di Giuseppe Bommarito
La vicenda del brutale omicidio di Pietro Sarchiè concretizza in maniera sin troppo evidente dinanzi ai nostri occhi la ricostruzione di recente effettuata dal procuratore generale di Ancona Vincenzo Macrì: le Marche non sono un’isola felice quanto all’incidenza ed alla presenza della criminalità organizzata, tanto che all’interno del territorio regionale vivono ed operano “teste di ponte” collegate alle mafie italiane. Affermazioni inequivoche, che hanno fatto seguito ad altre dichiarazioni dello stesso preoccupante tenore rilasciate nel novembre 2012 da Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria, il magistrato italiano più esposto nella contrapposizione dello Stato alla mafia calabrese: “Nelle Marche operano i rappresentanti delle dieci più pericolose famiglie di ‘ndrangheta di Reggio Calabria e di Vibo Valentia, così come diversi clan legati alla camorra”.
Entrambi i magistrati facevano riferimento al doppio profilo delle organizzazioni criminali, che, come una “mala pianta” (la definizione è di Gratteri), stanno sempre più risalendo dal sud verso il centro ed il nord: quello brutalmente criminale, dedito ai principali affari illeciti (in primo luogo, il traffico a grandi livelli della droga, ma anche la prostituzione, l’usura, il gioco d’azzardo) e quello della mafia imprenditrice, che si inserisce sempre più nel tessuto economico regionale e lo snatura a proprio favore grazie ad illimitate disponibilità economiche acquisite con le suddette attività illegali, che, in un momento di crisi generale e di implacabile stretta creditizia per le aziende operanti nella legalità, consentono di fare il bello ed il cattivo tempo.
D’altra parte, in una regione come le Marche, caratterizzata dal secondo più alto tasso in Italia di mortalità per overdose (due morti solo negli ultimissimi giorni a San Benedetto del Tronto per una partita di eroina troppo pura o tagliata male), è evidente che la droga scorra a fiumi. E dove prospera la droga, l’affare criminale per eccellenza, quello che consente i maggiori guadagni nel tempo più breve, esiste, opera, si afferma e infine si incista la criminalità organizzata (su questo versante, nel nostro caso, soprattutto la camorra, la ‘ndrangheta e la mafia pugliese), che poi, per gli altri anelli più bassi della filiera e per lo spaccio minuto, si affida e si allea con aggregati associativi di minor rilievo, facenti capo a criminali africani, principalmente del Maghreb e della Nigeria, e dell’est europeo, in gran parte albanesi e slavi.
Così come – ritornando all’economia illegale – è abbastanza palese che una realtà regionale con una serie ininterrotta di centri costieri da Gabicce alla foce del Tronto, con grandi possibilità di movimento e di accessi (pensiamo all’autostrada e al porto di Ancona), con grandi opere in corso (l’ampliamento dell’A14 e le strade della Quadrilatero, per le cui vicende in materia di appalti e subappalti potrebbero arrivare importanti rivelazioni dal boss casalese pentito Antonio Iovine), con un’economia basata soprattutto su piccole e medie imprese operanti nel turismo, nelle attività ricettive, nei pubblici esercizi, nella grande distribuzione e (almeno sino a qualche anno fa) nell’edilizia, nell’abbigliamento (interessante per l’industria del falso), faccia gola alla mafia che intraprende, alla mafia con il colletto bianco e in doppiopetto, anche per la scarsa consapevolezza della gravità del fenomeno, almeno sino a pochi anni addietro, nelle istituzioni e nelle stesse forze dell’ordine. Un insediamento sempre più forte e ramificato, come peraltro è già accaduto in una regione per molti versi economicamente simile alle Marche, l’Emilia-Romagna, dove oggi, a causa del troppo tempo perso a negare una realtà che era sotto gli occhi di tutti, si sta pagando con una precipitosa rincorsa l’iniziale sottovalutazione dello scorso decennio.
