Pamela, un anno dopo
Il delitto e le indagini: la ricostruzione

IL 29 GENNAIO LA 18ENNE si era allontanata dalla Pars. Da quel momento le cose sono precipitate fino all'omicidio. Prima un passaggio di una signora, poi l'incontro con un uomo di Mogliano. La notte del 30 gennaio passata a casa di un taxista e la decisione chiave di un altro tassista che mise i carabinieri sulla pista giusta. La tragica scoperta dei trolley e l'errore del nigeriano

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Pamela entra in farmacia con il trolley. Una immagine chiave per le indagini sul suo omicidio

 

di Gianluca Ginella

«E’ scomparsa da ieri una ragazza di 18 anni che vive in una struttura di Corridonia. La giovane, Pamela Mastropietro, si è allontanata portando con sé una grande valigia, un trolley di colore rosso e blu». Erano le 18,10 del 30 gennaio e questa è la prima notizia con cui Cronache Maceratesi iniziò a parlare di Pamela. Il giorno dopo, alle 11,45 del 31 gennaio, arriva la notizia di un cadavere che era stato fatto a pezzi e sistemato in due valigie rinvenute in una canalina a lato della carreggiata di via Dell’Industria, a Casette Verdini di Pollenza.

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Pamela Mastropietro

A notare le valigie era stata una automobilista che stava passando e che aveva avvisato la polizia municipale di Pollenza. Gli agenti erano intervenuti sul posto per controllare. Pensavano al provento di un furto, ma dentro c’era un orrore che non avrebbero mai più potuto scordare. Il primo step delle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla procura era stato andare a controllare se ci fossero denunce di persone scomparse. E ce n’era una: proprio quella della ragazza di Roma che era ospite a Corridonia della comunità Pars. Il cadavere nella valigia era quello di una giovane donna, una ragazza che aveva le unghie curate.

C’era poi la descrizione della valigia con cui la ragazza si era allontanata: un trolley di colore rosso e blu e il cadavere era proprio in trolley di quel colore e in un secondo, beige. Inoltre anche alcuni oggetti portavano alla ragazza scomparsa dalla Pars. Ma la certezza si è avuta intorno alle 15 del 31 gennaio grazie alle analisi che erano state svolte in obitorio.

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Carabinieri in via Dell’Industria dopo il rinvenimento del corpo di Pamela

A quel punto non c’era più nessun dubbio che fosse Pamela. Ma chi poteva conoscere in provincia una ragazza di Roma che era stata sempre ospite di una Comunità? Chi poteva odiarla al punto da ucciderla e farne a pezzi il corpo? Apparentemente nessuno. Mentre ci si ponevano questi interrogativi il caso di Pamela era diventato nazionale.

I carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Macerata si sono concentrati inizialmente sulla Pars. Sono state acquisite le immagini delle telecamere ed è stato visto che una donna aveva dato un passaggio a Pamela per poi lasciarla in un punto di Corridonia. Lì sono state analizzate le telecamere ed è stato visto che Pamela saliva su di una Fiat Punto. L’auto è di un uomo di Mogliano.

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La farmacia dove Pamela era stata vista viva per l’ultima volta

I carabinieri lo hanno rintracciato e lo hanno sentito e l’uomo ha detto di aver passato con la ragazza qualche ora e di averla poi accompagnata alla stazione di Piediripa. In seguito è emerso che la sera del 29 Pamela ha trascorso la notte a casa di un taxista che vive a Macerata e che la mattina dopo ha accompagnato la 18enne in stazione perché l’intenzione della ragazza pareva quella di ripartire. Cosa che poi non aveva più fatto. Qui è entrato in scena un secondo taxista che aveva accompagnato Pamela ai Giardini Diaz. Lo stesso taxista poi ha incontrato per caso la ragazza, nella farmacia di via Spalato e l’ha vista allontanarsi con un ragazzo nero. A quel punto le indagini dei carabinieri hanno iniziato a muoversi su due fronti: uno in via Spalato, l’altro a Mogliano. Ma la prima si rivelerà la pista giusta.

