L’avvocato Giuseppe Bommarito
di Giuseppe Bommarito e Marina Santucci
«L’immigrazione deve essere programmata. Chi esce dai progetti resta senza nulla e finisce in mano alla criminalità, preda della criminalità». E’ un’affermazione netta, che non lascia adito ad interpretazioni. A pronunciarsi così – si badi bene – non è il razzista di turno o qualche avvocato con la fissa della droga come di recente hanno scritto e fatto circolare con lettere anonime via blog alcuni interessati sostenitori della situazione attuale. No, la frase sopra riportata viene da quella vecchia volpe di Daniel Amanze, nigeriano, in Italia da oltre trenta anni, presidente dell’Acsim, che è, insieme al Gus e ad un altro paio di sigle, una delle onlus del terzo settore che erogano a Macerata e in provincia la solidarietà cinicamente a termine in favore dei migranti e soprattutto in favore dei loro bilanci milionari e molto poco trasparenti.
Marina Santucci
D’altra parte, la immane tragedia di Pamela e le operazioni a tappeto di polizia e carabinieri di queste giorni hanno evidenziato senza tema di smentite alcune cose, che solo un cieco o una persona in mala fede potrebbe non vedere. In primo luogo che a Macerata girava e gira un fiume di droga e che negli ultimi anni c’è stata al riguardo solo una colpevole sottovalutazione da parte di tutte le istituzioni in qualche modo coinvolte nel problema. Poi che lo spaccio al minuto e a cielo aperto di droga è da tempo in città prerogativa quasi esclusiva dei nigeriani.
Certo, non tutti i nigeriani presenti in città spacciano, e a spacciare non sono solo i nigeriani: i pakistani, ad esempio, hanno un loro giro, molto meno evidente, di spaccio di eroina, mentre gli albanesi operano maggiormente da grossisti e curano l’arrivo sulla costa di grossi carichi di eroina e di cannabis; e poi c’è anche una quota, sia pure ridotta, di spacciatori italiani. Ma i nigeriani arrivati a Macerata in gran numero da qualche anno a questa parte sono quelli più dediti a questo traffico infame e soprattutto sono militarmente strutturati in una organizzazione che li dirige e che, oltre alla droga, gestisce la prostituzione, pure minorile, in città (quest’ultima rilevata recentemente anche dal consigliere Pd Bruno Mandrelli) e sulla costa, nonché l’accattonaggio organizzato dinanzi alle chiese e ai centri commerciali.
La dose acquistata
Possiamo chiamarla mafia nigeriana, oppure gruppo criminale organizzato composto in gran parte da nigeriani e stanziato da tempo a Macerata e provincia, ma la sostanza non cambia: questo stuolo ben organizzato ed eterodiretto di spacciatori, cresciuto sempre più nel tempo grazie anche a continui innesti e ricambi, sino a poco fa operava senza sosta e senza pietà, cedendo droga anche a ragazzini minorenni, in modo arrogante e impunito. E tuttora opera, anche se in maniera più coperta, come ha chiaramente dimostrato il reportage andato in onda nei giorni scorsi su “Quarto grado”: l’esca utilizzata dal giornalista per acquistare facilmente eroina aveva infatti in rubrica telefonica un elenco di ben 96 spacciatori nigeriani, tutti con il prefisso 351. Questo prefisso è di un operatore low cost, Leycamobile, utilizzato dai richiedenti asilo. Ebbene, è lecito pensare che, anche se non tutti i richiedenti asilo siano spacciatori, quei 96 spacciatori, o almeno una parte, siano richiedenti asilo?
Ciò detto, appare evidente che le istituzioni preposte al sistema di accoglienza dei migranti, anziché cercare di contrastare o almeno di limitare, per quanto poteva rientrare nelle loro competenze, la situazione di cui sopra, da molto tempo preoccupante e ben visibile a tutti, l’hanno di fatto agevolata, favorendo volutamente l’arrivo a Macerata di un numero abnorme e comunque sproporzionato di immigrati extracomunitari, parte dei quali, come sopra detto, alla fine o già nel corso dell’accoglienza, sono stati poi arruolati dall’organizzazione malavitosa nigeriana operante in città per lo spaccio a tempo pieno.
