La domenica della polvere,
a due anni dal 30 ottobre:
il giorno della scossa choc

UN TERREMOTO di magnitudo 6.5, di una intensità che non si registrava sull'Appennino dall'anno Mille. In migliaia erano stati svegliati ed erano fuggiti in strada. Per molti è stato l'inizio di un calvario che dura da 24 mesi

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di Gianluca Ginella

La domenica della polvere. E’ lì che la speranza di essersi lasciati indietro il peggio si è infranta in uno spaventoso risveglio. Alle 7,40 del 30 ottobre 2016, una di quelle date che, come il 26 ottobre e il 24 agosto, non saranno mai più giorni qualsiasi nel Maceratese.

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Ccrolli a Pieve Torina

Quella domenica è successo qualcosa che non accadeva dall’anno Mille: una scossa di terremoto di magnitudo 6.5, la più forte da oltre un millennio sull’Appennino. Quando la terra ha iniziato a tremare molti dormivano e la paura di quell’infernale notte di pioggia del 26 ottobre era ancora nella pelle delle persone che l’avevano vissuta: fuggiti dalle case, in mezzo alle strade, al buio per i blackout avvenuti nei comuni del cratere. E poi è arrivata la domenica e nulla è stato più come prima. Per giorni poi diventati mesi e anni parole come epicentro, Ingv, magnitudo, scossa, sisma, ricostruzione, sae, commissario alla ricostruzione, crepe sono diventate comuni come prima, visto che siamo in Italia, era comune parlare di calcio, per dire, o di tasse. Le parole sono cambiate perché la vita di tutti è cambiata. Ed è successo, in modo devastante, prima con le due scosse del 26 ottobre, alle 19,11 (5.4) e alle 21,18 (5.9) e poi con quella del 30 ottobre da 6.5 di magnitudo. I morti non ci sono stati solo per una ragione precisa: erano già tutti usciti dalle case del cratere dopo la prima scossa del 26 ottobre. Ma quella domenica d’ottobre, soleggiata e che fino alle 7,39 appariva l’inizio di una giornata serena, è stato un giorno di macerie e drammi personali, di esodo verso la costa, di persone che hanno fatto le valigie in fretta e hanno lasciato le loro case.

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L’attore Cesare Bocci a Tolentino per portare via la madre

Una scossa che ha devastato non solo le zone dell’epicentro (a 6 chilometri da Norcia e a 7 chilometri da Castelsantangelo con profondità di 9 chilometri) ma anche comuni grandi come San Severino e Tolentino. Migliaia le persone in mezzo alle strade, corse via da casa con le gambe che tremavano per la paura delle scosse, scene di panico tra palazzi sventrati dal terremoto. «E’ rimasta solo la polvere» aveva detto il sindaco di Castelsantangelo, Mauro Falcucci. A Tolentino a prestare i soccorsi c’era anche l’attore Cesare Bocci, la madre era tra le persone che avevano perso la casa. Tanti poi i malori dovuti allo choc per quella nuova scossa. Le palestre aperte dai comuni hanno accolto nuovi sfollati. Tutta Italia ha guardato nuovamente all’epicentro, anche se l’obiettivo era centrato verso l’Umbria. I danni più grossi però sono stati nel Maceratese dove quasi ogni comune è rimasto ferito dalle scosse del 26 e del 30 ottobre. Non ci sono state vittime, tranne una: la vita di chi ha dovuto lasciare la sua casa e i luoghi dove magari aveva sempre vissuto.+

tolentino_terremoto_30_ottobre_AP_02-400x267Non è una ferita che si vede, non è una morte né una crepa, ma qualcosa di profondo e che non guarisce ma cresce perché la cura ha a che fare con la speranza di riprendere da dove si era alle 19,10 del 26 ottobre e per altri alle 7,39 del 30 ottobre. Un tempo che, passati due anni, sembra farsi sempre più distante con le case e le città devastate che sono rimaste, salvo qualche eccezione, com’erano due anni fa. Le parole sono cambiate ancora però. Ma una è quella più usata: ricostruzione. Perché ciò che più si desidera è spesso ciò che più ci è distante. Passati due anni la vera ricostruzione è ancora al di là di un mare di carte. Sono passati governi e commissari, ma le crepe sono rimaste le stesse. Sarà diverso tra un anno?

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