I furbetti della Regione e del biogas
dopo la sentenza della Corte Costituzionale

Le autorizzazioni concesse in base alla legge regionale dichiarata incostituzionale vanno annullate, e non “resuscitate”

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L'avvocato Giuseppe Bommarito

L’avvocato Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito

A volte in Italia non basta nemmeno la Corte Costituzionale per riportare le cose sui binari della legalità. Fa testo in questo senso anche l’allucinante vicenda delle centrali a biogas delle Marche autorizzate in fretta ed in furia dal 2012 in poi da conferenze di servizi paurosamente sbilanciate verso gli interessi dei biospeculatori, tanto da portare nello scorso mese di marzo pure all’apertura di un clamoroso procedimento penale da parte della Procura di Ancona che ha coinvolto alti funzionari della Regione, (pseudo)imprenditori del settore e professionisti di appoggio, legati da imbarazzanti regali e da consulenze e partecipazioni societarie incrociate.

Tutto, persino le pronunzie del massimo organo giudiziario del nostro Paese, quello che giudica sulla costituzionalità delle leggi dello Stato e delle Regioni, sembra infatti scivolare via senza scalfire le aspettative di guadagni colossali e tipicamente speculativi dei grandi manovratori del biogas marchigiano (ogni impianto da 999 kilowatt può fruttare circa 30 milioni di euro nell’arco di 15 anni), ben sostenuti, come sempre, dai loro potenti referenti politici regionali.

biogas 000Riepiloghiamo velocemente la vicenda a partire dalla fine del mese di maggio 2013, allorchè viene finalmente pubblicata la sentenza n. 93/2013 della Corte Costituzionale, chiamata a valutare, su impugnativa non di qualche ambientalista particolarmente arrabbiato e nemmeno di qualche comitato locale costituito per difendere il proprio orticello, ma della stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri (il capo del governo era all’epoca Mario Monti), la costituzionalità di diversi aspetti della legge 26 marzo 2012 n. 3 della Regione Marche, quella velocemente cucinata e cotta dai nostri solerti legislatori marchigiani e servita su un piatto d’argento agli interessati su input del Presidente Spacca e degli assessori della malefica triade del biogas: Sara Giannini, Paolo Petrini e Sandro Donati (nel frattempo il secondo è stato promosso deputato e l’ultimo è stato invece estromesso dalla Giunta, a mo’ di capro espiatorio, ma tra poco sarà recuperato – almeno così si è letto in questi giorni – come una sorta di alter ego dello stesso Spacca).

Una batosta colossale per la Regione Marche. La Corte Costituzionale ha infatti reputato incostituzionale, nella norma regionale che ha consentito di escludere dalla VIA (valutazione di impatto ambientale) tutte le centrali a biogas nel frattempo autorizzate, che si potesse tenere conto solo della potenza degli impianti, ovviamente tarata sulla massima redditività degli aspiranti produttori di energia tramite il biogas, e non di altri parametri posti dalle specifiche direttive europee (ed anche dal semplice buon senso), ad esempio la densità di popolazione, la vicinanza con i centri abitati, con scuole, luoghi di culto, parchi naturali, alberghi, bar, ristoranti, altri impianti similari. Altrettanto incostituzionale, sempre secondo la Corte, la clamorosa violazione, consentita anch’essa dalla legge regionale n. 3/2012, degli obblighi informativi e di trasparenza idonei a consentire l’effettiva partecipazione ai relativi procedimenti del “pubblico interessato” alle decisioni da prendere in materia ambientale e di collocazione dei vari siti.