Per meglio capire quest’ultima considerazione, occorre però illustrare, sia pure a grandi linee, come opera il sistema di accoglienza dei migranti in Italia, e quali sono gli obblighi nonché le discrezionalità possibili degli enti preposti (le Prefetture e i Comuni) in merito all’accoglienza stessa. La prima accoglienza è coordinata dalle prefetture locali dei luoghi di arrivo e si basa sui centri di smistamento e identificazione, nonché sugli hub per i richiedenti asilo. La seconda accoglienza – quella che riguarda anche Macerata – è invece quella che porta i migranti nelle varie città e li affida in prima battuta, pure in questo caso, alle prefetture di destinazione. Le prefetture interessate devono a questo punto provvedere all’istituzione dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), che oggi di fatto ospitano oltre il 70 per cento dei migranti arrivati in Italia, a seguito di accordi e contratti stipulati, dopo apposite gare, direttamente con imprese private, cooperative, alberghi e residence; e al contempo fanno pressione istituzionale sui Comuni della provincia affinchè gli stessi, per quanto non obbligati, attivino i cosiddetti Sprar (Sistemi di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati), consistenti in buona sostanza in progetti autonomi e volontari di accoglienza.
Il meccanismo, in concreto, come è inevitabile, presenta molte lacune ed evidenti diseguaglianze territoriali, tanto che lo stesso Mario Morcone, capo dipartimento immigrazione del Viminale, ha di recente sostenuto: «La mappa dell’accoglienza italiana è a macchia di leopardo, senza una logica. Lo dicono i numeri. Su 8.000 sindaci solo 2.600 ospitano i migranti. E tra questi, quelli che hanno attivato volontariamente i progetti Sprar dell’accoglienza diffusa sono meno di mille. Pochi sindaci si prendono la responsabilità di essere loro stessi a portare i migranti sui propri territori». L’unica cosa certa, dopo l’accordo siglato fra l’associazione dei Comuni italiani (Anci) ed il ministro dell’Interno Minniti nel settembre 2017, riguarda la quantificazione del numero dei migranti che ciascun Comune può accogliere: 2,5 migranti per ogni mille abitanti, una percentuale ritenuta assolutamente ragionevole e priva di contraccolpi sul tessuto urbano delle varie città. Per spingere i Comuni ad attivare gli Sprar, l’accordo prevede inoltre un’incentivazione economica (500 euro una tantum per ogni migrante accolto) e l’esonero da ulteriori invii da parte delle locali prefetture laddove tale soglia sia stata raggiunta. Le stesse prefetture, se uno o più Comuni si rifiutano di ricevere migranti, possono infine procedere d’imperio, attivando bandi propri e imponendo richiedenti asilo agli enti comunali “riottosi”. In sostanza: tutti i Comuni, per giungere ad un equilibrato piano di riparto e di accoglienza dei migranti, dovrebbero accogliere, o tramite “imposizione prefettizia” o per scelta tramite propri progetti Sprar, non più di 2,5 migranti per ogni mille abitanti; in realtà, due terzi degli ottomila Comuni italiani in via di fatto si sottraggono del tutto a tale ripartizione diffusa. I Comuni che tuttavia procedono volontariamente a programmi Sprar, gestendoli poi in sinergia con soggetti del terzo settore, dovrebbero essere garantiti sul fatto che il rapporto 2,5 migranti per ogni mille abitanti non sarà in ogni caso superato.
A destra Daniel Amanze
Detto questo, veniamo al “punctum dolens”, cioè alla città di Macerata. Il Comune, mostrando encomiabile sensibilità verso persone che arrivano in Italia sprovviste di tutto, forse anche per incassare il bonus di 500 euro una tantum per migrante e forse ancora di più per assecondare la fortissima pressione politica proveniente dalle associazioni della solidarietà cinicamente a termine (la principale delle quali – come è risaputo “urbi et orbi” – è politicamente omogenea alla maggioranza che governa Macerata ed è così potente, pure a livello economico, da condizionarla in lungo e in largo, anche grazie ad una politica delle assunzioni e delle collaborazioni ben mirata), ha ritenuto di attivare volontariamente alcuni progetti Sprar (Macerata Accoglie, Mosaico, ecc.), e fin qui, almeno in apparenza, nessun problema. C’è tuttavia un “però” grosso come una casa. In base al suddetto accordo Anci/ministero dell’Interno, la quota spettante a Macerata, che ha circa 42.000 abitanti, sarebbe stata di 105 migranti, o poco più: 2,5 migranti per mille abitanti.
