Processo Oseghale, in aula i Ris
Le analisi nella casa e sul corpo
«Mia nipote non era tossicodipendente»

OMICIDIO A MACERATA - Il maggiore Luca Gasparollo: «Mai visto un corpo ridotto così. Tracce ematiche su pavimento, mannaia, cestello della lavatrice. Altre, latenti, sul pavimento: impronte di piedi e scarpe, dell'imputato». Il tenente colonnello Gregori: «Analizzata la saliva della ragazza, tracce di morfina che deriva dall’eroina, e anche di metadone e di due farmaci antipsicotici». I consulenti che hanno svolto le analisi sui telefoni: «La compagna del nigeriano la sera del 30 gennaio lo ha bombardato di chiamate». L'avvocato Marco Valerio Verni: «Oseghale ha calunniato le guardie penitenziare, spero la procura proceda»

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Oseghale all’uscita dal tribunale

 

di Gianluca Ginella e Leonardo Giorgi (Foto di Fabio Falcioni)

Omicidio di Pamela, in aula sfilano i Ris. Sentiti anche i consulenti tecnici che si sono occupati delle celle telefoniche, le guardie carcerarie. Oltre a loro oggi alla Corte d’assise di Macerata sono stati sentiti lo psichiatra che aveva in cura Pamela alla Pars di Corridonia, e il taxista abusivo che accompagnò l’imputato, Innocent Oseghale, 30 anni, nigeriano, che deve rispondere di omicidio volontario, violenza sessuale, vilipendio, distruzione, occultamento di cadavere, a gettare i trolley con dentro il corpo della 18enne.

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Il procuratore Giovanni Giorgio

«Mai visto un corpo ridotto così» ha detto ad un certo punto della sua testimonianza il maggiore Luca Gasparollo dei Ris, uno degli esperti dei carabinieri che ha svolto accertamenti di natura biologica sull’omicidio di Pamela Mastropietro. Una testimonianza in cui ha riportato aspetti di particolare crudezza tanto che la madre di Pamela, presente in aula, ha pianto sentendoli. Il maggiore è partito dal sopralluogo a casa di Innocent Oseghale. Ha riferito che per prima cosa all’interno dell’appartamento di Oseghale in via Spalato 124, a Macerata, hanno cercato tracce ematiche che fossero visibili allo sguardo, e successivamente quelle latenti, scoperte grazie al luminol. Per le tracce ematiche visibili «Ne abbiamo trovate nel cestello della lavatrice, sul pavimento del salone, su una mannaia, su di un abito della vittima» ha detto il maggiore Gasparollo. Poi sono state trovate tracce di sangue latenti. Ce n’erano sul pavimento del salone, erano tracce di qualcuno che ha camminato nel sangue.

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Il maggiore Luca Gasparollo

Due serie: una a piedi nudi, l’altra con calzature. «Le impronte plantari erano dell’imputato e per le scarpe ne è stato trovato un paio in casa la cui suola è compatibile con le impronte trovate e all’interno c’erano tracce di dna di Oseghale – ha detto il maggiore dei Ris di Roma –. Il sangue trovato e individuato era di Pamela». Sul corpo fatto a pezzi ha detto: «Non è stato solo disarticolato ma c’è stata anche la rimozione di tessuti e dell’epidermide. Possiamo parlare di scarnificazione. In particolare per gli organi genitali e la cassa toracica». Il maggiore ha poi parlato delle tracce di dna sul corpo di Pamela. Dna di Oseghale è stato trovato sulle labbra della vittima, sulla lingua, sotto un’unghia e sugli organi genitali. Sul corpo i carabinieri hanno ritenuto di rilievo altre tracce di dna, questa volta attribuibili ad un uomo, un taxista argentino, poi indagato per violenza sessuale, che con Pamela aveva consumando un rapporto il giorno precedente il delitto. Altro dna era stato trovato sulle calze della ragazza ma si tratta semplicemente di quello dell’uomo che aveva venduto dei capi di abbigliamento alla famiglia Mastropietro.

Il tenente colonnello Adolfo Gregori dei Ris ha invece riferito delle analisi sulla saliva di Pamela: «Abbiamo trovato tracce di morfina che deriva dall’eroina, e di codeina, anche questa presente nell’eroina. Abbiamo anche trovato tracce di metadone e di due farmaci antipsicotici».