In una parola, la Corte Costituzionale ha ritenuto la nostra beneamata Regione, in una questione di grandissima importanza, colpevole di violazioni grossolane e palesi ai più elementari principi ambientali e di effettiva partecipazione dei cittadini. Per fare un esempio calzante con i nostri politici infilzati dalla Corte e però da sempre pronti a riempirsi la bocca di parolone come ambiente e trasparenza, è quasi come se un aspirante ingegnere fosse stato bocciato all’esame di laurea per non aver saputo dire quanto fa due più due.

biogasEppure i vari Comitati (sorti non contro il biogas in genere, ma contro quella versione esclusivamente speculativa del biogas voluta ed imposta a tutti i costi nelle Marche) avevano da tempo preavvisato della quasi certa incostituzionalità delle norme in questione; lo stesso Consiglio Regionale, dopo l’impugnazione della legge n. 3/2012 da parte del governo centrale, aveva invano cercato per ben due volte di sospendere almeno i procedimenti autorizzativi in corso; la Coldiretti, da parte sua, aveva ripetutamente smontato la favoletta amena dell’utilità per l’agricoltura nostrana dei megaimpianti da 999 kilowatt e molti esperti avevano chiarito i gravi danni per l’ambiente destinati ad essere creati – ovviamente in nome dell’ambiente – da questi mostri verniciati di verde. E diversi osservatori non avevano mancato di evidenziare che tutta questa storiaccia del biogas appariva a vista come volutamente studiata a tavolino, a monte, prima ancora di sbarcare in Regione e di tradursi in provvedimenti legislativi esclusivamente e sfacciatamente favorevoli ai biospeculatori, attratti da un affare enorme che, dietro lo scudo politicamente corretto della green economy e delle energie pulite e rinnovabili, garantiva complessivamente a lorsignori contributi pubblici per oltre 600 milioni di euro, a fronte di investimenti di poco superiori a 100 milioni di euro.

Insomma, una tegola grossa come una casa sulla testa dei vertici regionali, al punto che sarebbe stato logico, tranne che per la nostra classe politica, attendersi clamorose dimissioni, soprattutto da parte dell’uomo di Fabriano che, con cipiglio veramente degno di miglior causa, nel momento più alto dello scontro era giunto addirittura a minacciare la crisi in Regione se fosse passata la sospensione dei procedimenti autorizzativi in corso e in un incontro pubblico aveva furiosamente urlato ad un gruppo di cittadini che lo stavano contestando: “Le centrali a biogas ve le dovete tenere, e basta!”.

Invece niente dimissioni, neanche ipotizzate. Nessuno però pensa nel frattempo di revocare le autorizzazioni già concesse sulla base delle norme dichiarate incostituzionali, sebbene poco dopo anche il TAR Marche, proprio su tale presupposto, annulli l’autorizzazione riguardante la centrale di Camerata Picena. In definitiva, si cerca in qualche modo di parare il colpo, e quindi si inizia a farfugliare di una normativa regionale in materia che a questo punto sarebbe addirittura peggiorativa rispetto a quella di altre regioni. Viene comunque istituita una Commissione di inchiesta tuttora in funzione, di cui forse a breve – almeno speriamo – si conosceranno i risultati. Le conferenze dei servizi per le ulteriori autorizzazioni proseguono intanto gli incontri, peraltro cercando di limitare anche la presenza di taluni consiglieri regionali presentatisi in appoggio ai Comitati locali. Addirittura dai palazzi regionali esce una proposta di legge, poi per fortuna rimasta al palo, che propone di attribuire la VIA ai Comuni, notoriamente non attrezzati a livello di personale e di competenze per una verifica del genere. Infine, per attenuarne la posizione di appoggio ai vari Comitati in precedenza più volte manifestata, viene deciso in occasione di un recente rimpasto l’ingresso nella Giunta regionale di Paola Giorgi, sino a quel momento, dal fronte della stessa maggioranza di centrosinistra, molto critica sulla vicenda del biogas nei confronti delle assurde posizioni dell’esecutivo Spacca.

Non mancano nel frattempo nemmeno le sorprese annunciate. In alcune delle centrali autorizzate grazie alla famigerata legge regionale n. 3 del 2012, a Loro Piceno, a Morrovalle, a Bivio Cascinare, si verificano, oltre a rumori molesti ed emissioni maleodoranti, pure sversamenti di sostanze varie nei corsi d’acqua sottostanti, con un pesante impatto negativo a livello turistico anche a Civitanova Marche, ove centinaia di sbigottiti ed inferociti turisti (non parliamo poi degli esercenti degli chalet) si trovano in piena estate a contemplare un bel tratto di mare all’improvviso divenuto color marrone e quindi subito precluso alla balneazione.