Paolo Bernabucci, presidente del Gus
Ebbene, il Comune di Macerata, senza far valere la clausola di salvaguardia, anzi, a sua volta rilanciando ulteriormente (come di seguito si vedrà), ha consentito che in città si sovrapponessero programmi Sprar e bandi prefettizi per i Cas, superandosi così in città di quasi tre volte la quota consentita dei 2,5 richiedenti per mille abitanti. Risulta infatti che, nell’ottobre 2017, proprio a ridosso dell’inferno scoppiato con le vicende di Pamela e di Luca Traini, secondo lo stesso assessore comunale competente, a Macerata, tra programmi gestiti direttamente dalla Prefettura e programmi Sprar, i soggetti accolti nei progetti di assistenza fossero, anziché 105 o giù di lì, ben 373. E di questi 373 soggetti, 272 ospitati o destinati ad essere ospitati nei Cas gestiti dalla Prefettura e 110 nei programmi Sprar del Comune, questi ultimi aumentabili però fino a 165 unità (questa è notizia di questi giorni, successiva quindi alle tragiche vicende maceratesi, per cui anche in questo caso può dirsi che non c’è peggior sordo di chi, nonostante il crescente allarme sociale e i terribili fatti di cronaca che si sono succeduti fra fine gennaio e inizio febbraio, proprio non vuole sentire), per cui si arriverebbe ad un totale di circa 420 richiedenti asilo e rifugiati, quasi quattro volte al di là di quello che è stato individuato come il giusto equilibrio tra migranti accolti e popolazione residente.
Il sindaco Romano Carancini
Ma il discorso non si ferma qui, perché il numero dei soggetti migranti presenti a Macerata, già abnorme, si gonfia ulteriormente, ed in maniera incontrollabile, per la presenza in città di numerosi clandestini, ovviamente mai rilevati, e, almeno in parte, di tutte quelle persone che sono state espulse dai programmi per mancanza dei requisiti o per violazione delle regole di ingaggio, oppure che hanno completato i programmi stessi (tutte sostituite a tempo record dalle onlus “solidali” con nuovi richiedenti asilo, per non perdere il relativo finanziamento) e poi sono state lasciate in mezzo alla strada praticamente quasi in mutande, destinate a perdersi nel sottobosco dell’accattonaggio e della delinquenza. Ed è proprio in questo bacino amplissimo di disperati, portati a Macerata dal Comune a gestione caranciniana e dalla Prefettura nella piena consapevolezza di superare ampiamente la percentuale prevista di migranti, che, allorchè la pelosa solidarietà ben remunerata alza le mani e si gira cinicamente dall’altra parte, entra in scena la criminalità organizzata, nigeriana e non, la quale ha praticamente a disposizione un esercito crescente e sempre rinnovabile di persone allo sbando per gestire a livello cittadino lo spaccio di droga a tappeto e a getto continuo (ma anche la prostituzione e l’accattonaggio molesto e a volte violento).
La manifestazione organizzata dal Comune “Macerata libera”
Eppure il Comune era perfettamente a conoscenza del fatto che ogni programma, sia alla fine che nel corso dello stesso, lascia diverse persone allo sbando, fonte ovvia di illegalità diffusa, tanto che lo stesso sindaco, su Radio 24, ha parlato nei giorni scorsi di “fuoriusciti che creano sacche di criminalità”, così come era perfettamente a conoscenza del fatto che ogni nuovo arrivato va di fatto a sommarsi nel territorio a chi dai programmi è già uscito. Un effetto sommatoria ad elevato grado di pericolosità sociale, quindi, ben evidente negli ultimi anni. Non a caso, sempre il buon Carancini, e non solo nelle ultime settimane, ha più di una volta parlato pubblicamente, riferendosi a coloro che escono dai programmi, di «vulnus del sistema», di «schegge impazzite all’interno delle comunità», di soggetti che «dovrebbero essere riaccompagnati alle loro terre». Salvo poi dimenticarsene, seguitando nel tempo ad alimentare il malefico e disastroso effetto sommatoria sopra descritto.
