Giuseppe Farina, con le stampelle, esce dalla caserma di Macerata scortato dai carabinieri del Reparto operativo che lo hanno catturato in Sicilia
(Foto di Guido Picchio)
Sono rientrati a Macerata questa mattina, scortati dai carabinieri del Roni di Macerata, che erano andati a catturarli a Catania, Giuseppe e Salvatore Farina, 42 e 20 anni, padre e figlio, accusati dell’omicidio premeditato del 62enne Pietro Sarchiè (leggi l’articolo). E’ ancora buio, sono le 6 di questa mattina e cade una pioggia fitta quando dalla caserma dei carabinieri del comando provinciale di Macerata escono Salvatore Farina e Giuseppe Farina. Scattano i flash dei fotografi. Prima il figlio, poi il padre (con le stampelle dopo un incidente che ha avuto a dicembre in Sicilia), accompagnati dai carabinieri, salgono sulle auto che li porteranno al carcere di Camerino. Non dicono una parola vedendo i fotografi. Non un cenno, nessuna reazione. Salgono in auto silenziosi dopo il lungo viaggio cominciato ieri da Catania. Per loro restano ancora una quarantina di chilometri da fare, prima di arrivare a Camerino.
Con loro gli uomini del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Macerata che per mesi hanno indagato sul loro conto raccogliendo elementi che secondo la procura li incastrano come i presunti assassini del commerciante di pesce Pietro Sarchiè, ucciso a colpi di pistola, secondo gli investigatori da Farina senior, in un agguato avvenuto in frazione Sellano, a Pioraco, il 18 giugno dello scorso anno. I carabinieri sono andati un paio di giorni prima in Sicilia per studiare i movimenti dei Farina e per preparare il blitz per catturarli. I carabinieri si sono occupati di studiare i luoghi frequentati dai Farina, il quartiere dove abitavano e i loro orari. Poi li hanno presi alle 5 di ieri mattina al mercato del pesce di Catania ( i Farina avevano provato a ricominciare con l’attività ambulante di vendita di prodotti ittici). I carabinieri del Roni in questa operazione hanno collaborato con i colleghi siciliani della sezione Lupi. Anche a Catania è stata intensa l’eco degli arresti di Salvatore e Giuseppe Farina e di una indagine svolta analizzando tassello per tassello fino agli arresti chiesti dalla procura e disposti dal gip. Contemporaneamente alla cattura dei Farina, a Gagliole e a Castelraimondo ieri sono stati arrestati nell’ambito delle indagine per il delitto Sarchiè, anche Domenico Torrisi e Santo Seminara (sono ai domiciliari), che devono rispondere di favoreggiamento, riciclaggio e ricettazione.
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Ergastolo
Questa gente va cacciata dalla Marche. Non deve avere la possibilità di risiedere, ne di avere il domicilio nelle Marche…….altrimenti si radicano nel territorio e comandano loro. Basta con il buonismo verso chi delinque………
Per arrestare due commercianti di pesce che da quest’estate erano tornati a casa loro, in Sicilia, che tutti sapevano dove stavano, perché certamente i Carabinieri della territoriale di Catania non li avranno mai persi di vista, essendo noto e ampiamente comunicato dagli uffici giudiziari di Macerata che i soggetti erano inquisiti per omicidio e che quindi era necessaria nei loro confronti un’attenzione speciale, due soggetti che comunque da quest’estate in poi, da quando erano iniziate le indagini nei loro confronti, si erano sempre assoggettati, assisti dal loro avvocato, a tutti gli atti d’indagine e le procedure giudiziarie di cui erano stati fatti oggetto, che quindi mai avevano dato adito a timori circa possibilità che potessero darsi alla macchia, per arrestare costoro i Carabinieri del RONI (?) di Macerata sono dovuti andare a Catania due giorni prima, “studiare” i loro movimenti, i loro orari e i luoghi da loro frequentati, e infine, organizzare un “blitz”?
Da non esperto della materia mi chiedo se questa coreografia (reale e anche descrittiva, perché forse la volontà di infiocchettare la descrizione dei fatti da parte del giornalista ha giocato la sua parte …) fosse stata veramente necessaria. Inviare a Catania le richieste d’arresto per fax, e farle eseguire dai Carabinieri della Territoriale del posto, sarebbe stato troppo semplice?
Comunque, spero (non per voler attribuire patenti preventive di colpevolezza a persone che finora sono solo indagati, ma per i parenti del povero Sarchiè, che hanno il diritto a vedere appagata l’aspettativa di veder identificati gli assassini del loro caro congiunto) che questa rutilante scenografia, dispiegata al momento degli arresti, sia la cornice di un quadro probatorio ricco di elementi e già chiaro.
Raccontare di “blitz” e di “studi” accurati, condotti per arrestare persone che anche io, probabilmente, andando a Catania, avrei potuto incontrare al mercato del pesce e poi, magari, anche nell’ipotesi che fossero alla fine condannati, dover fra una decina d’anni leggere un altro articolo che ci raccontasse come, fruendo dei benefici della c.d. “legge Gozzini”, i condannati siano usciti dalla galera o siano stati ammessi alla semilibertà, ecco, suonerebbe, come tante volte accaduto, un presa per il cxxo.
Meno scenografie prima, e più galera senza sconti dopo. Ma occorrerebbero un’altra Italia e altri Italiani.