Domenico Torrisi, è indagato per favoreggiamento. Questa mattina si è avvalso della facoltà di non rispondere
di Gianluca Ginella
(foto di Lucrezia Benfatto)
Si sono avvalsi entrambi della facoltà di non rispondere Santo Seminara, 42 anni, e Domenico Torrisi, 61. Silenzio per entrambi nell’interrogatorio che si è svolto davanti al gip Domenico Potetti questa mattina al tribunale di Macerata. Entrambi erano finiti in manette nelle prime ore di martedì su ordinanza di misura cautelare spiccata dal gip e si trovano agli arresti domiciliari. Vengono loro contestati i reati di favoreggiamento, riciclaggio e ricettazione nell’ambito delle indagini sul delitto di Pietro Sarchiè (ucciso il 18 giugno scorso). Per omicidio sono indagati i catanesi Giuseppe Farina, 41 anni e il figlio Salvatore, 20 (entrambi si trovano nel carcere di Camerino). Per primo è stato sentito Santo Seminara, poi Domenico Torrisi. Torrisi ha solamente aggiunto che si rifaceva a quanto dichiarato le volte precedenti in cui è stato sentito. «Ha sempre detto che ha aiutato Giuseppe Farina a portare qualcosa – dice l’avvocato Tiziano Luzi che assiste Torrisi insieme al legale Maria Squillaci –, il motore del furgone di Sarchié e l’asse del veicolo. Ma lui non sapeva che c’era stato l’omicidio. Non era la prima volta che aiutava Farina per simili lavori, lo ha fatto mille volte. Ma non ha aiutato a smontare il furgone e non è mai entrato nel capannone di Seminara, una volta era andato solo nell’area esterna per prendere il motore da portare via. Lui e la moglie (Maria Anzaldi, indagata per favoreggiamento e stamattina presente in tribunale insieme al marito, ndr) sono delusi da Giuseppe Farina. Si sentono traditi da quello che credevano un loro amico».
(servizio in aggiornamento)
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