Una fiaccolata per Pamela, la famiglia annuncia l’appuntamento (13 aprile, dalle 19 alle 22) poi un lungo sfogo per dire la propria verità sulla morte della 18enne romana, che usava droga ma non era una tossica, e la speranza di riprendersi in una comunità che per casi come il suo chiede circa cento euro al giorno. E poi Macerata, la famiglia si attendeva una reazione più corale della città e al sindaco Carancini («in prima fila solo per partecipare a manifestazioni antifasciste»). La famiglia parte della manifestazione: dovrà essere senza bandiere di partiti o movimenti politici, nessuno striscione con messaggi offensivi. Il ritrovo alle 19 del 13 aprile sarà alla caffetteria San Donà in via Saluzzo 33 e la manifestazione di muoverà verso piazza Re di Roma alle 19,30.
Alcuni perché della fiaccolata: «A distanza di quasi due mesi dall’efferato omicidio di Pamela, abbiamo, noi della sua famiglia, deciso di farci portavoce del desiderio, manifestatoci da tanti cittadini, conoscenti ed amici, nonché da diverse associazioni schierate nella lotta contro la violenza di ogni genere, di promuovere una fiaccolata in suo ricordo – si legge nel messaggio comparso su Facebook -. Non sappiamo se, per quella data, si sarà già potuto celebrare il suo funerale, ma vorremmo che la città si stringesse intorno al suo ricordo, ed al dolore non solo dei familiari ma di tutti coloro che, quasi fosse una loro stessa figlia, hanno sofferto, soffrono, e soffriranno per la sua tragica morte. Quella notte la vorremmo dunque illuminare con tante fiaccole le cui fiamme possano ricordare, ciascuna, le vittime innocenti dei soprusi,dei crimini e delle guerre». Fiaccole che la famiglia spera possano illuminare «il cammino verso la verità affinché vengano consegnati alla giustizia gli autori dell’atroce omicidio di Pamela» la cui morte è «il culmine di una tragica catena di eventi maledetti» ed anche «la tragica sintesi del fallimento di certa parte dello Stato: dall’allontanamento di una ragazza con problemi psichiatrici dalla comunità dove era ricoverata al barbaro omicidio, anche frutto di una criminale politica sull’immigrazione, che peraltro consente a chi non ha, o non ha più i requisiti, di rimanere illegalmente sul nostro territorio (alimentando, il più delle volte, la malavita), di uno spaccio di droga alla luce del sole, e di tanto altro. Quanto accaduto deve segnare lo spartiacque che possa far comprendere che bisogna cambiare le cose».
Poi Pamela. «Alcune verità» su di lei, dice la famiglia. A cominciare dal fatto che la 18enne non era «la classica tossica, fuggita dalla comunità e finita nel modo che tutti conosciamo perché in cerca della dose con cui “farsi una pera” (sì è stato scritto, letteralmente, anche questo)» dice la famiglia. Ma la verità, «scomoda per tanti, era ed è un’altra. Pamela soffriva di una patologia “borderline grave”, un disturbo della personalità che, come effetto secondario, la portava ad usare, purtroppo, delle sostanze stupefacenti, intese da lei, come da chiunque sia affetto da questa malattia, come automedicamento. Dopo un lungo percorso, tra infiniti sacrifici, pianti, paure, timori, istanze ai tribunali (prima a quello dei Minori per l’affidamento di Pamela ai servizi sociali fino al ventunesimo anno di età, poi a quello Tutelare per la nomina di un amministratore di sostegno) i genitori, che pure sono stati da alcuni aspramente (e maleducatamente) criticati, erano finalmente riusciti a vedere la loro “piccola”, da ottobre dello scorso anno, inserita in una comunità».
La comunità è la Pars di Corridonia da dove poi la ragazza il 29 gennaio scorso si era allontanata. «Una struttura che riceve, ad oggi, una diaria giornaliera, per chiunque soffra degli stessi problemi di Pamela, di 112,06 euro più 5% di Iva: il che vuol dire circa 3.500 euro al mese, ossia 42mila euro, pressappoco, all’anno. A persona. Che, moltiplicata per il numero di ospiti in essa presenti, portano ad una somma di diverse centinaia di migliaia di euro. Così, tanto per snocciolare qualche cifra concreta, che riguarda i soldi di tutti noi». Pamela aveva comunque iniziato il percorso nella comunità e ne era contenta. «Lo aveva detto ai genitori, ai nonni, agli amici. Tra il 15 ed il 18 gennaio di quest’anno, aveva passato dei giorni proprio con i suoi parenti, per stare un po’ con loro. Nulla lasciava presagire l’irreparabile. Sì, aveva raccontato di star male, di vomitare da qualche tempo, tanto che gli stessi genitori l’avevano portata, in quei giorni con lei, in visita dal suo nuovo medico curante, lì a Macerata. Era gonfia in viso, forse si era notato un certo “stordimento”. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che la ragazza si sarebbe allontanata dalla comunità,di lì a qualche giorno».
