“L’unica cosa che mi resta da fare per mio padre è rendergli giustizia, scoprire la verità, perchè se lo merita. Non so come sia possibile rovinare così un’intera famiglia, un uomo come mio padre che era chiaro e limpido che non dava fastidio a nessuno. Vogliamo una giustizia esemplare per gli assassini”. Con queste parole Jennifer Sarchiè ha raccontato di fronte alla platea televisiva di Rai Uno, in diretta dalla trasmissione “Storie Vere”, che segue Uno Mattina, condotta da Eleonora Daniele, tutta la sua tenace volontà di sapere chi lo scorso 18 giugno ha prima fatto sparire, poi giustiziato, suo padre Pietro Sarchiè, commerciante ambulante di pesce, trovato cadavere lo scorso 5 luglio nella Valle dei Grilli. Accompagnata dalla madre Ave Palestini e da uno dei legali di famiglia, la giovane ha ricostruito passo passo le ultime ore di vita del padre, ripercorrendo insieme all’inviato della trasmissione, il tragitto dalla loro casa di San Benedetto del Tronto, sino a Seppio, quando dopo aver consegnato il pesce a due clienti, le tracce di Sarchiè si perdono nel nulla.
Da casa il commerciante se ne è andato, come ogni mattina, alle due e mezzo di notte, per andare a Porto San Giorgio, sistemare il pesce nel furgone e fare colazione. Un amico di sempre, intervistato nel servizio ha detto: “Siamo amici da una vita, ci vedevamo per sistemare il pesce, non ho notato nulla di strano, non aveva avuto minacce”, stesse parole del barista che gli ha servito l’ultima colazione, pasta e cappuccino. “Quando è scomparso, uscivo di casa a cercarlo con le lacrime agli occhi, mi dicevo ‘stasera babbo lo riporto a casa’, queste cose succedono solo a chi ha giri particolari, invece mio padre era chiaro e limpido, non aveva mai ricevuto minacce. Quando si fa questo lavoro possono esserci battibecchi, due anni e mezzo fa, un piccolo diverbio con questa persona, alla presenza di un vigile, gli aveva detto che lì non si doveva mettere”. Dal racconto in tv emerge anche la figura di un uomo, che nella vita privata era legatissimo alla famiglia e pieno di passione per il suo lavoro: “Era un padre ed un marito molto presente e premuroso, molto presente a casa ed attaccato al lavoro. Era un amico, un compagno ed un confidente, innamoratissimo”, lo ricorda la moglie Ave Palestini. Le ultime parole, del legale di famiglia, raccontano che gli inquirenti ipotizzano un agguato degli assassini a Sarchiè, finito senza neanche rendersi conto, nel mirino di persone senza scrupoli e pietà per la sua vita.
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E’ brutto leggere “giustiziato” nei casi di omicidio. Solo lo stato eventualmente “giustizia”, non la criminalità.
Il termine purtroppo è diventato di uso comune in questi casi, ma è meglio evitarlo, no?
Solidarietà alla famiglia con l’augurio che vengano presto assicurati alla GIUSTIZIA gli assassini.