di Gianluca Ginella
«Cercate le impronte digitali di Santo Seminara sui sedili del furgone di Pietro Sarchiè» sarebbe quella, secondo Giuseppe Farina, la prova che a sparare al commerciante di pesce non è stato lui. Un concetto che Farina, interrogato oggi insieme al figlio Salvatore, ha ribadito ai magistrati. Ma per trovare quelle impronte, che a suo dire sarebbero la prova che ha detto la verità, servirà che il consulente nominato dal gip concluda (ed è già in ritardo di diverse settimane) gli accertamenti biologici. Gli interrogatori di padre e figlio si sono svolti dalle 10,30 di questa mattina nel carcere di Camerino e sono proseguiti sino alle 17. Interrogatori annunciati, in vista del rush finale delle indagini: la procura è infatti intenzionata ad andare quanto prima al processo, ritenendo di avere in mano elementi di prova sufficienti per sostenere l’accusa in tribunale. Gli interrogatori seguono le udienze al tribunale del Riesame degli altri due indagati, Santo Seminara e Domenico Torrisi (accusati di ricettazione, riciclaggio, favoreggiamento) e che si trovano agli arresti domiciliari (Seminara ha i permessi per andare al lavoro). Farina senior nelle scorse settimane, dopo l’arresto, aveva parlato per la prima volta e aveva detto che non era stato lui a sparare al commerciante di pesce la mattina del 18 giugno dello scorso anno, ma il suo amico Seminara.
Oggi Farina, assistito dagli avvocato Marco Massei e Mauro Riccioni, ha dato la stessa versione ai sostituti Claudio Rastrelli e Stefania Ciccioli che lo interrogavano. Oltre a dire che non aveva sparato lui, e che Seminara avrebbe lasciato delle impronte digitali sui sedili del furgone, ha ribadito che suo figlio non c’entra. Per la prima volta anche Salvatore, 20 anni, ha dato la sua versione. Un paio di volte ha pianto mentre veniva interrogato, ed è apparso provato dal carcere. Ha dato una versione che combacerebbe con quella del padre e anche lui ha detto che a sparare sarebbe stato Seminara. Dicendo che la mattina del 18 giugno era andato a San Severino a comprare del pesce e che tornando a Castelraimondo era stato contattato dal padre e l’aveva raggiunto. In quel momento l’omicidio non era ancora stato consumato ma Sarchiè si trovava nel retro del camion – a detta di Farina senior –, con Seminara. «Noi riteniamo che la veridicità delle affermazioni dei nostri assistiti potrà essere confermata solo all’esito delle perizie che non sono state ancora depositate» spiega l’avvocato Massei.
Perizie a parte, ci sarebbero però molti dubbi su quanto detto da Farina senior in base alle indagini svolte nel corso di 7 mesi dai carabinieri del Reparto operativo di Macerata, coordinate dal procuratore Giovanni Giorgio e dai sostituiti Ciccioli e Rastrelli. Gli investigatori hanno definito un quadro in cui Farina senior avrebbe sparato al commerciante di pesce e il figlio gli sarebbe stato complice (entrambi sono accusati di omicidio premeditato). Gli accertamenti sono comunque in corso.
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