di Gabriele Censi
Un pomeriggio al seguito della Commissione d’inchiesta regionale che visita la centrale a biogas di Morrovalle e incontra i comitati. Per capire di più di una vicenda che percorre il territorio e preoccupa, per motivi diversi, la politica, l’impresa e soprattutto i cittadini. E coinvolge anche la magistratura che in due procure indaga. Le storie, per chi ci legge sono per lo più note (sotto l’elenco dei numerosi articoli correlati). Storie di autorizzazioni contrastate o meno, conferenze dei servizi infuocate, o taciturne. Sversamenti ed esami chimici e biologici. Storie di ricorsi e appelli. Su una parola che di per se non dovrebbe contrapporre “Green economy”, perché si dovrebbe trattare di produrre energia senza inquinare e senza causare danni alla salute. Più o meno così si è presentata l’esperienza dell’azienda Campomaggio 86 con sede a Sarrocciano di Corridonia e titolare della stalla con annessa centrale a biogas di Fonte Murata nel comune di Morrovalle. Chissà se ha convinto anche i Comitati. Stasera nuova assemblea “No Biogas” a Morrovalle (di cui ne daremo conto domani) con argomento di discussione anche gli elementi acquisiti oggi.
Ad attendere la commissione in rappresentanza della società Alessandro Lazzarini e l’amministratore Carlo Cingolani che con l’aiuto dello ingegnere progettista dell’impianto Vito Pompa e del biologo Mattia Magagnini ha spiegato cosa si fa in questa azienda. “E’ un’impresa di famiglia – dice Lazzarini – ci occupiamo da sempre di agricoltura e allevamento, e da qualche anno di energia legata alla attività agricola, con la produzione di elettricità da fonti rinnovabili”.
Il racconto dell’azienda ci viene meglio facilitato da una scheda dettagliata fornitaci che parla di terreni di proprietà della Campomaggio nei Comuni di Corridonia e Morrovalle per 350 ettari e circa 40 persone occupate. I cereali coltivati sono foraggio per l’allevamento e per il biogas, ci sono due stalle risalenti al 2003 e al 2006 mentre la centrale ha iniziato l’attività nel 2008.
Ad oggi nell’allevamento sono presenti oltre 1.000 capi bovini di razza frisona destinati alla produzione di latte di alta qualità pari a circa 260 quintali giornalieri e che copre quasi il 25% dell’intera produzione della Regione Marche in virtù delle quote latte assegnate. “L’impianto è stato realizzato con l’obiettivo di nobilitare, attraverso la trasformazione ai fini energetici, i sottoprodotti che si originano dall’attività della stalla. Oggi – spiega Cingolani – la situazione del mercato relativo all’acquisto di materie prime destinate all’alimentazione degli animali è in continua crescita come pure i costi relativi al personale, ecc. e per contro c’è la mancata valorizzazione del prezzo del latte, con questo scenario l’allevamento sarebbe destinato alla chiusura ma , grazie all’utilizzo dei sottoprodotti a fini energetici, l’azienda continua la sua attività”.
Presenti con la stampa e i commissari regionali anche i rappresentanti dei “comitati no biogas” che fanno domande sulla sicurezza e sugli sversamenti. Risponde per quanto riguarda l’impianto il progettista Vito Pompa: “Tutto è sempre migliorabile ma le tecniche di gestione e conduzione rispondono ai requisiti richiesti. E’ stata fatta una attenta analisi della casistica delle emergenze e l’azienda si tiene al passo con i tempi per aggiornare la tecnologia”. Pompa prosegue con l’illustrazione del processo: “L’impianto utilizza circa per il 60% i liquami dell’allevamento e per il resto i residui colturali che rimarrebbero in campo (paglia e stocchi di mais) e le colture dedicate principalmente coltivate nei fondi di proprietà.
In sintesi, il liquame prodotto dall’allevamento, viene fatto confluire per caduta in un pozzetto di raccolta, e da questo mediante una pompa addotto alla prima vasca dell’impianto (vasca di carico), ove viene mescolato con gli altri sottoprodotti. Da questa vasca, il prodotto viene trasferito nel serbatoio di idrolisi dove, ad opera di microrganismi, avviene la trasformazione di disgregazione dei composti organici complessi (proteine, grassi, fibre e carboidrati) in componenti organici semplici di cui sono costituiti. Dall’idrolisi, il digestato viene pompato nei serbatoi di fermentazione dove avviene la vera e propria produzione di biogas attraverso la trasformazione biologica della sostanza organica in metano. Il biogas, mediante apposite condotte, viene addotto ai gruppi elettrogeni, che dalla loro combustione generano energia elettrica. Da tale processo, di durata media di 45 giorni, si originano quindi due macro componenti: biogas (gas costituito da 50-55% di metano) ed il digestato (liquido). Dal digestato liquido viene eliminata mediante un filtro centrifuga la componente solida che costituisce circa il 5,5% del totale”.