Insomma, inutile fare finta di nulla, da noi il fenomeno c’è ed è anche abbastanza grave: la nostra regione, in definitiva, è considerata dai criminali delle mafie un vantaggiosissimo luogo di consumo e di affari di droga e pure terra di investimenti, dove ripulire il denaro sporco con buone possibilità di farla franca grazie a numerosi “uomini-cerniera”, cioè commercialisti, avvocati, architetti, direttori di banca, professionisti vari. Il consolidarsi della malavita organizzata è anche accentuato dal fatto che, per chissà quale motivo, le Marche sono la regione d’Italia con la più alta concentrazione di soggiornanti obbligati e di pentiti che vivono sotto copertura (anche se la copertura non sempre è effettiva, tanto che nel sud delle Marche vive ed opera un grosso nome della criminalità pugliese, che, per intimorire, non manca di far conoscere il proprio nome effettivo).
Per quanto riguarda la provincia di Macerata, ricordo – e questo giornale non ha mancato di evidenziarlo ripetutamente – che le più grandi e recenti realizzazioni di grande distribuzione hanno fatto registrare più di una segnalazione a riguardo di possibili infiltrazioni mafiose e di enormi fenomeni di riciclaggio. Soprattutto sulla costa si registra da tempo un’attività di racket ai danni dei commercianti abbastanza diffusa, in alcuni casi segnalata ed in altri taciuta, nonchè la presenza di numerosi pubblici esercizi ormai nelle mani di clan della criminalità organizzata, anche se ufficialmente gestiti da prestanome complici o compiacenti. Né sono mancate le confische di beni e la cattura di pericolosi latitanti.
Il corpo di Pietro Sarchiè è stato trovato a San Severino, nella valle dei Grilli. In un capannone sono state rintracciate parti del suo furgone
Ora l’assassinio dello sfortunato Sarchiè ci ha evidenziato un’altra realtà, quella dei numerosi nuclei familiari provenienti dalla Sicilia, specie dal catanese, che da circa venti anni si sono insediati nella fascia pedemontana, a Pieve Torina, a Camerino, a Castelraimondo, a Matelica, a Fabriano. Nella maggior parte dei casi si tratta di ottime persone, venute a lavorare nel settore dell’edilizia nell’alto maceratese e nel fabrianese all’epoca del terremoto del 1997/1998, che allora schiuse un’epoca d’oro per le imprese dedite alle ristrutturazioni e che aprì a diverse famiglie del sud la possibilità di trovare nelle nostre zone interne interessanti possibilità di lavoro, venendo via dai territori d’origine e sottraendosi così alle seduzioni della criminalità organizzata. In altri casi, invece, i siciliani arrivati nelle Marche erano soggetti già fortemente pregiudicati, cioè già perseguiti e condannati in Sicilia per reati associativi ed altri gravi reati connessi, o anche non pregiudicati ma comunque anch’essi collegati a pericolosissime cosche catanesi, in particolare al clan Santapaola, che hanno operato come cavalli di Troia per consentire le prime infiltrazioni, in seguito sempre più evidenti.
Allo stato delle cose, per quanto riguarda quest’ultimo efferato omicidio, non vi sono ancora certezze, né sull’autore o sugli autori, né sull’esatto movente (quello della concorrenza, sia pure violenta, nel settore della vendita ambulante di pesce sembra in verità troppo sottodimensionato rispetto ad un’esecuzione capitale vera e propria, forse pure premeditata, come si è delineata dall’autopsia e dalle notizie sin qui emerse), e quindi bisognerà attendere lo sviluppo delle serrate ed efficaci indagini in corso.
Sin d’ora però si può evidenziare la forte solidarietà, che a volte spinge persino a violare la legge e a mettersi personalmente nei guai, che lega personaggi della stessa famiglia o comunque legati ad una medesima estrazione geografica: qui, infatti, c’è un soggetto sospettato di omicidio e altri tre soggetti che sono indagati o per occultamento di cadavere o per aver comunque favorito – in un contesto in cui prima la sparizione e poi la morte accertata di Pietro Sarchiè era su tutti i giornali e su tutti i telegiornali – il tentativo di far sparire il furgone della vittima, smontato pezzo a pezzo.
