«Pamela morì a causa di lesioni da arma bianca». A dirlo è Luisa Regimenti, consulente medico legale della famiglia della 18enne uccisa e che verrà sentita nel corso del processo che si è aperto oggi al tribunale di Macerata davanti alla Corte d’assise. Secondo la perizia svolta per la famiglia della ragazza uccisa, Pamela è morta per «lesioni di tipo vitale inferte con arma bianca». Secondo la consulente «Le prove ematiche condotte in laboratorio dimostrano che a Pamela furono inferti tre fendenti al fegato mentre era ancora in vita, determinandone poi la morte.
C’è anche un secondo importante aspetto da tenere in considerazione: gli esami tossicologici hanno dimostrato che la ragazza non aveva assunto una quantità di stupefacenti tale da causarle una overdose. La mia posizione – continua Regimenti, che fa parte, insieme alla criminologa Roberta Bruzzone e ad altri professionisti, del gruppo di esperti che collaborano in modo diretto con l’avvocato Marco Valerio Verni, zio e legale della famiglia di Pamela Mastropietro – si sovrappone a quella del medico legale Mariano Cingolani, consulente del pubblico ministero, che ha effettuato l’esame autoptico sul corpo martoriato della giovane. Il processo si basa sulle nostre perizie medico legali, così se le nostre tesi dovessero cadere il rischio concreto è quello di ridare la libertà a Oseghale, perché cadrebbe di conseguenza l’accusa di omicidio. Si tratta di un processo molto doloroso per la famiglia» dice Regimenti che sarà sentita il 20 marzo. Nell’udienza successiva (27 marzo) verrà sentita invece Roberta Bruzzone, presente questa mattina in tribunale per assistere all’udienza e pure lei consulente della famiglia Mastropietro. «E’ un caso che voglio seguire da vicino e sarò presente anche in altre udienze e non solo in quella in cui sarò chiamata a testimoniare – ha detto la criminologa Bruzzone -. Penso che imputate dovrebbero essere anche altre persone. Penso a chi ha incontrato Pamela dopo che si è allontanata dalla comunità e che se l’avessero aiutata oggi non ci troveremmo qui».
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