«Don Giancarlo prega per noi, non so come ne usciremo fuori da questa epidemia». E’ solo una delle confidenze che don Giancarlo Tomassini, parroco e cappellano ospedaliero ha ricevuto dai medici in prima linea del Covid Hospital di Civitanova. Quando la stanchezza e lo sconforto minano la fiducia nella scienza, anche i medici fanno appello alla fede. E anche il lavoro di Don Giancarlo, all’interno dell’ospedale è cambiato, da conforto ai malati e ai loro familiari a sostegno al personale affaticato e provato da turni. «Il personale chiede continuamente preghiere – dice don Giancarlo – prima non avveniva. Gli operatori sanitari hanno paura di non farcela, sono preoccupati per le loro famiglie, temono di essere contagiati. È provante per noi, non posso immaginare per alcuni di loro.
La mia presenza in questo periodo difficile è molto limitata, perché non posso entrare nei reparti: da una parte mi fa essere anche egoista perché sono quello che meno rischia, ma nello stesso tempo mi fa sentire anche un codardo, ho la sensazione che siano gli altri a combattere la battaglia e io invece resto a guardare. Mi domando a tal proposito se un intervento della Conferenza episcopale italiana non possa attivare un confronto con il Ministero della Sanità e favorire una maggiore possibilità di presenza e vicinanza agli ammalati di noi cappellani, almeno per garantire ai pazienti di covid 19 un servizio religioso, se non altro al di fuori dei reparti di rianimazione o di terapia intensiva, ma comunque dentro l’ospedale. Di fatto ci è vietato di accedere alle corsie degli ospedali, di entrare nelle case di riposo e nelle Rsa. Rimane dunque la domanda: come poter stare vicino a chi soffre, accompagnare il malato, e allo stesso tempo rispettare le giuste limitazioni imposte dalle autorità per il bene di tutti?» Interrogativi aperti in questo momento in cui la difficoltà di gestire l’emergenza ha lasciato indietro l’aspetto più legato alla necessità del sacro. Eppure proprio in questo momento sono i medici i primi ad aver bisogno di conforto: «La settimana scorsa – racconta don Giancarlo – ho incontrato un medico che usciva dalla rianimazione, dopo 12 ore di lavoro, stanco e con gli occhi lucidi, mi ha detto: “don Giancarlo mi raccomando attento al contagio, qui la situazione è drammatica: prega, preghiamo. Perché non so come usciremo fuori da questa epidemia, mancano le risorse, manca il materiale. Ora vado a casa devo mangiare da solo e non posso abbracciare né i miei bambini né mia moglie” e poi si è messo a piangere».
(l .b.)
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