Così come lo stesso Carancini l’anno scorso si è stranamente dimenticato di segnalare alla locale Prefettura che a Macerata esistevano programmi Sprar che da soli accoglievano migranti in percentuale ampiamente superiore a quella prevista del 2,5 per mille abitanti. Sicché, in virtù della clausola di salvaguardia per la equilibrata distribuzione dei migranti, la stessa Prefettura, anch’essa evidentemente di memoria labile circa le clausole di calmieramento previste nei propri bandi, quando nel marzo 2017 ha attivato un’ulteriore gara europea poi vinta dal Gus per qualche milione di euro (quella che ha portato a Macerata i 272 migranti sopra specificati), avrebbe dovuto prevedere il nuovo Cas in un territorio comunale diverso da quello maceratese. Di questa dimenticanza, di questo ingiustificabile black out comunicativo, peraltro il sindaco, su questo versante ormai poco o nulla appoggiato dalla sua stessa maggioranza, è stato costretto a dare atto, a denti stretti, nella seduta del Consiglio comunale del 24 febbraio scorso, dichiarando che adesso, ma solo adesso (a guai grossi ormai avvenuti), provvederà a chiedere alla Prefettura l’attivazione della clausola di salvaguardia per la redistribuzione dei migranti in altri Comuni.
Vedremo. Resta il fatto che, per motivi che solo il sindaco Carancini può conoscere (ne ipotizziamo alcuni: incomprensione o sottovalutazione del fenomeno; totale sudditanza politica nei confronti del Gus e di altre associazioni; volontà di fare il “progressista” sulla pelle dei cittadini e degli stessi migranti fatti arrivare in eccesso nella città di Macerata e presto divenuti, almeno in parte, carne da macello per la criminalità), la vicenda dei migranti in sovrabbondanza e dello spaccio di droga a mille era andata decisamente fuori controllo ancora prima delle ultime tragiche vicende, sebbene proprio qualche giorno prima delle stesse l’assessore alla sicurezza avesse dichiarato che la situazione stava migliorando. In estrema sintesi, quindi, è necessario rivedere la politica dell’accoglienza in senso restrittivo, applicando alla città di Macerata la quota di migranti prevista dall’accordo Anci/Viminale ed evitando di approvare per gli anni a venire ulteriori progetti Sprar o similari, come invece si sta paventando. Infatti, come chiaramente dice la lettera di richiamo ai prefetti partita di recente dal Viminale, occorre, per garantire un’accoglienza degna e sostenibile, distribuire equamente i migranti tra tutti i Comuni italiani in proporzione al numero degli abitanti, in modo da evitare la costituzione di «enclave etniche con numeri troppo alti di richiedenti asilo. E’ necessario, puntare sull’accoglienza diffusa e programmata». Da questo punto di vista, per l’irresponsabilità politica dei propri amministratori, Macerata ha già dato, ed è ora di fare un passo indietro.
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Ed e’ anche colpa di quest’amministrazione comunale che non saputo controllare questo flusso degli extra-comunitari.
Il peggior sindaco degli ultimi 50 anni appoggiato da una penosa giunta di sinistrati che non sentono ne vedono. Chiedete scusa e andate a casa. Avete devastato la nostra città.
Facciamo lavorare in pace, e attrezziamoli, Agenzia delle Entrate e GdF. Ci pensano loro.
Oggi ho letto una frase dello scrittore portoghese Eça de Queiroz (1845- 1900), che comunque si mantiene attuale: I POLITICI SONO COME I PANNOLINI, BISOGNA CAMBIARLI SPESSO E PER LO STESSO MOTIVO.
E bravi, Bommarito e Marina Santucci insieme. Siete come una speranza d’acqua nel deserto.
La ricostruzione svolta dalla coppia Bommarito/Santucci appare assai lucida e convincente. Riterrei interessante, se non dovuta, una replica del Sindaco. Un contraddittorio pubblico lo troverei Particolarmente Democratico e rispettoso della cittadinanza compreso chi, per il lavoro che svolge, si trova giornalmente a contrastare il crimine.
Nicola Lalla – Segretario Provinciale Sindacato di Polizia Coisp
@Nicola Lalla. per quanto riguarda il contraddittorio pubblico sul tema della sicurezza, credo ci sarà a breve, visto che i consiglieri dell’opposizione hanno chiesto un consiglio Comunale Aperto. La Consigliera Dei 5 stelle, Carla Messi, ha inoltre aggiunto che verrà invitato anche il Prefetto. Il Presidente del Consiglio Pantanetti ha inoltre assicurato, durante l’ultimo Consiglio comunale, che il confronto pubblico avverrà a breve e comunque entro i limiti temporali previsti dal vigente regolamento comunale, ovvero 30 giorni.
