di Gianluca Ginella
Un tribunale “blindato”, posti nell’aula di Corte d’assise limitati, divieto di foto e video: il processo per l’omicidio di Pamela Mastropietro partirà mercoledì ma da tempo il presidente del tribunale, Gianfranco Coccioli, ha impartito le disposizioni sulla sicurezza all’interno del palazzo di giustizia di Macerata. Dopo gli episodi avvenuti di fronte al tribunale in occasione dell’udienza preliminare, quando c’era stata una manifestazione contro il nigeriano accusato del delitto ed erano stati presi di mira anche i suoi legali, c’è massima allerta per l’udienza di mercoledì.
Se questo è il contorno, per quello che accadrà in aula da un punto di vista processuale, occorrerà attendere mercoledì quando Innocent Oseghale comparirà di fronte alla Corte d’assise per rispondere di una sfilza di reati: omicidio volontario, violenza sessuale, distruzione, vilipendio, occultamento di cadavere. I difensori del 30enne nigeriano, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, hanno rinunciato al momento a chiedere di fare il processo con rito abbreviato dopo che le condizioni che avevano posto per scegliere questa strada erano state cassate dal Gup Claudio Bonifazi nell’udienza del 26 novembre scorso quando il nigeriano era stato rinviato a giudizio. Una possibilità che, comunque, aleggia ugualmente perché è possibile per i legali riproporre la richiesta alla prima udienza davanti alla Corte d’assise. Magari variando un po’ sul tema delle richieste a cui legare il rito (l’altra volta era condizionato all’ascolto di 3 testimoni). Al momento però l’ipotesi più probabile è che la difesa farà il processo con rito ordinario. L’obiettivo è dimostrare ciò che Oseghale, dopo aver cambiato più volte versione, ha affermato alla fine: Pamela Mastropietro quel 30 gennaio 2018 non l’ha uccisa ma si è sentita male dopo aver assunto eroina.
Tesi che però non trova riscontro negli accertamenti svolti da medico legale (Mariano Cingolani) e tossicologo (Rino Froldi) che hanno svolto le consulenze per la procura in fase di indagine. Per loro la droga non c’entra con la morte della 18enne. C’entra invece per i consulenti della difesa, che sostengono la giovane sia morta per overdose. E questo in estrema sintesi è il nodo del processo. Si vedrà poi se i giudici (a presiedere la Corte d’assise sarà Roberto Evangelisti che guida la sezione penale del tribunale di Macerata) vorranno nominare a loro volta dei consulenti per avere un ulteriore parere su quanto accertato in fase di autopsia. Altro tema riguarda il fatto se il processo si svolgerà a porte aperte o a porte chiuse. Normalmente un processo con rito ordinario in Corte d’assise di svolge alla presenza del pubblico, a meno che le parti interessate (difesa, accusa o parte civile) non chiedano di escludere dall’aula gli “estranei”.
Da sinistra: il colonnello Michele Roberti, comandante provinciale dei carabinieri, il procuratore Giovanni Giorgio e il colonnello Walter Fava che dirige il Reparto operativo
Potrebbero essere i giudici stessi comunque a scegliere di chiudere le porte per svolgere il processo in maniera più serena. Aspetti che comunque verranno valutati in corso d’opera. Al momento di richieste di fare il processo a porte chiuse non ce ne sarebbero e la difesa stessa non sarebbe orientata verso questa ipotesi. Ultimo aspetto la parte civile. In udienza preliminare il gup ha ammesso la costituzione dei famigliari di Pamela Mastropietro (la mamma e il papà), rappresentati dallo zio della 18enne uccisa, Marco Valerio Verni. Oltre a loro Parti civili saranno anche il comune di Macerata (tutelato dall’avvocato Carlo Buongarzone) e il proprietario della casa di Macerata, in via Spalato 124, ultimo piano, dove viveva Oseghale e dove la ragazza è stata uccisa (assistito dall’avvocato Andrea Marchiori). La famiglia è convinta che Oseghale non abbia agito da solo ma che ci siano dei complici. Una tesi che la procura non esclude a priori anche se gli inquirenti hanno sempre detto che nonostante le indagini accurate che sono state svolte, non sono state trovate prove del coinvolgimento di altre persone nel delitto. Si vedrà se al processo emergeranno aspetti capaci di dare input ad altre indagini sul delitto della 18enne.
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Correrebbe più rischi se il processo si terrebbe al Ristorante “Re della mezza Porzione” . A Macerata sta in una botte di ferro.