Omicidio di Pietro Sarchiè, da ieri il perito nominato dal gip ha iniziato gli accertamenti tecnici sui reperti che sono stati sequestrati nel corso dei primi mesi di indagini dai carabinieri del Reparto operativo di Macerata che, con il coordinamento della procura, stanno conducendo l’inchiesta sul delitto del commerciante di pesce di San Benedetto. Il conto alla rovescia di 90 giorni – il tempo che si era preso il perito quando il giudice Domenico Potetti gli ha affidato l’incarico – è scattato ieri. Centinaia i reperti da analizzare per cercare dna e tracce biologiche, sia sulle parti che potrebbero essere del furgone del commerciante di pesce, sia sui luoghi in uso agli indagati e su quanto sequestrato tra cui l’auto di Salvatore Farina (indagato per omicidio insieme al padre, Giuseppe), in Sicilia, il furgone per vendere il pesce e, più recentemente, lo scooter che il giovane aveva nel garage del parroco di Seppio. Su Facebook la figlia di Sarchiè, Jennifer, si domandava, in merito a questo, come mai quello scooter fosse nel garage del parroco. Si tratterebbe però di una semplice cortesia tra vicini di casa. I Farina, infatti, abitano sulla stessa piazzetta dove si affaccia la chiesa. Ma il ruolo del parroco in questa vicenda si ferma qui, una cortesia fatta ad un vicino, ma altro sulla vicenda, in base a quanto emerge dalle indagini, non saprebbe. La procura al momento non ha chiesto misure cautelari per nessuno dei 5 indagati, oltre ai Farina nell’inchiesta compaiono i nomi dei coniugi Domenico Torrisi e Maria Anzaldi (per entrambi l’ipotesi è il favoreggiamento) e Santo Seminara (favoreggiamento e distruzione di cadavere).
(Gian. Gin.)
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