Enea Simonetti all’arrivo in tribunale per l’udienza di oggi
di Gianluca Ginella (foto di Fabio Falcioni)
Rosina Carsetti raccontata dall’altro figlio, Enea Orazi, che ha testimoniato oggi davanti alla Corte d’assise del tribunale di Macerata: «Con lei un rapporto particolare, quando dissi che volevo cambiare lavoro mi diede dell’ingrato e per anni non ci parlammo». Il pm lo ha incalzato sulle intercettazioni: «Parlando con sua sorella il giorno prima di essere sentito da noi dicevate le cose da dirci». La sentenza del processo è prevista per il 15 dicembre.
L’ultima testimonianza dell’udienza di oggi per l’omicidio di Rosina Carsetti è stata quella dell’altro figlio della 78enne e di Enrico Orazi, Enea Orazi che in aula ha parlando davanti al nipote, Enea, al papà e alla sorella Arianna (tutti e tre imputati per l’omicidio della 78enne, uccisa il 24 dicembre del 2020). Dopo sette testimoni, tra cui Daniele Simonetti (papà di Enea), palla al centro intorno alle 13 e via alle domande dei difensori degli imputati (gli avvocati Valentina Romagnoli, Andrea Netti, Olindo Dionisi e Barbara Vecchioli).
Gesto di saluto di Arianna Orazi all’uscita dal tribunale oggi pomeriggio
«Con mia madre avevo un rapporto un po’ particolare – ha detto Enea Orazi – diciamo che dopo che ho lasciato l’attività di famiglia i rapporti si sono un po’ raffreddati. Mia madre non era molto contenta di questa mia scelta. Per un periodo non ci siamo neanche sentiti né visti» ha detto Enea Orazi. E ha raccontato che circa 10 anni fa «ero andato a casa loro per spiegare qual era la situazione lavorativa che volevo intraprendere da lì in poi, volevo cambiare lavoro. Ho visto mia madre dare in escandescenza. Mi ha detto “sei un ingrato”, da lì non ci siamo parlati per un periodo di tempo, poi ci siamo riavvicinati un po’ grazie a mia moglie, un po’ per un problema che dovevano acquistare un’altra attività e avevano bisogno che mettessi una firma di garanzia. Allora lì si era rifatta sentire».
Enrico Orazi con l’avvocato Barbara Vecchioli
Ha raccontato che anche i suoi figli non si vedevano spesso con la nonna. «Avrà visto i miei figli, nell’arco di vent’anni, venti volte in tutto. Non era una nonna che portava i nipoti a casa». Ha poi raccontato che Rosina aveva litigato con il fratello «e non ci ha parlato più per 15 anni. Io con mio zio ero in buoni rapporti, due o tre anni fa ho fatto un giro con mia moglie a Ravenna, dove vive, per incontrarlo e siamo rimasti in contatto. La lite tra loro era nata per una questione di una credenza».
Gli è stato poi chiesto se la madre avesse la tendenza a lamentarsi: «Sì, lo faceva spesso, anche quando veniva da me si lamentava sempre della sua situazione. Era sempre un po’ insoddisfatta, diciamo faceva parte del suo carattere. Non so poi perché, non le mancava niente. So che si lamentava un po’ in generale con tutti. Era una donna dal carattere molto forte, molto energica, faceva valere le sue posizioni, era difficile farle cambiare idea se aveva una posizione».
Rosina Carsetti
Enea Orazi parlato poi dei rapporti degli ultimi tempi tra la madre e la sorella: «Una volta mia madre mi ha detto che Arianna era prepotente, che aveva scombinato casa, che non aveva più una vita sua. Ho chiamato Arianna, ho chiesto cosa fosse successo. Il problema era che dovevano mettere a posto gli armadi e mia madre aveva parecchie scarpe e Arianna aveva chiesto se poteva toglierne qualcuna per lasciare spazio a loro. Mia madre era abituata alla sua routine. Non mi ha mai detto di maltrattamenti fisici o verbali. Mai detto di temere per la sua incolumità o di avere paura di Enea. Con me non si è mai lamentata che non avesse soldi, che avesse freddo, che non ci fosse cibo in casa. Dopo il dissequestro sono stato il primo ad accedere, i frigoriferi erano pieni, abbiamo buttato 10-12 sacchetti di roba». Il pm Vincenzo Carusi: «Ha detto che suo padre teneva Rosina in un palmo di mano…».
Carabinieri alla villetta di Montecassiano
«E’ vero – ha risposto Enea Orazi -, però diceva anche che spendeva troppo. Mia madre aveva 20-30 euro al giorno, le vecchie 50mila lire, a quello che sapevo». A questo punto il pm ha fatto riferimento ad una intercettazione del 18 gennaio 2021 (il 19 gennaio Enea Orazi era atteso da pm e carabinieri per essere sentito). Si sentono Enea Orazi con la sorella e la moglie. «Prima di venire da noi ci sono un fiume di botte e risposte tra lei, sua sorella e sua moglie – ha detto Carusi – per dire cosa avreste dovuto dirci a proposito di domande che avremmo fatto. Parlando di soldi, Arianna dice: “gli dici non aveva niente da lamentarsi, se ti dicono se è vero che le davate 10 euro, rispondi che tua sorella le aveva fatto pure il bancomat”. Ma è stato suo nipote a dirci che le davano solo 10 euro, non 20 o 30, non il bancomat». Orazi ha risposto «Non lo so, a me non l’hanno detto».
Al centro il pm Vincenzo Carusi
Ancora il pm: «Durante questo colloquio prima di venire da noi, si capisce che sua sorella cerca di imprimerle in testa cose da dire, tipo che sua madre fumasse quattro pacchetti di sigarette al giorno. Un tentativo continuo di mettere in cattiva luce sua madre» e poi ha aggiunto: «A sua sorella non ha chiesto perché fosse necessario dire queste cose? Lei sapeva che sua madre era stata uccisa da un rapinatore ignoto. Ma voi parlate solo di vostra madre, alcolizzata, fumatrice, rompiscatole, mai di aggressione di uno sconosciuto. Perché?».
A questo Orazi ha risposto: «Non lo so, non ho la più pallida idea». Poi si è passati alla questione della versione del delitto del rapinatore (la prima data dagli indagati). Qui l’accusa ha chiesto: «Lei, intercettato subito, parla con suo padre. Ha mai avuto dubbi sulla versione dei fatti?». Orazi ha risposto: «All’inizio in caserma non ho messo in dubbio quella versione, i dubbi mi sono venuti dopo quando mi avete fatto leggere la dichiarazione di mio nipote (che in sostanza smentiva la versione del rapinatore, ndr)».
Il pm ha poi fatto riferimento ad una intercettazione delle 8,25 del mattino del 25 dicembre 2020: «Lei parla con suo padre e dice “Che è successo, che c… è successo? Non le rispondeva suo padre…». «Non mi diceva niente – ha risposto Orazi – Non rispondeva. Ho creduto alla storia della persona entrata, ho pensato fosse ancora frastornato dopo essere stato picchiato». Orazi in quella intercettazione aveva insistito col papà per sapere cosa fosse accaduto, ma, ha detto ancora il testimone «lui stava zitto, piangeva, balbettava, non capivo». Finita la testimonianza il giudice Andrea Belli, presidente della Corte d’assise, ha rinviato il processo al 13 ottobre e ha indicato nel 15 dicembre il giorno in cui ci sarà la sentenza (salvo slittamenti di udienze da qui a quella data).
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