Invece il 29 gennaio si allontana con il suo trolley e la famiglia si chiede, lo fa da due mesi: perché. «Cosa è successo? Poteva essere fermata? Perchè l’amministratore di sostegno (ossia la nonna materna) non è stata subito avvertita?». Doveroso, continua la famiglia, fare luce su tutti gli aspetti che hanno preceduto il tragico epilogo di Pamela. La famiglia parla anche di controlli che la Regione Marche svolge a sorteggio con divieto di visitare la stessa struttura più volte in un particolare lasso di tempo «Anche questo, forse, sarebbe da rivedere». Sulle indagini la famiglia nutre «massima fiducia negli organi inquirenti», e dice che «cercheranno di spiegare la dinamica dei fatti ed il loro maledetto concatenarsi. Idem per quanto riguarda l’individuazione della bestia feroce, o delle bestie feroci, autore/autrici del macabro omicidio, che neanche il peggiore dei film horror avrebbe potuto meglio rappresentare».
La famiglia poi immagina, in un passaggio del testo quelli che potrebbero essere stati gli ultimi momenti di Pamela. Finita in trappola, impaurita, in lacrime, minacciata, stordita, «forse tenti di urlare, le coltellate, la vita, sofferta ma ancora piena di speranza, che ti passa davanti… la morte. E poi, magari, immaginare la sua anima che si stacca dal corpo… che viene nel frattempo fatto a pezzi da delle belve immani… A voi, tutto questo, sembra umano? O meglio, sembra possibile?» si chiede la famiglia. «Forse, ci si sarebbe aspettata una reazione più corale da parte di Macerata, in favore di Pamela, che, al dunque, poteva essere la figlia, la sorella, la nipote, l’amica di tutti. Non sono certo mancate, a livello individuale, le parole di conforto, gli attestati di stima e le manifestazioni di vicinanza: sono state e continuano ad essere davvero tante. Ma, a livello “macroscopico”, salvo una fiaccolata iniziale, per la quale va il ringraziamento della famiglia agli organizzatori ed ai partecipanti, è mancato, innanzitutto, ad oggi, quel coinvolgimento politico che, ad esempio, vi è stato a Firenze».
E qui la famiglia su Carancini dice che «ha taciuto su tutta la linea. Anzi, no: ha partecipato in pompa magna alle manifestazioni antifasciste ed antirazziste promosse nella sua città, rimanendo però oscuro a milioni di italiani, e probabilmente ai maceratesi stessi, il nesso tra quanto accaduto a Pamela e fenomeni morti e sepolti nel secolo scorso, più di sessanta anni fa. Ma qualcosa, finalmente, inizia a muoversi, in quella città (che, attraverso numerosi contatti privati, mostra la voglia di riscatto, unita però quasi ad una ombrata paura di farlo) come in altre. In alcune, sono state apposte delle targhe, in altre si svolgeranno, nei prossimi giorni, dei cortei silenziosi, e via dicendo. Ma è ancora troppo poco: le coscienze si devono davvero svegliare. Quel che è certo, Pamela, che Roma, la tua città, non ti abbandona, e sarà numeroso il suo popolo, così come i tuoi amici e, naturalmente, la tua famiglia, a partecipare alla fiaccolata in tuo ricordo».
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Ma un po’ di sano silenzio su questa tragica vicenda nn sarebbe la cosa più giusta da fare? Mah…
@ Stefano Florentino
Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo. (Primo Levi)
Le dichiarazioni riportate nell’articolo riprese da un commento su facebook sono piene di sofferenza e di tante verità, noi Maceratesi siamo vicini alla famiglia di Pamela e ci ritroviamo sabato 24 marzo alle ore 15.30 ai Giardini Diaz.. insieme a noi manifesteranno nello stesso momento in altre città, come a Torino e Padova.
In questo modo per qualche ora si darà fastidio agli spacciatori!
Lacietelu stà a Carancì che ha avuto uno sprazzo di dignità con le slot machine