La conferenza stampa di ieri sugli arresti. Da sinistra il colonnello Stefano Di Iulio, il procuratore Giovanni Giorgio e il colonnello Leonardo Bertini
di Gianluca Ginella
Domani gli interrogatori di Giuseppe e Salvatore Farina che la procura di Macerata ritiene essere gli autori del delitto di Pietro Sarchiè. Intanto all’esito dei probabili ricorsi al tribunale del Riesame da parte dei difensori degli indagati, la procura potrebbe decidere di chiedere il giudizio immediato sia per i due Farina, che per gli altri indagati nell’indagine sull’uccisione del commerciante 62enne di San Benedetto.
Chiuso il cerchio delle indagini sul delitto Sarchiè, condotte dal Reparto operativo dei carabinieri di Macerata e coordinate dal procuratore Giovanni Giorgio insieme ai sostituti Claudio Rastrelli e Stefania Ciccioli, da domani inizieranno gli interrogatori di garanzia davanti al gip. I primi ad essere sentiti saranno Giuseppe e Salvatore Farina, padre e figlio, indagati per l’omicidio premeditato di Pietro Sarchiè: che avrebbero ucciso per via della concorrenza che faceva loro per la vendita ambulante di pesce.
Giuseppe Farina, con le stampelle, esce dalla caserma di Macerata scortato dai carabinieri del Reparto operativo che lo hanno catturato in Sicilia
Una indagine in cui i carabinieri e la procura hanno dettagliato ogni aspetto, curato ogni frame della storia dell’omicidio di Sarchiè supportato da testimonianze e dalle analisi dettagliatissime delle movimentazioni telefoniche. I carabinieri e la procura non hanno trascurato nulla, nemmeno di andare a verificare che fine avessero fatto le cassette di pesce che Sarchiè aveva sul furgone, riconosciute, grazie ad alcune fotografie, da un addetto alla raccolta rifiuti che agli investigatori ha riferito di essere stato chiamato da Farina che le voleva smaltire. Dettagli che fanno parte delle oltre 5mila pagine, compresi i vari allegati tecnici, dell’ordinanza di custodia cautelare e che in queste ore stanno esaminando i legali degli indagati. «Stiamo leggendo la documentazione, poi faremo le nostre osservazioni e ci sentiremo per scegliere la migliore linea difensiva. Domani incontreremo i Farina in carcere prima dell’interrogatorio (che è fissato alle 15, ndr)» dice l’avvocato Marco Massei che assiste padre e figlio insieme all’avvocato Mauro Riccioni. «Domenico Torrisi non sapeva che a monte di questa vicenda ci fosse un omicidio, sennò avrebbe chiuso tutti i rapporto con Farina.
Questo è il primo elemento. Il secondo elemento è che, noi sosteniamo, non si è occupato di smontare il furgone, ha portato alcune parti allo sfasciacarrozze, ma non sapendo che c’era un omicidio a monte» dice l’avvocato Tiziano Luzi che assiste Torrisi insieme al legale Maria Squillaci. Torrisi, indagato per favoreggiamento, riciclaggio e ricettazione è stato anche lui arrestato ieri, era nella sua casa di Gagliole. In manette anche Santo Seminara, che vive a Castelraimondo, anche lui accusato di favoreggiamento, ricettazione e riciclaggio. Lui e Torrisi sono agli arresti domiciliari e saranno interrogati venerdì mattina in tribunale. La procura ha chiesto le misure cautelari per tutti e quattro (unica eccezione è stata per la quinta indagata, Maria Anzaldi, moglie di Torrisi, che deve rispondere di favoreggiamento e la cui posizione appare marginale) per il rischio di reiterazione del reato. Tra l’altro la procura ritiene che i Farina possano ancora avere nella loro disponibilità la calibro 38 usata (per gli investigatori da Giuseppe Farina) per sparare a Sarchiè. Per padre e figlio la procura ritiene vi sia anche il rischio di inquinamento delle prove.
Dopo gli interrogatori e l’esito dei probabili ricorsi dei difensori degli arrestati al tribunale del Riesame per chiedere la modifica della misura cautelare, la procura potrebbe decidere di chiedere il giudizio immediato. Andare subito a processo, insomma, ritenendo di avere in mano elementi di prova evidenti e una granitica ricostruzione della storia di come e da chi fu ucciso, il 18 giugno dello scorso anno, il 62enne Pietro Sarchiè.
(foto di Guido Picchio)
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Scusate, ma la domanda che mi sono sempre chiesto è proprio quella legata ad un potenziale inquinamento della prove, che sussitse anche per la procura: come mai sono stati lasciati liberi 8 mesi, visto che erano indiziati già dall’inizio?