In prima linea contro il Covid-19
Tappatà: «Mancano i ventilatori,
viviamo una situazione di guerra»

IL DRAMMATICO racconto del medico, volto storico della direzione di Rianimazione e Medicina d’urgenza dell’ospedale di Macerata: «Stiamo vivendo la situazione peggiore della nostra storia e ci troviamo a dover gestire al meglio, ottimizzandole, le poche risorse che abbiamo. Quando arrivano pazienti da intubare occorre valutare bene e ponderare le scelte per via della discrepanza tra numero di persone e attrezzature disponibili»

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L’ospedale di Macerata con i nuovi container pre triage

 

di Luca Patrassi

Giuseppe Tappatà è il volto storico della direzione della Rianimazione e della Medicina d’urgenza dell’ospedale di Macerata e dell’Area Vasta 3. Ha 40 anni di servizio, gli mancano due mesi alla pensione, sarebbe anche in ferie ma lui è al posto di lavoro, come sente di dover fare in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo da alcune settimane.

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Giuseppe Tappatà

«Nonostante i miei quaranta anni di esperienza – racconta il medico – sto vivendo una situazione completamente nuova, vero è che i media ci informano ora per ora su tutto, ma il mio punto di vista ospedaliero mi permette di cogliere aspetti finora mai emersi nell’ambito della terapia intensiva. Sono cambiati gli approcci e i modi di rapportarsi ai pazienti per l’assistenza e ai familiari per le comunicazioni. Mancano i ventilatori, i dispositivi di protezione ci sono con il contagocce e questi sono problemi esistenti in tutto il territorio nazionale e non solo da noi. Stiamo vivendo la situazione peggiore della nostra storia e ci troviamo a dover gestire al meglio, ottimizzandole, le poche risorse che abbiamo, lo facciamo sulla base delle direttive che riceviamo tutti i giorni con gli aggiornamenti del caso legati alle strutture e al personale. La difficoltà c’è anche nel rapporto con i familiari dei pazienti, non sono ammesse visite e le informazioni le hanno solo per telefono, già è difficile dare informazioni guardandosi negli occhi, figurarsi ora». Ma, nonostante le difficoltà «siamo fiduciosi – continua Tappatà – più di quello che stiamo facendo non è possibile fare e dare, abbiamo messo in campo tutte le risorse umane e tecniche. Ci sono le due strutture Covid a Civitanova e a Camerino, c’è per ora maggiore facilità – rispetto alle terapie intensive – di sistemazione dei pazienti nei normali reparti ». Il problema però arriva dai posti letto di terapia intensiva che sono pieni. «Camerino e Civitanova dovrebbero ospitare otto pazienti – sottolinea il medico – il primo reparto ne gestisce invece 11 e l’altro 13, un sostegno ci arriva dalla Medicina di urgenza, quando arrivano pazienti da intubare occorre valutare bene e ponderare le scelte per via della discrepanza tra numero di pazienti e presidi disponibili. Mancano i ventilatori, viviamo una situazione di guerra». Le parole del dirigente del dipartimento di Emergenza dell’Area Vasta 3 dell’Asur sembrano aprire scenari finora sentiti solo in Lombardia quanto all’impossibilità di seguire tutti i pazienti con gli stessi criteri ma si tratta fortunatamente soltanto di una impressione. «Non siamo arrivati a situazioni estreme, a Macerata questo problema non si è manifestato – specifica – Ieri ed oggi, per esempio, i dati dei contagi sembrano indicare scenari meno allarmanti ma sono situazioni contingenti, difficili da analizzare. Quello che tutti auspichiamo è la consegna della nuova Rianimazione, i lavori sono in conclusione e quella potrebbe essere la svolta».

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Malattie infettive

Le opere edili sono quasi terminate, questione di giorni e poi toccherà alle attrezzature per le quali gli ordini sono già stati fatti ma il rischio è quello di dover fare i conti con l’emergenza nazionale scatenatasi e con la caccia alle apparecchiature: la consegna dovrebbe essere per l’ultima settimana di aprile. Il 30 marzo ci sarà l’apertura dei 45 posti letto nella palazzina ex Malattie Infettive, in questo caso si sta valutando la possibilità tecnica di realizzarvi anche alcuni posti letto di terapia intensiva. Strutture certo, ma la guerra la stanno facendo gli uomini che sono medici, infermieri, oss, personale sanitario pronto all’impegno e al sacrificio. «Come ovunque ci sono quelli forti, quelli meno forti e i deboli ma la risposta positiva è arrivata da tutti – evidenzia Tappatà – anche dai pensionati che sono tornati a lavorare. Vogliamo vincere questa battaglia. Certo, il lavoro su questi pazienti è molto più faticoso. I dispositivi di protezione da indossare sono vincolanti e alla fine del turno vedi che ti hanno lasciato i segni sul corpo. Per questo abbiamo chiesto di ridurre a sei ore il turno degli infermieri, come quello dei medici». Quanto poi alla “diceria dell’untore” che dice che sono quasi sempre quelli molto anziani a pagare il prezzo maggiore, in ospedale fanno osservare che nei sette casi più gravi si registrano età che vanno dai 37 ai 76 anni. Si può avere paura, si può avere timore per una emergenza mai vista prima, si possono pensare e dire tante cose. Di sicuro chi entra in ospedale, Covid-19 o meno che sia, sa di incontrare tanti medici ed infermieri che stanno dalla sua parte senza attendere che se ne possa occupare un altro, altrove. Anche chi, come Tappatà, avrebbe potuto trascorrere i due mesi che lo distanziano dalla pensione standosene a casa in ferie ed invece lo trovi al fronte ad organizzare tutti i giorni mosse e contromosse. Grazie.

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