“La centrale a biogas minaccia
il Verdicchio di Matelica”

Durante la partecipata assemblea contro il biogas l'enologo Potentini ha sottolineato i rischi per il settore agroalimentare. Saranno inviate lettere di diffida alle autorità per la sospensione dell'autorizzazione

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L’assemblea di ieri sera

di Monia Orazi

Una serie di lettere di diffida saranno inviate alle autorità, per chiedere la sospensione della centrale a biogas in costruzione in località Pezze di Matelica. E’ la decisione presa al termine dell’assemblea pubblica organizzata dal comitato per il territorio, ieri sera nel salone Regina Pacis gremito di pubblico. Tra il pubblico non era presente nessun consigliere comunale, di maggioranza o di opposizione. La serata si è aperta con l’intervento di Marco Cingolani, portavoce del comitato matelicese, che ha ricordato la storia della centrale autorizzata dalla regione lo scorso 26 giugno. Cingolani ha ribadito come con la delibera regionale del primo agosto Matelica sia stata inserita in una fascia di protezione ambientale, in cui questo tipo di impianto deve essere costruito con particolari accorgimenti, parlando di “presa in giro per la città”. Ha preso poi la parola il vicesindaco di Petriolo Alberto Luchetti, il quale ha ricordato come nella sua città la centrale a biogas sia stata autorizzata, mentre l’iter per un altro impianto a biomasse sia ormai fermo. “A Petriolo questo impianto non porterà nulla, non ci sono stalle e allevamenti abbastanza grandi di cui smaltire i liquami, abbiamo un’agricoltura fatta di piccoli appezzamenti che non permette di avere per il clima una seconda coltura, necessaria per avere materiale da smaltire nella centrale. Per l’economia di Petriolo non porta nulla, noi questa centrale non la vogliamo”, ha detto. Luchetti ha ricordato come il sindaco sia l’autorità sanitaria locale, che può concedere o meno l’autorizzazione, sottolineando come l’amministrazione si stia battendo per includere il territorio all’interno della riserva naturale dell’Abbadia di Fiastra.
ABCD0003-300x225Gli impianti a biogas vanno fatti a servizio del territorio, non deve essere il territorio che si pone a servizio del biogas, con questo tipo di impianti da 999 kilowatt si dà possibilità agli imprenditori di fare solo speculazione”, ha spiegato Luchetti. Sul piatto per 30 centrali a biogas in tutta le Regione ci sono ben 680 milioni di euro complessivi di incentivi pubblici da dividersi. L’intervento successivo è stato quello di Adriano Mei, coordinatore dei comitati in rete, nati nelle Marche per opporsi a scempi ambientali. Numerose le battaglie ambientali al suo attivo, Mei ha contribuito a bloccare ad Apecchio un metanodotto che avrebbe dovuto collegare Taranto al Trentino ed una fabbrica di alluminio a Poli di Acqualagna, di cui resta solo lo scheletro esterno, che avrebbe dovuto utilizzare cromo esavalente, elemento dannoso che inquina le falde acquifere. Al suono dello slogan “si deve essere cittadini e non sudditi” Mei ha invitato a riflettere sull’utilità dell’impianto e sul rispetto dei diritti dei cittadini. Ha ricordato come la centrale matelicese richieda 50 tonnellate al giorno di materiale da bruciare, 10 quintali di liquami, esprimendo perplessità su cosa potrebbe succedere una volta terminati gli incentivi per pagare gli agricoltori che forniranno il materiale da bruciare. Il rischio per Mei è che l’impianto sia trasformato in un termovalorizzatore. E’ stato ricordato come la legge regionale numero 3 in materia sia stata rigettata a luglio e la questione sia approdata alla corte costituzionale, poichè non rispetta le direttive dell’Unione europea per l’impatto ambientale di questo tipo di centrali, la tutela della popolazione in riferimento ai danni a terzi. Sono questi i presupposti su cui si basano le lettere di diffida, su cui imbastire una class action (azione legale collettiva) inviate al dirigente del servizio regionale ambiente che si occupa dell’iter autorizzativo delle centrali, con l’estensione della responsabilità ai suoi superiori diretti, in ultimo al presidente della Regione Gian Mario Spacca. Nelle missive si chiede la sospensione dell’opera in autotutela ed il blocco dei fondi per il mancato rispetto delle norme. “I cittadini non sono turisti per caso”, ha concluso Mei con ironia. L’impatto che la centrale a biogas potrebbe avere sulla coltura dei vigneti da cui nasce il Verdicchio Doc è stato analizzato da Roberto Potentini, enologo delle cantine Belisario. “Il Verdicchio di Matelica dovrebbe essere un bene protetto come il Colosseo o un quadro prezioso, da tutelare con tutte le iniziative possibili, per non mettere a rischio questa produzione agro-alimentare di qualità, un monopolio indissolubilmente legato alla zona di produzione. La centrale a biogas è decontestualizzata rispetto al territorio di riferimento, è un grave danno di immagine per veicolare il brand del Verdicchio e potrebbe provocare un altissimo rischio di involuzione a livello agro-alimentare – ha detto l’enologo – se ci saranno aree coltivate per le colture dedicate ad alimentare la centrale, ci potrebbero essere ripercussioni sull’occupazione agricola. Pensiamo agli agronomi, alla manodopera specializzata che non sarebbero più necessari per produrre ‘erbacce’”. Potentini si è chiesto anche come il digestato (concime) prodotto come scarto dalla centrale possa influire sulla gestione agricola territoriale: “146 mila quintali l’anno di digestato prodotto dalla centrale nel medio termine influiranno anche sulla composizione bio-chimica del suolo. Vorrei sapere se sono stati considerati tutti questi aspetti”.



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