Preghiere per Pamela,
le comunità di stranieri:
«Macerata non meritava questo»

INSIEME - Chiese da diverse parti della provincia e della regione si sono ritrovate nel teatro Don Bosco per un pomeriggio di condivisione, in ricordo della 18enne romana. Sammy Kounoun, nigeriano, presidente Anolf: «Condanniamo più i nostri che Traini»

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di Federica Nardi

(foto di Fabio Falcioni)

«Macerata ci ha accolto, non meritava questo. Noi non odiamo nessuno, preghiamo per Pamela, per la sua famiglia. Per Luca Traini e la sua famiglia. E preghiamo per Innocent, Desmond e Lucky. Ma condanniamo più i nostri che Traini». Sammy Kounoun è il responsabile dell’Anolf di Macerata, un’associazione di migranti che fa capo alla Cisl. E’ stato lui oggi pomeriggio, insieme a Daniel Amanze dell’Acsim, a riunire comunità provenienti da diversi luoghi della provincia per ritrovarsi nell’auditorium Don Bosco. «Quando ho saputo di Innocent – racconta Kounoun – mi sono sentito male, ho provato vergogna, come se fossi stato io. Ero allibito. Non lo conoscevo, non è mai venuto nella nostra sede, persone come lui a volte sono invisibili».

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Sammy Kounoun

La comunità nigeriana doveva già incontrarsi il 3 febbraio per ricordare Pamela Mastropietro, la 18enne romana per la cui morte sono accusati tre nigeriani: Innocent Oseghale, Desmond Lucky e Lucky Awelima. Ma quella stessa mattina Traini ha messo in atto un raid a colpi di pistola contro le persone di colore, gettando Macerata nel panico per due ore.  Così la data è slittata a oggi. Presenti le comunità cristiane nigeriane, ma non solo. Una fetta di abitanti, italiani e stranieri, provenienti anche da fuori Macerata e che hanno scelto di «mettere da parte le differenze e mettere insieme quello che ci unisce», racconta Kounon, parafrasando l’appello che venerdì don Offor Eugene Ikecchukwa (chiamato da tutti don Eugenio), ha rivolto alle diverse chiese cristiane coinvolte nell’iniziativa di oggi pomeriggio. Due ore di preghiera, canti e accorati appelli per ritrovare un senso di serenità dopo la morte di Pamela Mastropietro e il raid razzista di Luca Traini.

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Don Eugenio

«Questo – ha detto Kounon ai presenti – è il primo passo, che va anche oltre la chiesa, per sentirci comunità. Bisogna anche educare alla legalità, la chiesa non parla della legge. Oggi ci siamo ritrovati uniti, nessuno ha rifiutato l’invito e alcuni di noi si incontrano per la prima volta. Pamela ci ha fatto unire». Don Eugenio ha coordinato insieme a don Alberto Forconi della parrocchia di Santa Croce i vari interventi sul palco. «Purtroppo sappiamo quello che è successo a Pamela – ha detto don Eugenio -. Per questo ci siamo radunati qui. Siamo un popolo solo oggi, senza razza né cultura. Chiediamo il perdono del Signore per quello che è successo, ricordando quella ragazza uccisa in quel modo. Siamo vicini alla famiglia di Pamela e vogliamo dire loro che condividiamo tutto il dolore. Siamo qui per ascoltare la parola di Dio e non chiacchiere e propaganda che portano violenza».

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Faith Edhogbo

«Mia figlia oggi non voleva venire perché ha ancora un po’ di paura, ci vuole tempo – racconta Faith Edhogbo, pastore della Spirit and life family bible church di Tolentino -. Ma per me quello che è successo è assurdo, non c’era un clima di odio. Per Macerata è stato uno shock. Mio marito è qui dal 1980, io mi sono laureata e poi sono venuta a vivere qui (adesso vive a Tolentino con la famiglia, ndr). Le persone che hanno ucciso Pamela non sono come noi, sono criminali o hanno problemi, non lo so. Noi preghiamo per loro, non abbiamo mai odiato nessuno, nemmeno Traini».

 

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Don Alberto Forconi

Tante le voci che hanno cantato o pregato in questa occasione. Monica Marini, italiana e sposata con un nigeriano, ha parlato dell’incontro come «un ponte che unisce». Per Don Alberto è stata «l’occasione di imparare a conoscerci, a essere uniti e apprezzarci per lavorare insieme per la pace. Ci siamo riuniti per pregare per chi ha commesso errori clamorosi, tali da rendere Macerata una città fantasma. Per Pamela, per i feriti. Non vogliamo più avere paura di nessuno». Le preghiere e gli interventi sono stati in italiano, in inglese e in francese, per permettere a tutti i presenti di comprenderli. Fuori dal teatro i carabinieri  hanno sorvegliato l’incontro, sotto la neve fitta del pomeriggio.

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Al centro Daniel Amanze

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