Il procuratore Giovanni Giorgio con il colonnello Leonardo Bertini che comanda il Reparto operativo dei carabinieri di Macerata
di Gianluca Ginella
Pietro Sarchiè è stato ucciso con una pistola calibro 38 special, un’arma in buono stato. Questo quanto scoperto dal perito nominato dalla procura di Macerata per analizzare le ogive trovate nel corso dell’autopsia e che qualcuno ha esploso contro il commerciante di pesce uccidendolo. Ora la procura di Macerata conosce che arma deve essere cercata. Un revolver che, se rinvenuto, potrebbe essere decisivo nella soluzione del giallo della Valle dei grilli, a San Severino. Ma è questo solo uno dei tantissimi accertamenti disposti dalla procura di Macerata per cercare di far luce sul delitto e dare conferma all’ipotesi che a compierlo siano stati, secondo gli investigatori, il catanese Giuseppe Farina e suo figlio Salvatore (entrambi indagati per omicidio). Ad aiutarli a far sparire le parti del furgone di Sarchiè avrebbero poi partecipato le tre persone indagate per favoreggiamento: i coniugi Domenico Torrisi e Maria Anzaldi e l’imprenditore edile Santo Seminara (indagato anche per distruzione di cadavere). Il perito nominato dalla procura avvierà gli accertamenti tecnici su tutti i reperti la prossima settimana. Pietro Sarchiè, originario di Porto San Giorgio ma da moltissimi anni residente a San Benedetto con la moglie e i due figli, era scomparso il 18 giugno scorso mentre faceva il solito giro per vendere il pesce nell’entroterra.
E’ stato ritrovato senza vita il 5 luglio, qualcuno lo aveva seppellito a Valle dei grilli e aveva bruciato, parzialmente, il suo corpo. Al momento la procura non ha disposto provvedimenti cautelari nei confronti di nessuno degli indagati. Che comunque, fin dall’inizio, si sono sempre tutti proclamati innocenti.
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Com’è possibile che persone indagate per omicidio siano a piede libero? Sembra di capire che non ci sono prove sufficienti. Allora perchè sbattere in prima pagina nomi cognomi e foto? Se poi risultassero estranei in quanti sarebbero immuni da pregiudizi?. Se invece risultassero colpevoli (solo a sentenza definitiva) non ci sarebbe la possibilità che possano commettere un’altro reato di omicidio? Quello che non capisco e che ci sono persone arrestate in attesa di giudizio con reati ben lontani dall’omicidio. Chi può darmi una risposta?
Fatti del genere richiedono indagini complesse come nel comporre un mosaico. Va piuttosto apprezzata quella cautela in sede d’indagine che impone di non emettere un ordine di custodia cautelare (i cui presupposti sono proprio il rischio di reiterazione del reato, o di inquinamento probatorio). Quella tutela della presunzione di innocenza che, prima ancora nel dibattimento, meritano anche coloro gravati da indizi. Gli indizi non sono prova. Anche uno studente ti risponderebbe che devono “essere gravi, precisi e concordati”. Ed è proprio quell’esigenza di acquietare l’opinione pubblica (come tu ne sei giusta espressione), che conduce sempre agli errori. La cronaca giudiziaria ne è piena di esempi. Per citare solo quelli più noti (grazie a Bruno Vespa) nel caso di Yara si arrestò immediatamente uno straniero, per poi scusarsi una volta approfondito il quadro d’indagine. Nella vicenda di Avetrana, alla confessione di Misseri, si pensò chiuso il caso. La sentenza ha fatto poi emerge l’estraneità dello stesso. A perugia, nel caso Meredith, non solo si arrestò un innocente (Umumba, sulle dichiarazioni degli stessi autori), ma addirittura tre sentenze hanno dichiarato, succedendosi tra loro, cose diametralmente opposte. Da qui la domanda: perchè sbattere in prima pagina dei sospettati? Perché la diffusione di una notizia aiuta, come avvenuto, dà anche un apporto della comunità. Di chiunque possa dare un contributo. Non potrà mai nessuno, se non diffusa la notizia, ad esempio individuare che il giorno X ha visto la persona accusata sui giornali nel posto Y. Se risultassero innocenti, ben venga avergli evitato il carcere. Fossero all’opposto colpevoli, ebbene è un rischio “fisiologico” che si corre.
L’esigenza di sbattere il “mostro” in prima pagina personalmente non mi acquieta anzi m’inquieta. Credo invece che la delazione popolare molto soggettiva e suggestiva, non possa far altro che intralciare il lavoro degli inquirenti. Il più delle volte la diffusione di notizie, la caccia allo scoop, non è altro che un carosello del peggior giornalismo. Un magistrato come il cittadino ha bisogno della certezza non certo del sensazionalismo.
Questo efferato caso con vittima Pietro Sarchiè mi ha colpito sin dall’inizio. Capisco il rigore professionale degli inquirenti e ne rispetto la professionalità, ma credo che, stante lo stato delle indagini (pur sapendone solo dai media), la verità, passati ormai tre mesi dal delitto, rischia fortemente di non essere mai trovata.
Mi augurerei che non sia così. I familiari di Pietro non si meritano quest’altro devastante dolore.