di Gianluca Ginella (foto di Fabio Falcioni)
Faccia a faccia tra consulenti al processo per l’omicidio di Pamela Mastropietro. Uno scontro sulle perizie al processo di Corte d’assise: da una parte il medico legale Mauro Bacci e la tossicologa Paola Melai (consulenti della difesa dell’imputato, Innocent Oseghale), di fronte a loro in aula si sono alternati il tossicologo Rino Froldi (per la procura) con il medico legale Carmelo Furnari (per la famiglia della ragazza uccisa) e successivamente il medico legale Mariano Cingolani (che ha svolto l’autopsia) e Luisa Regimenti (consulente della famiglia).
Per primi sono stati sentiti i consulenti nominati dagli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, che assistono il nigeriano accusato di aver ucciso Pamela Mastropietro il 30 gennaio dello scorso anno. Hanno analizzato gli accertamenti tossicologici. Entrambi i consulenti hanno detto che a loro parere, dalle analisi tossicologiche svolte, anche per il poco quantitativo di sangue presente, «non si può dire se la ragazza abbia avuto o meno una overdose». Melai si è basata sulle analisi svolte dal tossicologo Rino Froldi e dai carabinieri del Ris di Roma. Ha detto che con la poca quantità di sangue a disposizione non era possibile stabilire il quantitativo di morfina presente nel corpo di Pamela ma solo se era o meno presente. Ha aggiunto che manca anche la valutazione su quando sia stata assunta. Ha detto che andava tenuto conto della tolleranza della ragazza, e valutato il fisico della giovane. «Pertanto è possibile dare un valore indicativo, si può dire che c’era presenza di droga ma nulla si può dire sui quantitativi. Non si può risalire a dati matematici su campioni non certi». Ha detto, sull’analisi del Ris, che anche in quel caso i dati non possono essere validi per definire un quantitativo della morfina. «Dati da considerarsi come indicativi – ha ribadito -, non si può parlare di 200 nanogrammi di morfina nel sangue, non ha valore forense il modo in cui è stato analizzato. C’erano anche altre sostanze nel sangue (farmaci, ndr) che possono agire sul sistema nervoso centrale che potevano aumentare l’effetto della morfina».
Per la tossicologa anche il fatto che ci sia stato un lavaggio con la candeggina può avere influito sulla misurazione di sostanze come la morfina. «Indagine tossicologica con questi dati non può dare certezza sulla causa della morte» ha concluso Melai. Sotto il profilo tossicologico, ha detto Bacci: «Qualche dubbio, manca la valutazione quantitativa, e questo inficia un po’ tutto. Si possono fare poi stime matematiche ma non si può dire se sia anche il dato reale. Un dato medio non è indicativo del caso specifico. Magari è vero che non c’è stata overdose. Ma qui parliamo di una opinione, che ha qualche elemento di appoggio, ma non è sostenuta dal dato certo» ha spiegato. Melai sulla overdose ha ribadito che non si può dire se ci sia stata o no perché «non ci sono dato a sostegno per una o l’altra ipotesi. Perché manca un dato ematico certo. Sul quantitativo di sangue che c’era, seppure minimo, poteva essere fatta una ricerca specifica solo sulla morfina». Furnari e Froldi hanno criticato le analisi dei Ris in cui sono state riscontrate e tracce di farmaci (secondo i consulenti della difesa proprio i medicinali potrebbero aver le interagito con l’eroina). «Innanzitutto chiarisco che analisi sulla saliva di un cadavere non si può fare perché non ce n’è. I Ris parlano di fluido orale ma non specificano di cosa si tratti – ha detto Furnari -. Non capisco che cosa abbiano analizzato, non lo dicono. I valori di farmaci trovati inoltre non li indicano». «Queste tracce di farmaci le ho cercare ma non le ho trovate nelle mie analisi. Le metodiche di accertamento usate dai Ris sono fuori dalla corretta prassi».
Il procuratore Giovanni Giorgio
«I Ris sono stati chiamati per analisi genetiche e tracce papillari, nessuno li ha chiamati per fare analisi tossicologiche» ha sottolineato il pm Stefania Ciccioli. Il tossicologo Froldi ha difeso il metodo usato per gli accertamenti, evidenziando come siano stati svolti non solo sul sangue, ma anche sull’umor vitreo e sul fegato. Tutti hanno dato valori, ha detto, nettamente al di sotto di quelli di una overdose. Nella seconda fase dell’udienza il processo si è concentrato sull’autopsia e in particolare sulle ferite al fegato. Bacci ha dato a parlare degli esiti della sua consulenza. «Non ci sono certezze per dire che ci siano lesioni vitali, ma la ferita chiamata “C” andrebbe approfondita. Potrebbe essere, ragionevolmente, una lesione vitale» ha detto il consulente delle difesa, Bacci. Lesione C che è una delle due ferite al fegato che secondo l’accusa sono state inferte a Pamela quando era viva e che dimostrano che la ragazza è stata uccisa. Il consulente ha precisato che per dire se la ferita sia vitale andrebbero svolti ulteriori accertamenti. Sull’altra ferita che per l’accusa avrebbe causato la morte, detta D, invece ha detto che «dagli elementi osservati non sarebbe vitale, sempre a suo parere. Bacci ha premesso che si tratta di un caso complesso e che le divergenze tra esperti ci possono essere». Il medico legale è stato sentito alla presenza di Mariano Cingolani, consulente della procura che ha svolto l’autopsia. Bacci ha detto che comunque, la ferita C al fegato, andrebbe analizzata con altri marcatori. Bacci, extra udienza, su come sia morta Pamela ha detto che «secondo noi potrebbe esserci stata dovuta ad una interazione tra la droga e i farmaci». Ha poi risposto ad una domanda dell’avvocato Marco Valerio Verni, zio di Pamela e legale della famiglia, su come è stata fatta l’articolazione: «Sono state fatte alcune cose che secondo me non hanno spiegazione logica. Per il resto è stata fatta nel modo adeguato, come si dovrebbe disarticolare un cadavere, fatto in punti precisi».
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