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Luca Russo, consulente tecnico della Procura

I consulenti della procura Luca Russo e Daniele Peroni hanno invece riferito sulle analisi dei telefoni. Hanno detto che Oseghale il 30 gennaio, giorno del delitto, in base alle celle telefoniche era a casa dalle 11,37 alle 13,45 e dalle 16,30 alle 17,49. Poi aveva il cellulare spento tra le 18,58 e le 22,08. Alle 22,37 il contatto con il taxi sta abusivo da cui poi si fece accompagnare a Casette Verdini per gettare i trolley. Hanno poi riferito dei contatti della compagna con Oseghale la sera del 30 gennaio. «Reiterati, a livello di bombardamento». Poi hanno riferito di alcuni messaggi che la donna ha scritto a Oseghale quel giorno: «Lo chiamava “Puttaniere, falso”». Poi appellava, una ipotetica ragazza, chiamandola: “putt…, sfasciafamiglie”. Parlava della presenza di una donna in casa, faceva videochiamate continue, diceva di essere convinta che fosse in compagnia di una donna». Inoltre hanno riferito che nel pomeriggio del 30 gennaio, quando Pamela venne uccisa, dai riscontri delle celle telefoniche «Desmond Lucky poteva trovarsi nella casa di Oseghale». Nel corso dell’udienza sono state sentite anche alcune guardie penitenziarie. Hanno riferito in merito ad un biglietto scritto da Oseghale, con indicato il nome di Desmond e un indirizzo (via Velini). Biglietto che il nigeriano avrebbe detto di essere stato costretto a scrivere e che le guardie lo avrebbero picchiato. Le guardie hanno negato di aver picchiato Oseghale. Un’altra guardia, Raffaele D’Alba, del carcere di Marino del Tronto, ad Ascoli, ha detto, sugli incontri tra Vincenzo Marino, ex collaboratore di giustizia sentito la scorsa udienza, e Oseghale, che i due avevano litigato e che dopo quell’episodio «è stato disposto il divieto di incontro. Se li avessimo fatti parlare saremmo andati incontro a sanzioni disciplinari». I difensori di Oseghale, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, hanno chiesto se fosse possibile che i due fossero rimasti a parlare per 45 minuti senza essere visti «Impossibile» ha detto la guardia. Il processo è stato rinviato al 20 marzo per sentire i consulenti che si sono occupati degli esami medico legali (a cominciare dall’autopsia). Non sarà più sentita la compagna di Oseghale, i giudici acquisiranno le dichiarazioni che ha fatto nel corso delle indagini agli inquirenti. L’udienza si è poi chiusa intorno alle 18,40.

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Lo zio di Pamela con la mamma all’arrivo in tribunale

«Credo che oggi sia emerso un dato importante e cioè che Pamela non era una tossicodipendente ma soffriva di un disturbo borderline – ha detto l’avvocato Marco Valerio Verni, che assiste il papà e la mamma di Pamela, parte civile al processo –. Oseghale non lesina calunnie verso nessuno, nemmeno verso le guardie penitenziarie che aveva detto l’avevano picchiato per fargli scrivere il famoso foglietto. Spero la procura agisca per calunnia verso Oseghale. Ne mina ulteriormente la credibilità. Aspetti tecnici confermano inoltre che Desmond Lucky poteva essere nella casa di via Spalato. Dai tabulati non si può escludere la presenza di Desmond Lucky nella casa. A mio avviso lo psichiatra sentito questa mattina è stato approssimativo in tante situazioni. L’ultima volta che ha intervistato Pamela è il 16 gennaio, il 30 gennaio non poteva sapere in che condizioni fosse quando ha lasciato la comunità». Sul rapporto avuto da Pamela con un altro ospite della comunità: «La promiscuità sessuale faceva parte della patologia di cui Pamela soffriva. In una comunità protetta dovrebbero essere vigilati i rapporti che ci sono tra gli ospiti». Sulla compagnia di Oseghale, l’avvocato Verni ha detto: «è da stigmatizzare che oggi si sia resa irreperibile». Un’udienza particolarmente dura per la madre di Pamela, che è apparsa provata alla fine dell’udienza, come ha spiegato anche l’avvocato Verni.

Al processo l’accusa è sostenuta dal procuratore Giovanni Giorgio e dal sostituto Stefania Ciccioli. Le altri parti civili sono il comune di Macerata (tutelato dal legale Carlo Buongarzone) e il proprietario della casa di via Spalato 124, assistito dall’avvocato Andrea Marchiori.

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I primo piano gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi

 

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