Insomma, aspettiamo tutti di conoscere le novità degli accertamenti in corso. Tuttavia è bene sin d’ora sapere che, per evitare che dalle infiltrazioni, dalle teste di ponte, si passi al contagio vero e proprio, occorre tenere ben alta la guardia contro le mafie, non sottovalutare per nulla la situazione, assegnare sin dall’inizio le indagini più delicate ai corpi di polizia più specializzati.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Mafiosi maledetti ma che avete in testa?
Grazie Bommarito, grazie per il suo articolo, per come lo ha confezionato e, soprattutto, per le “ovvietà” che ha espresso e per i tanti “luoghi comuni” che ha enunciato. Mi creda Avvocato, QUI bisogna parlare chiaro e semplice come fa lei, QUI bisogna dire le cose come stanno e mettere in guardia tutti, perchè ci sono tanti che, pur di dire qualcosa di DIVERSO, tendono a screditare l’ovvio a vantaggio delle cretinate e giustificano l’ingiustificabile. Se legge i commenti sul recente fatto del medico-fotografo malmenato e vessato dai 5 nordafricani, troverà che taluni commentatori, pur di andare controcorrente, hanno colpevolizzato il fotografo di un reato che NON ESISTE! Se legge i commenti sul povero Sarchiè, dove cerco di elogiare lo spirito marchigiano di collaborazione con la giustizia, contro la riconosciuta omertà siciliana che ha permesso alla mafia di prosperare indisturbata in quelle zone, troverà nostri conterranei che hanno qualcosa da ridire in proposito e scrivono delle amenità pazzesche. L’allarme CRIMINALITA’ nelle Marche è elevato e comprende molti aspetti (anche la nostra risaputa bontà ed ingenuità), inoltre, in un momento di crisi come l’attuale, in cui anche le forze dell’ordine devono fare i conti con i limitati mezzi a loro disposizione, se noi cittadini non siamo compatti e decisi a difenderci, il Paradiso che abbiamo costruito, sarà presto trasformato in Inferno per noi e per quelli dopo di noi.
finalmente un’analisi seria e oculata del fenomeno banalmente e ridicolmente disconosciuto dai tanti utenti intervenuti in precedente articolo.
Chapeau avv. Bommarito!
Occorre tenere alta la guardia scrive nel suo appello finale dopo un’analisi interessantissima e ricca di contenuti. Purtroppo però la politica marchigiana resterà come al solito sorda perchè consenziente. Una politica debole dalla Regione alla Provincia… figuriamoici per i piccoli comuni dell’alto maceratese dove certa gente può fare quello che vuole, può avere gli appalti che vuole. Tra poco anche in qualche nostro piccolo comune si permetterà l’inchino della madonna a un boss latitante? Non mi sorprenderebbe. Forse qualcosa del genere qui già si fa, ma nessuno ci fa caso. Si vive ancora nella favola dell’isola felice perchè non si è mai indagato. Ora finalmente anche nel Maceratese c’è una procura che indaga, speriamo li facciano lavorare.
Occorre tenere alta la guardia come avete sempre fatto voi di CM: dal biogas ai centri commerciali,da banca marche all’edilizia. Chissà che tipo di soluzione troverà ora la Provincia per il ponte di Villa Potenza. Tenere alta la guardia perchè bisogna avere paura della debolezza dei nostri amministratori che su certi argomenti non interverranno mai. O perchè hanno paura, o perchè non ci arrivano, o perchè stanno lì grazie a loro.
presente e minuzioso … grazie per il lavoro d’informazione che porta avanti con serietà e continuità … tanti purtroppo minimizzano in quanto superficiali o collusi!
Diagnosi ineccepibile avvocato, terapia ?, sensibilizzazione della popolazione al problema, benissimo, ma non basta, coordinazione sinergica dei prefetti della regione nel chiedere al ministro Alfano nuove risorse delle forze pubbliche, che dovranno operare purtroppo con una nuova mentalita’, quella di contrastare anche nella nostra regione una criminalita’ organizzata, non aspettiamo che le “male piante” infestino irrimediabilmente le poche risorse rimaste !!