Tutto questo accade mentre la Giunta ed i competenti uffici regionali seguitano a fare il pesce in barile sulla questione delle questioni: la sorte delle circa quaranta autorizzazioni concesse sulla base della legge regionale n. 3/2012 prima che la Corte ne dichiarasse l’incostituzionalità per i profili sopra precisati. Tanto che i nostri bravi bio-imprenditori speculativi, come se nulla fosse e dando prova di una notevole faccia tosta, dopo aver costruito in fretta ed in furia le centrali a biogas autorizzate ancora più in fretta e furia e senza VIA dalle conferenze dei servizi, stanno presentando alla Provincia territorialmente competente le istanze affinchè ora si dia corso al procedimento di VIA (quel procedimento che essi – si badi bene – cautelativamente avrebbero potuto chiedere in via autonoma anche prima).

In buona sostanza, oggi, con un illegittimo procedimento di VIA per così dire postuma che porterebbe ad un fantasioso “rinnovamento” dell’autorizzazione già rilasciata, si cerca di sanare a cose fatte quei procedimenti allora attivati sulla base di una normativa regionale sulla quale già pendeva, a partire dal maggio 2012, l’impugnativa del governo centrale dinanzi alla Corte Costituzionale. Procedimenti che la sentenza di incostituzionalità ha invece del tutto azzerato e che quindi oggi non possono essere resuscitati.

E la Regione anche in questo caso fa da spalla amorevole, preoccupata com’è che partano, nei riguardi dell’ente, nonché, anche a titolo personale, nei confronti dei vertici regionali e dei solerti funzionari protagonisti delle autorizzazioni concesse a velocità supersonica, pesantissime richieste di risarcimento danni da parte di Comuni, Province, cittadini interessati e, al limite, anche di alcune delle stesse società che avevano presentato le istanze di autorizzazione.

Un bel guazzabuglio, certo, ma è innegabile che il Presidente Spacca e gli altri assessori della triade del biogas se la siano cercata, che si siano colpevolmente e consapevolmente infilati in  quello che sin dall’inizio appariva come un vicolo cieco, e che abbiano perseverato nella cattiva strada nonostante i reiterati e motivati inviti in corso d’opera a cambiare direzione.  

Ed ora, ancora una volta, sempre e comunque in violazione di elementari principi di diritto, a rimetterci dovrebbero essere i cittadini interessati e a guadagnarci le imprese furbette del biogas, che a questo punto vengono legittimate dalla nostra Regione a ripartire dal punto in cui erano arrivate, anziché essere costrette – come dovrebbe essere a norma di legge – a ricominciare la pratica sin dall’inizio.

E – fate bene attenzione – mentre invochiamo (come hanno già fatto i coordinamenti dei vari Comitati) l’annullamento delle autorizzazioni rilasciate sulla base di una norma dichiarata incostituzionale, non stiamo parlando di una mera facoltà, ma di un atto dovuto, di un vero e proprio dovere della pubblica amministrazione regionale.

Oggi la Regione, volente o nolente, ha degli obblighi ben precisi: fermare l’attività  nelle centrali a biogas eventualmente già avviate, essendo esse ormai, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, prive di qualsivoglia autorizzazione; e poi ordinare la dismissione degli impianti già realizzati e la rimessione in pristino (teoricamente garantita dalle fideiussioni presentate dalle imprese del biogas). Degli incentivi, ovviamente, neanche a parlarne.

Questo è  quanto impongono senza ombra di dubbio la più volte citata sentenza della Corte Costituzionale, nonchè numerosissime pronunzie del Consiglio di Stato, di diversi TAR ed anche della Corte di Giustizia Europea, tutti concordi nel ritenere che è assolutamente impossibile praticare una VIA postuma per regolarizzare autorizzazioni annullate proprio per la mancanza della stessa VIA. Questo è quanto, a pena di incorrere in ulteriori responsabilità di natura anche penale, impone la tutela correttamente intesa dell’ambiente e della pubblica incolumità. Tutto il resto è fuffa, è solo un maldestro tentativo di salvare capra e cavoli, sempre e comunque, però, ai danni dei cittadini.

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