I genitori di Pamela a Innocent Oseghale: «Non ti perdoniamo, meriti una condanna esemplare». Alessandra Verni e Stefano Mastropietro, mamma e papà della 18enne barbaramente uccisa lo scorso 30 gennaio a Macerata e il cui corpo è stato poi fatto a pezzi e sistemato all’interno di due trolley, hanno scritto una lettera, pubblicata su Facebook, dove rispondono al nigeriano accusato di aver ucciso la ragazza e che nel corso dell’udienza preliminare dello scorso 26 novembre, quando poi è stato rinviato a giudizio, aveva chiesto scusa ai famigliari.
Nella lettera dicono «siamo ora noi a chiedere a te: come possiamo accettare le scuse che ci hai rivolto in udienza, quando un giudice, con coraggio, ti ha rinviato a giudizio per aver violentato, ucciso, depezzato chirurgicamente, scuoiato, scarnificato, disarticolato, esanguato, lavato con la varechina, messo in due trolley ed abbandonato sul ciglio di una strada nostra figlia Pamela, che aveva appena 18 anni? Il fatto che tu abbia solo pensato di farlo, dimostra inequivocabilmente che per te, fare quello che hai fatto, è la normalità. Perché vedi, non è solo il fatto di averla violentata ed uccisa, ma anche quello che hai fatto dopo: un qualcosa che non ha precedenti e che dimostra, da una parte, una demoniaca freddezza, dall’altra una ferocia che non ha eguali». I genitori di Pamela dicono inoltre di aver visto col tempo le foto di quello che era stato fatto alla figlia «ci siamo sentiti male, abbiamo vomitato, abbiamo pianto disperatamente, non siamo andati a lavoro per settimane – scrivono –. E per lunghe notti non abbiamo dormito, accompagnati tuttora dalle immagini di quei tragici ultimi momenti di nostra figlia. Rivivere la sua paura, la sua angoscia, il suo terrore» scrivono i genitori. Che aggiungono «Per non pensare, poi, a quello che pur emergerebbe in alcuni documenti processuali: ossia averla iniziata tu a fare a pezzi quando era ancora viva». Genitori che non hanno potuto nemmeno dare un ultimo abbraccio alla figlia per le condizioni in cui si trova il corpo, che a fatica era stato ricomposto.
«Come possiamo perdonarti? Una domanda simile, fatta a noi, vuole anche dire che tu ti sia già perdonato. O, peggio, che non ti sia mai pentito. E torniamo a quanto sopra: ossia, che tu non ti sia forse neanche reso conto di quel che hai fatto, perché per te è probabilmente la normalità. Hai chiesto poi, come se non bastasse, una seconda possibilità: ma perché non racconti agli italiani, cui pure ti sei rivolto, chi sei? Perché non racconti che sei qui in Italia da anni, venuto come richiedente protezione internazionale, dicendo di essere un perseguitato al tuo Paese, salvo poi esserti dedicato, nella terra che ti aveva ospitato a prescindere (così dicono le leggi internazionali, salvo il vaglio dei requisiti che avviene solo in un secondo momento), a spacciare droga e ad essere anche condannato per questo? Perché non racconti di non aver seguito, ad un certo punto, i programmi utili ad integrarti, perché avevi altro da fare (spacciare, appunto)?». I genitori nella lettera continuano: «come fai a chiedere una seconda possibilità? Per fare cosa? Per tornare a spacciare? O a spezzare altre vite come hai fatto con quella di nostra figlia? Perché vedi, dal tuo curriculum, verrebbe più da pensare questo che altro».
Alessandra Verni e Stefano Mastropietro continuano dicendo: «Perché non racconti di tutto il resto che, di marcio, emerge dalle carte processuali, finalmente in nostro possesso? E che denuncia, inequivocabilmente, quello che abbiamo sempre ipotizzato? Ossia che dietro di te ci possa essere la mafia nigeriana? E che essa possa coinvolgere anche altri soggetti, inclusi a vario titolo in questa vicenda? Chiedi scusa agli italiani, dunque, di cosa? Di aver venduto droga ai loro figli? E a noi? Di aver ridotto in quel modo nostra figlia che, a quanto risulta, voleva tornare a casa da noi? E te lo aveva pure detto, piangendo?». La lettera poi torna sulla richiesta di Oseghale: «No, non ti perdoniamo. È una lettera, la tua, che dimostra ulteriormente chi tu sia. Non meriti nulla, se non una condanna esemplare, che ti releghi in carcere per il resto dei tuoi anni a venire, fino a quando qualcuno, più in alto di noi, non sia chiamato a giudicarti. Cercheremo di sopravvivere allo strazio ed al dolore, consapevoli che la nostra battaglia è quella di tutto un mondo civile che non vuole che quello che tu hai fatto possa riaccadere. E vogliamo credere in una giustizia che sia, una volta tanto, davvero giusta. Un primo passo è già stato compiuto: un giudice, come dicevamo prima, ti ha rinviato a giudizio, rigettando la tua richiesta di rito abbreviato.