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Carabinieri in via Spalato

I militari dopo aver visionato le telecamere della farmacia e verificato che era proprio Pamela la ragazza vista in farmacia, si sono mossi nella direzione indicata dal taxista che aveva visto la 18enne e il ragazzo nero imboccare il vialetto che si trova di fronte alla palazzina di via Spalato 124. I carabinieri si sono piazzati sotto la palazzina per vedere chi entrava e chi uscita. E’ stato allora che è uscito dalla palazzina Oseghale, che viveva all’ultimo piano con la compagna. Sulla porta c’era un nastro rosa perché da poco era nata la loro figlia. I militari lo hanno perquisito e addosso gli hanno trovato della droga. Poi sono saliti con lui a casa, all’interno hanno trovato i vestiti di Pamela. Oseghale prima ha negato, poi ha tirato in ballo un connazionale, Desmond Lucky (che poi risulterà aver spacciato una dose di eroina a Pamela). Inoltre dai loro cellulari emergerà anche un terzo nigeriano, Lucky Awelima. La sera del 31 gennaio l’immagine di Oseghale che con i jeans calati viene portato dai carabinieri all’interno della sua casa di via Spalato farà il giro d’Italia.

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Innocent Oseghale portato dai carabinieri alla sua abitazione di via Spalano la sera del 31 gennaio

Secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri Pamela ha incontrato Oseghale ai Giardini Diaz e da lì lui l’ha convinta ad andare a casa sua. Ed è in quella casa che la ragazza è stata uccisa, con due fendenti all’altezza del fegato. Secondo i carabinieri la ragazza è stata prima violentata dal nigeriano e poi uccisa da questo perché voleva andarsene e chiamare le forze dell’ordine. Dalle indagini è emerso anche che la ragazza è stata fatta a pezzi «in modo scientifico» dirà il medico legale Mariano Cingolani, chiamato ad eseguire una seconda autopsia. Oseghale, secondo gli accertamenti degli inquirenti, ha fatto a pezzi la ragazza, in parte ne ha scuoiato il corpo, poi l’ha lavato con la varechina. Una operazione che ha eseguito all’interno della casa dove viveva e sul terrazzo di questa, una casa che era stata affittato alla sua compagna dal proprietario.

pamela-scientifica-in-via-spalatoUna volta compiuta questa macabra operazione, il nigeriano ha poi sistemato il corpo in due trolley e a questo punto Oseghale, sempre secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ha chiamato un taxista abusivo che conosceva per farsi accompagnare in un punto dove abbandonare i trolley, questo verso le 20 del 30 gennaio. Un mistero resta perché gettare le valigie in un punto dove chiunque poteva vederle. Una delle ipotesi degli inquirenti è che il nigeriano non volesse gettarle dove poi sono state trovate ma intendesse andare in un altro posto che però non sarebbe riuscito a trovare. Anche perché quella notte nella zona c’era nebbia. Forse innervosito, agitato, ha deciso di far fermare il taxista per scaricare le valigie e andarsene. Un errore banale che è stato la chiave per incastrarlo subito. 

Sarà comunque il processo al via il 13 febbraio a dover ricostruire i fatti e accertare se, come sostiene la famiglia di Pamela e in tanti pensano, in questa storia c’entrino anche altre persone e Oseghale non abbia agito da solo. Il processo si aprirà al tribunale di Macerata, davanti alla Corte d’assise.

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Alessandra Verni, madre di Pamela, durante la fiaccolata del 6 febbraio a Macerata

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I medici legali Mariano Cingolani (a destra) e Roberto Scendoni

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Innocent Oseghale

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Da sinistra: il colonnello Michele Roberti, comandante provinciale dei carabinieri, il procuratore Giovanni Giorgio e il colonnello Walter Fava che dirige il Reparto operativo

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La madre di Pamela vicino al monumento dedicato alla 18enne nel luogo in cui sono stati trovati i trolley

 

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Un sopralluogo dei carabinieri in via Spalato

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Simone Matraxia, legale di Oseghale

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Una immagine di Pamela

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Una donna porta fiori per Pamela



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