Con la brutale uccisione di Pamela
è giunto da noi il peggio del mondo

LA DOMENICA DEL VILLAGGIO - Macerata non meritava questo imprevedibile salto nel male assoluto, ma la colpa non è sua quanto invece della crisi, dovunque, di tanti valori razionali e morali

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di Giancarlo Liuti

Stavolta Macerata ha vissuto un sabato talmente cupo, teso e percorso da vampate d’odio razziale che lasciava presagire chissà quali sciagure. Dalle 11,30 c’è stato un esagitato che ha perfino sparato contro alcuni “neri” ferendone sei. Tuttavia, nel giro di poche ore e per benevolenza del fato, questo pessimo “clima umano” è sembrato placarsi. E adesso speriamo che non ritorni. Ma attenti: le cause dell’indignazione popolare per tutto questo sono ancora presenti nel profondo delle coscienze e riguardano non soltanto la brutale uccisione di Pamela Mastropietro ad opera del nigeriano Oseghale, ma soprattutto – anzi, quasi esclusivamente – la circostanza per cui Pamela era italiana e bianca di pelle, mentre Oseghale è nigeriano e di pelle nera. Il problema è questo e secondo me è inutile girarci intorno per capirne le cause, che invece sono chiarissime.
Siamo sinceri: non è forse vero che se Pamela fosse stata ammazzata da un italiano, di tale delitto le televisioni e i giornali nazionali non se ne sarebbero occupati per giorni e giorni con straordinaria evidenza? Il fatto è che adesso la nefandezza di aver brutalmente ucciso qualcuno o qualcuna varia secondo il colore della pelle dell’assassino e il luogo più o meno degno di rispetto dal quale proviene. Sto dicendo sciocchezze? Mica tanto. Se in questo nostro mondo, che per tante ragioni sta diventando sempre più piccolo, ci perdiamo a giudicare le diversità perfino di etnia e non ci convinciamo dell’assoluta uguaglianza, se non nel corpo certamente nell’animo, fra tutti coloro che lo abitano insieme con noi, il nostro rischio è di vivere sempre più emarginati. La suprema virtù della ragione e della coscienza secondo la quale il Padreterno ci ha creato tutti uguali non l’abbiamo ancora completamente capita? Può darsi, purtroppo. Ma in essa si trova l’autentico senso di essere nati e, prima o poi, di morire. Non ce ne sono altri. E vi prego, cari lettori, di non perder tempo su queste mie parole, che, come s’usa dire, sono “dal sen fuggite” e non hanno un gran potere persuasivo.

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Pamela Mastropietro

Torniamo quindi alla quasi incredibile vicenda della diciottenne Pamela, che a me sembra di gran lunga la più atroce verificatasi, da sempre, a Macerata. Lei è stata non solo uccisa dal nigeriano Oseghale, ma lui l’ha tagliata in quattro “pezzi” e l’ha ficcata in due trolley che poi ha gettato, come spazzatura, nei campi. Ciò vuol dire che il peggio del mondo attuale è arrivato pure da noi che c’eravamo illusi di esserne risparmiati. Ma oggi, purtroppo, non esiste confine capace di fermare una violenza più cieca di quella di certe belve che definiamo feroci. Si uccide, e questo capitava pure in passato, ma sembra che adesso lo si faccia come qualcosa di ordinario. E giungo a dire che forse, In cuor suo, l’assassino non solo non se ne pente ma neanche se ne vergogna. Anzi, si augura che se ne parli in giro come avvertimento, ammonimento, minaccia verso i suoi contendenti.
In questa vicenda sembra di scorgere un appannamento del concetto di vivere e di morire che riguarda l’assassino ma, indirettamente e paradossalmente, anche la vittima. Chissà, forse dipende da un nuovo modo d’intendere oggi la vita, che, per la confusione e la precarietà regnanti in ogni valore etico ed estetico , molti di noi fatalisticamente ritengono non debba durare più di quanto si riesca a sopportarla, per cui si giunge perfino a non temere la morte. Forse la pensava così anche la povera Pamela, che a forza di drogarsi aveva spento ogni luce sul proprio futuro e inconsapevolmente procedeva verso una sollecita e definitiva resa dei conti con la sua esistenza. Ma a questo, adesso, sappiamo che ha provveduto, da criminale, il nigeriano Oseghale, uno spacciatore di stupefacenti nella cui casa Pamela s’era recata per rifornirsene e pare che lì abbia incontrato la morte.
Vi sono punti oscuri in questa tragica storia? Ce ne sono parecchi ed è per questo che le indagini stanno proseguendo. Ma c’è anche qualcosa di sin troppo chiaro e sta nel degrado sociale e civile in cui erano precipitati i due protagonisti, Pamela e Oseghale. Per colpa loro? Certamente sì, ma non del tutto. A com’è fatta l’attuale società e a quali miseri principi talvolta si ispira non ci pensiamo mai? E invece bisogna pensarci seriamente perché queste “bolle” di male assoluto stanno aumentando nel numero e peggiorando nel come.
Adesso mi par di capire che la nostra opinione pubblica metta soprattutto in evidenza la “pelle nera” del nigeriano e l’urgenza di porre un freno, da noi, alla presenza dei cosiddetti “migranti”. E’ un problema anche questo, intendiamoci. E difficile, se non quasi impossibile, da risolvere. Ma diamo uno sguardo a come noi stessi abbiamo “modernizzato” la nostra società nel concedere troppo spazio all’individualismo, all’egoismo e alla pericolosa sottovalutazione di certi fenomeni di scollamento sociale e civile che almeno in parte, con un po’ di buona volontà, avremmo potuto e possiamo arginare. Altrimenti di casi tragici come quello di Pamela – se penso a lei, mi s’inumidiscono gli occhi – ce ne saranno altri e Macerata finirà per perdere il consolante appellativo di “Civitas Mariae”.

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