La lettera di Oseghale: chiede perdono, nega di aver ucciso, dice di sentirsi male. Non parla di come sia morta la 18enne ma si rammarica soltanto di averla lascia a casa da sola, dice che quando è tornato era già morta e aggiunge «è stato un grande errore non chiamare un’ambulanza». Parole che oggi nel corso dell’udienza preliminare hanno ascoltato anche i familiari della ragazza uccisa che poi hanno commentato dicendo: «Non lo scusiamo. E’ una presa in giro». Oseghale oggi è stato rinviato a giudizio per il delitto di Pamela Mastropietro, uccisa lo scorso 30 gennaio a Macerata, e il processo (respinta la richiesta di rito abbreviato perché non ritenuta ammissibile) si aprirà il 13 febbraio in Corte d’assise. Lui ha sempre negato, fornendo dichiarazioni contrastanti. Nell’ultima ammetteva di aver fatto a pezzi il corpo. Oggi in udienza ha reso dichiarazioni spontanee in inglese, tradotte dall’interprete in maniera simultanea. Traduzione che è stata verbalizzata, poi il giudice Claudio Bonifazi ha da mandato di svolgere nei prossimi giorni una nuova traduzione, fatta dall’interprete con deposizione giurata. Ma intanto oggi quello che è stato tradotto in aula delle dichiarazioni di Oseghale, è questo: «Mi sento male per quello che ho fatto, chiedo scusa a tutti gli italiani. Mi sento troppo male, chiedo perdono alla famiglia di Pamela. Ogni giorno ripenso a quello che ho fatto e mi sento male. Non dovevo lasciare Pamela da sola a casa quel giorno, quando sono tornato lei era già morta ed ho fatto un grande errore a non chiamare un’ambulanza». Ha poi concluso ripetendo: «Chiedo scusa e mi piacerebbe ricominciare da capo, avere una seconda possibilità. Chiedo perdono. Non ho ucciso Pamela».
(Gian. Gin.)
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