Tutto bene, l’unico concetto poco convincente è racchiuso nell’espressione ‘totale sudditanza politica nei confronti delle cooperative’: beh, non è possibile, significa disistimare il sindaco.
Ringrazio, anche a nome di Marina, tutti gli intervenuti, e, in particolare, Tamara e Nicola Lalla.
A Nicola vorrei dire che le sue considerazioni sono molto importanti, giacchè le irresponsabili scelte dell’Amm.ne Com.le, che hanno oggettivamente creato una situazione di forte disagio cittadino e di elevatissima pericolosità sociale (poi purtroppo sfociate nelle tragiche vicende di Pamela e di Luca Traini), si sono riflesse anche sulle forze dell’ordine, esponendo pure queste ultime a rischi maggiorati nell’espletamento del loro difficile lavoro.
Quanto al confronto pubblico auspicato da Nicola, ben venga, ma personalmente sono certo che non verrà. Il nostro Sindaco, infatti, quando si tratta di rispondere a critiche motivate e dettagliate, espresse non in forma anonima, ma con tanto di nome e cognome, preferisce non rispondere, togliere il saluto e insultare; e inventarsi la favoletta della Macerata finalmente libera.
Per Giuseppe: il consiglio comunale aperto è stato richiesto, è regolamentato, pantanetti si é esposto in consiglio dicendo ” lo faremo”. Dici che non lo faranno? Arriveranno a tanto? Chi vivrà…
Il prefetto dovrà quanto meno informare di ciò il ministro dell’interno, è ovvio. Ci andrà?
Arrivo sempre fra gli ultimi, anche perché abito a Montecassiano, ma mi basta scorrere le notizie di C. M. di un giorno qualsiasi, oggi ve ne sono ben altre quattro relative allo spaccio, come pure i quotidiani locali, per dedurne che la situazione sia diventata esplosiva. Poi, anche chi doveva impedire che le cose degenerassero a tal punto, si meraviglia che le recenti elezioni abbiano, per la prima volta, premiato partiti diversi dai soliti, e no sarà che l’inizio. Voglio anch’io ringraziare Giuseppe e la signora Santucci per la puntuale disanima del fenomeno, sperando che i loro sforzi, servano ad affrontare e risolvere tali problemi nell’interesse di tutti.
A questa lucida ed esaustiva disamina aggiungo una considerazione:
oggi in città sembra proprio che sia cambiato qualcosa (meno balordi in giro, meno bivacchi, più controlli nelle associazioni, ecc.), questioni che la politica ed il Governo della città doveva affrontare prima, quando da più parti gli veniva richiesto.
Oggi addirittura sentiamo parlare di espulsioni vere e non di consegna in mano di un foglio di via.
“Immigrazione controllata” senza cura ed attenzioni da parte degli Enti locali, da parte della Prefettura e senza espulsioni degli irregolari è una contraddizione in termini e, purtroppo, è quello che è accaduto.
Ricordo, allora, che il provvedimento di espulsione è dalla Corte di Cassazione ritenuto un “provvedimento obbligatorio a carattere vincolato” che si fonda sulla revoca, annullamento o mancato rinnovo del permesso di soggiorno e non consente al giudice dinanzì al quale viene impugnato di valutarne discrezionalmente la fondatezza (del provvedimento di espulsione stesso).
Lo Stato che non è in grado di mettere in esecuzione il provvedimento di espulsione è uno Stato che non è in grado di gestire in modo coerente il fenomeno dell’immigrazione.
A Macerata si è pensato ad accogliere, perfino oltre i limiti suggeriti dal Ministero, ma è stata affrontata con leggerezza la gestione dell’accoglienza. Ora, per restituire credibilità al sistema, si devono sospendere i programmi e ripartire dal rispetto scrupoloso della legalità.
Per Marina
Il Consiglio Comunale aperto lo faranno, ma non è quello un reale momento di confronto con l’opinione pubblica. Nel Consiglio Comunale aperto parlano solo i consiglieri comunali e viene consentito qualche breve e contingentato intervento di qualcuno del pubblico. Anche solo per ascoltare, c’è spazio solo per pochissime persone. E’ solo una passerella istituzionale ammantata di partecipazione.
Il pubblico dibattito al quale pensava Nicola Lalla è un incontro al quale chiunque può essere in grado di partecipare e di intervenire.