«Questo meraviglioso esercito di piccoli grandi eroi civili, che abbiamo imparato a conoscere anche grazie ai tuoi racconti, lavora nelle associazioni e nei movimenti contro le mafie; sono gli imprenditori e i negozianti che hanno denunciato le estorsioni rinunciando per sempre a una vita normale; gli scrittori; i giornalisti-giornalisti, per citare la nota scena di Fortàpasc, la bellissima pellicola che racconta della storia di Giancarlo Siani; gli studenti che coltivano le terre confiscate ai mafiosi, i familiari delle vittime innocenti; le forze di polizia che combattono quotidianamente una battaglia di tutto il Paese. Ognuno di loro sa perfettamente che non basterà il proprio impegno per vincere la battaglia contro le mafie, eppure ci provano lo stesso. Lo fanno per non rassegnarsi, proprio come fanno associazioni come Libera, a chi dice che tanto mai nulla potrà cambiare» (Matteo Renzi, La Repubblica, 2 marzo 2014).
Grazie Giuseppe, grazie davvero!
Grazie Avvocato per la sua consueta disamina chiara, completa e soprattutto reale! tanti dei nostri amministratori fanno finta di non vedere (vedi la questione Corridomnia di cui oggi ancora non si sa nulla ma la cui reltà dei fatti risulta fin troppo evidente)…. a mio avviso bisognerebbe rivedere molte leggi e prevedere molte nuove sanzioni ben più pesanti delle attuali…. sono dell’avviso che vanno previste pene severissime come l’isolamento nel vero senso della parola… una bella isola senza luce, senza telefono, senza tv… al di fuori dal mondo. Questo dovrebbe spettare a chi è condannato per reati di mafia…. ma non si avrà mai un inasprimento delle pene poichè i nostri politi sono, in molti casi, collusi con la mafia da non potervi remare contro ed anzi attenuare certe pene per rendere le condanne “più leggere”.
Una frase del nostro premier è sempre in grado di riportare la luce della speranza in qualsiasi tenebra anche mafiosa, ma in Renzi più che la parola scritta ci dona immensa fiducia nei destini della nazione il parlato (anche inglese, vedi http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/10/renzi-la-supercazzola-in-inglese-il-premier-meglio-di-berlusconi-e-rutelli/1056421/) corredato dalla visione della straordinaria gamma di intense ed ardimentose espressioni facciali della quale madre natura l’ha dotato.
Analisi esatta, domanda: Chi ci ha dormito sopra o ha preferito non approfondire, visto che queste famiglie già conosciute per i loro legami nei loro territori di origine, sono insediate nel maceratese da almeno 20 anni? Occorreva un’omicidio? Erano dormienti loro o chi li doveva controllare? Non possiamo sperare nei Saviano, è lo Stato con i suoi preposti che deve fare il suo dovere.
Ma come, fino a qualche mese fa’ le Marche venivano descritte come un’isola felice? Si viveva a lungo, non c’era droga e non c’era malavita. Cosa e’ successo.
Ma cosa vi aspettate?
Lo sapete che solo a macerata ci sono una trentina di pentiti con omicidi sulle spalle che passeggiano tranquillamente per la città?
Un detto delle nostre parte recita: “le cerque non fanno le arance” ….. traete voi le conclusioni.
Riallacciandomi a sopra.
Lo Stato siamo noi tutti. Non è un super eroe che ci tutela ….. siamo noi ognuno nel suo piccolo che deve fare qualcosa per migliorare e per difenderci. L’unione fa la forza.
Pure Pieve Torina??? Ma pensa tu.
il negazionismo e le sottovalutazioni sono due aspetti molto gravi che confermano la falsità dello slogan ridicolo e infantile della regione ‘isola felice’ che non è mai stata perché non esistono le isole felici.