggiamenti, confermando ciò che disse anni addietro un politico più che navigato “ogni popolo ha i gorvernanti che merita…”
Se il Sindaco di Potenza Picena, oramai a fine Mandato, si è sentito di cantare “vittoria” per la recente sentenza del Tar Marche sulla centrale a Biogas di Potenza Picena, deve avere le sue buone ragioni , ma deve spiegare ai suoi concittadini, anche la nuova proposta di legge Regionale di iniziativa della Giunta, composta dai suoi compagni di partito, il PD(Spacca,Canzian,Giannini,Marcolini ,ecc )che a breve porteranno all’approvazione del Consiglio Regionale, appunto la Nuova LR, concernente ” Disposizioni in materia di rinnovazione dei procedimenti relativi alle autorizzazioni per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”, già approvata in Giunta Tegionale il 16/12/2013 delib.1682. E’ sufficiente la sua attuale spiegazione dei fatti ,pensando che comunque tra qualche mese non sarà più il Sindaco ?Cosa pensa in proposito il Consigliere Regionale Dott. Francesco Acquaroli, anche lui Potentino, vice presidente della IV Commissione Consiliare, che ha sul proprio tavolo la proposta di legge della Giunta, per il passaggio in Consiglio per l’approvazione definitiva?