Forse avresti preso una condanna esemplare anche in quel modo – continua la lettera –, ma il solo pensiero che tu, accusato degli efferati fatti che hanno riguardato nostra figlia, potessi anche solo in linea teorica, godere dello sconto di pena, ci faceva rabbrividire. Ora, ci vedremo al processo: noi combatteremo, come abbiamo fatto finora. Per dare giustizia a nostra figlia ed a tutte le altre persone che, purtroppo, non hanno avuto una seconda possibilità, perché hanno incontrato sul loro cammino persone come te. E per far sì che, ad averla, questa seconda possibilità, sia chi veramente ne abbia diritto. Levare dalla circolazione ed affidare alle patrie galere persone come te, è certamente un passo importante, affinché ciò accada. L’istinto, dato quello che hai fatto, vorrebbe altro, ma noi siamo una famiglia perbene: aspettiamo che una corte ti giudichi. Perché vedi, nel nostro Paese funziona così. E, anche se è difficile rimanere lucidi, siamo comunque fieri di appartenere ad un popolo che è solito affidare anche il peggiore dei criminali al giudizio di un tribunale».
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Anche se non lo hanno perdonato (e mi auguro che non lo facciano mai), si sono dimostrati dei gran signori, nel vero significato della parola; pur nella tremenda ed atroce disgrazia che hanno subito, sono riusciti a mantenere quella dignità, lucidità, fierezza e senso di vera giustizia che contraddistingue molti esseri umani, lontane anni luce dalla viscida ipocrisia, vigliaccheria ed egocentrismo di molti, anche se, purtroppo, questa fierezza e coraggio sono doti non di tutti e, in particolar modo, per tutti. gv
Il mio parere è che l’opinione pubblica italiana ora come ora saluterebbe ben volentieri il ripristino della pena capitale per casi come questo. O come quello di Yara e tanti altri purtroppo. Io non dico personalmente di essere a favore o no (secondo me però per il tizio in questione è appropriata la sedia elettrica vera e propria). Ma dico che gli italiani se chiamati a referendum la vorrebbero. E poi come !
Per Passaretti. Che cosa succederebbe se dopo l’esecuzione della sentenza si scoprisse che il condannato era innocente? Condannato invece all’ergastolo si potrebbe rimediare all’errore giudiziario.
Per quella povera ragazza c’e’stata la pena di morte?
Chi spaccia droga, con le motivazioni e le giustificazioni del caso, bianco o nero o giallo che sia, è un assassino a piede libero che uccide un altro individuo. Quella congrega politica che ha permesso ciò la conosciamo. Quindi, quella stessa congrega è la responsabile morale dei morti per droga e per l’assassinio di Pamela. Anche se in ritardo, pur con la carenza di leggi adeguate, altra politica e le forze dell’ordine stanno tentando di arginare il fenomeno di questo tipo di delinquenza. Il nostro guaio è che siamo falsamente democratici, falsamente cristiani, falsamente buoni. Siamo, in pantofole, a discutere e giudicare, Ma, cosa faremmo al responsabile, o ai responsabili, se Pamela fosse stata nostra figlia? Se un nostro figlio o nipote finisse nella spirale della droga? Sorrido al pensiero che, pur torchiato con gli sfinenti interrogatori, il responsabile tace e non rivela la verità… Lo psichiatra Meluzzi ha fatto affermazioni illuminanti su particolari rituali. Perché il corpo di Pamela fu abbandonato ai lati della strada, con un testimone, dove tutti lo potevano vedere e dove sarebbe stato facile prelevarlo? In Africa, dopo una mezzora di trattamenti, si sarebbe scoperta la verità. Qui nell’Italia buonista e cattocomunista non si può e non si vuole… Si ha l’impressione che si sia di fronte ad un caso come quello del mostro di Firenze. Ci stanno portando verso un avvenire orrendo.