Il biologo Matteo Magagnini completa la scheda descrittiva: Le caratteristiche del digestato prodotto sono perfettamente in linea con l’utilizzo agronomico in quanto contiene una buona quantità di azoto in forma ammoniacale (mineralizzato e perfettamente biodisponibile per le piante) ed una modesta quantità di sostanza organica.La frazione solida invece ha delle ottime capacità ammendanti grazie al contenuto di sostanza organica residua che, data la scarsità della stessa nei suoli italiani, può risultare utile per ripristinare il bilancio umico dei suoli stessi . Un altro aspetto di fondamentale importanza della produzione di energia da biogas è la diminuzione dei gas serra (metano); l’utilizzo a scopo energetico dei reflui zootecnici permette di non disperdere in atmosfera una quota importante di gas serra che naturalmente si originerebbe dagli stoccaggi di reflui e letame. Inoltre, l’utilizzo agricolo di digestato povero di sostanza organica, permette una diminuzione della produzione di Ossidi di azoto, in quanto a parità di quantità di azoto fornito, il digestato liquido ha una minor quantità di sostanza organica rispetto ai fertilizzanti di sintesi.”
L’occasione di spiegarsi e chiarirsi viene colta presentando dunque un impianto che appare un modello anche di sicurezza: “Tutta le gestione dell’impianto è completamente automatizzata e per questo scopo sono stati adottati due computer che fungono da interfaccia logica nella gestione delle operazioni. L’impianto è costantemente presidiato. Il circuito di emergenza funziona con alimentazioni elettriche autonome ad avviamento automatico che restano attivi anche in caso di mancanza della rete elettrica di alimentazione. Il principale sistema di controllo delle emergenze è quello che gestisce il circuito di alimentazione del biogas in uscita dai serbatoi di accumulo e dal gasometro. Il biogas normalmente viene alimentato ai due motori di produzione ma, nel caso di mancanza della rete elettrica, i gruppi si distaccano immediatamente dalla rete per arrivare allo spegnimento; in questo caso il gas, tramite sistema di elettrovalvole comandate, viene inviato alla torcia che, a seguito di opportuno segnale automatico, si attiva iniziando a bruciare il biogas ed evitando in questo modo la sua dispersione in atmosfera. Tutte le tubazioni di trasporto delle biomasse come pure del biogas sono eseguite in acciaio inox e valvole e raccordi sono accoppiati tramite flange con tenuta minima di PN 10 e PN 16 (per il biogas) quando la pressione di esercizio delle biomasse è di massimo 1.5 bar e 4 mbar per il biogas: le tenute nei raccordi e valvole sono decisamente sovradimensionate per le pressioni di esercizio e questo al fine di ridurre al minimo le rotture accidentali dei giunti.”
I commissari ascoltano e il segretario verbalizza, loro debbono produrre una relazione ad ottobre e hanno ancora molto da lavorare, mentre i cittadini continuano a chiedere facendo riferimento al vicino impianto di Sarrocciano e di Loro Piceno ma in questo caso i tecnici si dichiarano non informati, le visite a questi impianti sono rinviate a settembre. Ci sono anche i sindaci, Stefano Montemarani di Morrovalle aveva sospeso in via prudenziale questa centrale per 15 giorni dopo il controllo della forestale su sversamenti di cui l’azienda nega responsabilità. Le analisi fatte dopo l’avvio dell’inchiesta sono sotto segreto istruttorio. “Siamo tra l’incudine e il martello –dice Montemarani- dobbiamo garantire la salute pubblica ma non abbiamo gli strumenti” Qualche residente sottolinea l’anomalia di questo pomeriggio: “Abbiamo maggiore disponibilità per ricevere informazioni dall’azienda piuttosto che dalle istituzioni competenti”.
Dopo la visita l’incontro prosegue all’Hotel San Crispino. La Commissione ascolta i Comitati e i sindaci, a Piera Mancini di Petriolo e Montemarani si aggiunge Nelia Calvigioni. Il sindaco di Corridonia anticipa, dopo una appassionata ricostruzione del contestato iter di Sarrocciano, una lettera che quantifica in oltre 660 mila euro il costo della fideiussione per il ripristino di fine gestione dell’impianto ventennale. Erano 195 mila quelli stimati e fissati, nel contempo chiede anche gli oneri per il rimborso del danno ambientale.
Il presidente della Commissione Massi prende atto dei tanti sfoghi dei cittadini e, seppure come semplice consigliere, accoglie la richiesta di sospensione delle autorizzazioni in itere. Confidando in una nuova maggioranza trasversale come quella che ha dato vita all’organismo di indagine. Con lui oggi i consiglieri Perazzoli e Giancarli e i maceratesi Comi, Sciapichetti e Marangoni.
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per i cittadini solo fumo negli occhi, la Commissione visita la centrale dell’azienda Campomaggio, forse l’unica centrale che abbia senso di esistere!!! Nn ci siamo!!! Carissimi componenti della Commissione sapete tutti quali criticità sono state evidenziate e dove andarle a cercare; perché perdere ancora del tempo prezioso?
@ Rocco
Mica perdono tempo loro, semmai lo fanno guadagnare a qualcun altro….