Gabriele Cofanelli
di Federica Nardi
«La cosa più strana è il silenzio. Anche dalla città. Un silenzio a volte inquietante. Ma venire a lavorare diverse ore mi aiuta, penso anche al futuro». L’avvocato Gabriele Cofanelli parla dal suo studio nel centro storico di Macerata, in un pomeriggio non più come tanti altri in questa emergenza coronavirus che ha costretto la maggior parte delle persone a casa e tantissime aziende a fermarsi per arginare i contagi. «Per me è un privilegio poter raggiungere il posto di lavoro. Già poter venire qua e lavorare diverse ore mi aiuta – confessa Cofanelli – Penso anche al futuro, a quando ritorneranno le udienze e cerco di avere un ritmo di lavoro, che è diverso. Ora alle 18 andiamo a casa, cosa impensabile fino a venti giorni fa. Anche sapere che c’è un’attività che prosegue è un servizio per i nostri clienti». Certo, continuare a lavorare, spiega l’avvocato, «è una sensazione strana. Perché in pratica fai delle cose ma hai l’impressione di farle in una maniera completamente diversa rispetto ai tanti anni di professione. Il lavoro non è diminuito, è soltanto cambiato». Ora nello studio ci sono lui, il figlio e le due segretarie Alice e Debora. Rigorosamente a due metri di distanza. «Le ringrazio, sono volute rimanere anche se potevano andare in ferie. L’ho apprezzato tanto. Con gli altri collaboratori ci siamo organizzati con le email. Lavorano tutti quanti da casa. Quindi materialmente trasmettiamo da qui gli atti ai diversi componenti (uno a Loreto, uno a Civitanova, uno a Macerata e uno a Recanati), loro li lavorano e ce li ritrasmettono. Anche con i clienti lavoriamo molto con il telefono e per email, non c’è più un accesso diretto allo studio». In questa routine stravolta «la cosa più strana è il silenzio – dice Cofanelli – Si è abituati anche a una certa frenesia: campanelli, telefoni che squillano, fax. Invece ora c’è un gran silenzio, anche dalla città. Un silenzio a volte inquietante. Nel centro storico c’era un piacevole sottofondo di vivacità. Ora è tutto molto ovattato».
Daniele Zucchini
Il silenzio abbraccia tutta la provincia ed è anche quello dei tanti che non stanno più lavorando. Come Daniele Zucchini, parrucchiere e presidente della sezione di Civitanova di Confartigianato e vicepresidente del settore Benessere. «Viviamo un momento piscologico durissimo. Speriamo che il contagio si fermi e che torniamo tutti forti e si rivada al lavoro», dice Zucchini, che spiega di aver «chiuso l’attività un giorno prima del decreto. Era impossibile tenerci a un metro di distanza dai clienti». Ora la paura è doppia. Da un lato «l’abusivismo, cioè le persone che vanno a casa a tagliare i capelli. Tra l’altro una cosa molto pericolosa oltre che un danno per noi professionisti. Alle clienti stiamo dicendo: aspettateci. Noi siamo a norma, abbiamo seguito corsi e seguiamo le regole». Dall’altro l’incertezza del futuro: «Quando ripartiremo? Noi saremo sicuramente tra gli ultimi – dice Zucchini – Per questo vogliamo un sostegno ben ponderato. Liquidità, non 600 euro scalate dall’Inps. Sono una presa in giro. Abbiamo dipendenti, mutui, affitti, tasse. Le banche chiamano, non sanno nemmeno loro come sospendere i mutui. Abbiamo paura di ripartire non a zero, proprio sotto zero. Io capisco che la priorità è la salute ma dobbiamo dare risposte urgenti, veloci e attuabili anche per la parte fiscale e la liquidità. Sennò dopo due mesi finisce tutto».
Roldano Tartarelli
Anche nel settore edile, tranne opere connesse all’emergenza, tutto fermo. Roldano Tartarelli, maceratese trapiantato a Corridonia, ha una partita Iva e una ditta che ora va in stop fino a nuovo ordine. «Questo decreto dice tutto e niente e non tutela chi ha la partita Iva. Ora mettiamo in sicurezza i cantieri che ci vanno messi e chiudiamo. Ho due dipendenti, andranno in cassa integrazione – spiega – Per quanto riguarda i subappaltatori per adesso ho dovuto dare disdetta. Insomma, bloccare proprio tutto. Sulla prevenzione sono d’accordo perché se vogliamo venirne fuori è così ma era meglio chiudere tutto subito. Già da quando la Lombardia diceva di chiudere e dal primo caso a Pesaro. Ora ci troviamo con un mare di sofferenza delle persone malate e con le aziende che o le aiuti o chiudono. Al momento prende più una persona con il reddito di cittadinanza che noi. Viaggiamo a vista, non abbiamo un vero riferimento. Il premier Conte ha detto che lo Stato c’è: per qualcuno ma non per tutti. Se non tuteli chi crea lavoro, avoglia a tutelare i dipendenti. Tra l’altro non mi aspetto, quando finirà, di ricominciare a lavorare subito a pieno ritmo. Il settore era già in crisi e ora c’era la ricostruzione post sisma che sicuramente rallenterà moltissimo». Tartarelli ha una proposta: «Il rimborso di 600 euro è umiliante, se mai arriva facciamo una colletta e doniamolo alla sanità pubblica. La mia proposta è che i rimborsi avvengano secondo le ultime denunce dei redditi. In base a quello che hai dichiarato vai a detrarre la differenza di quando sei stato fermo. Mi sembra la cosa più logica. La prima cosa è salute. Ma così se non ci uccide il Covid ci uccide l’economia».
Grandi
Bravi
Parole sacrosante Roldano Tartarelli. Le 600€ una tantum (na miseria) sarebbe stato meglio darle alla sanità o alla protezione civile, dato che chi ha partita iva ci fa ben poco se non nulla
Tartarelli ha centrato in pieno la situazione, rimborsi in base alla dichiarazione dei redditi. Dichiari zero? Prendi zero, dichiari molto? Prendi molto. È un ottimo metodo
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
I 600 euro non vanno rapportati al reddito di cittadinanza, che altro non era che un voto di scambio utile ai 5 stelle per accaparrarsi i voti, soprattutto al sud.
Non a caso, nonostante i proclami ha creato 0 posti di lavoro.
Adesso chi lavora e paga le tasse si vede ricompensato con la carità dei 600 euro, mentre chi prende il reddito, non gli verrà tolto un centesimo.
Riflettete meglio la prossima volta che ci manderanno al voto, se mai ci manderanno.