Sul fatto che la tragica morte di Pamela e il folle gesto del nazista Traini abbiano drammaticamente e violentemente fatto emergere il problema droga già presente da tempo nella nostra città non ci sono dubbi. Sul fatto che ci siano state responsabilità politiche ed istituzionali non ci sono dubbi. Sul fatto che denunce e segnalazioni fatte da tempo sono state ignorate ed etichettate come falsi allarmismi non ci sono dubbi. Come è altrettanto vero che sono in atto tentativi di far ripiombare la nostra città in uno stato di sonnolenza e di indifferenza che tanti danni hanno provocato alla nostra comunità. E allora? Abbiamo una occasione storica per fare luce sulla politica dell’accoglienza sulle responsabilità delle Associazioni sulla grave mancanza di strumenti di prevenzione sulla sottovalutazione del fenomeno da parte delle Istituzioni. Manifestazioni antifasciste e anti razziste ok ma a quando una manifestazione con migliaia di persone che gridano no alla droga che chiedono rispetto della legalità e certezza della pena ? Forse non ci siamo ancora resi conto che il fenomeno è grave e che siamo in notevole ritardo per limitare danni altrimenti irreversibili. Alziamo la testa collaboriamo con le Istituzioni e forze di polizia evitando facili speculazioni con l’unico obiettivo di evitare che giovani e giovanissimi siano sempre più le vere vittime di questo degrado sociale ed ambientale. Se Macerata è diventata una piazza importante per lo spaccio è perché evidentemente è stata scelta dalla criminalità per la sua proverbiale tranquillità e perché i clienti ci sono e sono tanti.
quando l’Italia diventerà un paese mussulmano,perchè continuando così lo diventerà,avremo risolto il problema della droga
Complimenti agli autori Bommarito/Santucci per la dettagliata ricostruzione della situazione in cui verte la nostra città, l’articolo è esaustivo e ritengo colga appieno il nocciolo del problema.
Gentilmente, ora l’amministrazione di maggioranza non venga a parlare di “strumentalizzazione politica” o “teatrino strumentale” o “propaganda politica”, come si é vergognosamente sentito affermare nello streaming disponibile in rete del consiglio del 06 marzo: basta con la parola “strumentalizzazione” e la parola “politica”, questa di cui si parla è realtà, è quotidianità vera, tangibile, della politica non ce ne frega niente, ed è una realtà talmente sentita dai cittadini sulla loro pelle, nelle loro ossa, da aver determinato l’affossamento del PD alle elezioni di domenica.
Ma come si fa a parlare ancora di strumentalizzazione e a negare l’evidenza dei fatti dopo la batosta di domenica??? Ma quale altro messaggio più forte e più chiaro di quello di domenica serve per capire cosa chiede la cittá?
Credo che se la città avesse ospitato dei profughi VERI, famiglie siriane ad esempio, ci sarebbe stata una gara di solidarietà, in linea con la natura dell’indole marchigiana. E non ci sarebbe stata delinquenza importata. Ma non è così.
Ci basta la nostra di delinquenza, quella italiana, non abbiamo bisogno dei rinforzi. E non si venga a dire che delinquono anche gli italiani: è certamente vero, ma i nostri sono delinquenti nazionali e purtroppo dobbiamo tenerceli, se ne “accogliamo” altri dall’estero è chiaro che la probabilità di accadimento dell’evento delittuoso/illecito CRESCE. È matematica, non è politica.
E li manteniamo pure a nostre spese.
Ottima analisi che merita un bel voto: 10. Ma un po’ di responsabilità da parte nostra ce la vogliamo prendere? Chi sono gli acquirenti di quel fiume di droga che arriva in provincia? Chi sono i frequentatori dei minori che si prostituiscono? Chi sono gli acquirenti dei prodotti contraffatti? Non di certo pakistani, nigeriani o albanesi. La criminalità opera come un supermarket: domanda – offerta. Più c’è domanda, maggiore è l’offerta. Qualche volta la nostra società perfettina favorisce la criminalità. In età giovanile ho vissuto in una città ove l’illegalità è giustificata dalla disoccupazione. Quando si acquistava la nuova auto, il primo pensiero andava all’autoradio, ci si poneva alla ricerca del modello preferito provvedendo all’acquisto di una bella autoradio rubata. Successivamente al bar si commentava l’ultimo articolo di un noto quotidiano che citava: “ La città di *** detiene il primo posto per furti di autoradio.” Per demolire l’illegalità è necessario essere i primi cultori della legalità. È difficile ma non impossibile. Tommyg