di Andrea Braconi
Metro per metro, pannello per pannello, bullone per bullone. Guido Bertolaso è un fiume in piena, ha voglia di raccontare il grande lavoro fatto dai circa 100 operai che, divisi in tre turni di 8 ore, dal 20 aprile stanno allestendo il Covid Hospital di Civitanova Marche. A loro si aggiungono i 40 volontari dell’Ordine di Malta, un gruppo che comprende sia il corpo militare che quello di soccorso della stessa organizzazione non governativa. Una squadra mista mista di professionisti e volontari, nella quale sono presenti anche ingegneri, architetti, avvocati e contabili: un esempio di management piuttosto elevato, come ribadiscono i referenti dello stesso Ordine.
DENTRO IL COVID HOSPITAL – All’esterno Bertolaso mostra i silos con ossigeno medicale, evidenziando come nelle sale sia presente una pressione negativa, “altrimenti il virus, che sta dentro per la presenza dei malati, potrebbe diffondersi ovunque”. “Così si protegge anche l’ambiente circostante” afferma, rispondendo indirettamente ai dubbi per la presenza dell’ospedale accanto ad un centro commerciale e ad un palazzetto dello sport. “Tutto è stato fatto come prevede la legge ed è un sistema modernissimo ed efficace”.
Il primo bullone è stato messo il 20 di aprile, tre giorni dopo il suo annuncio. E oggi è tutto un frastuono di trapani, fresatrici, martelli e fili passati di reparto in reparto. Dentro mostra i quadri elettrici ed i server. “Tutto è cablato e informatizzato, con ogni letto che avrà il proprio monitor”. Poi c’è la cosiddetta camera calda, vale a dire l’ingresso dell’ospedale. “Si apre un portellone rosso, entra l’ambulanza, scarica il malato che viene portato dentro, mentre la stessa ambulanza viene ripulita e sterilizzata, per poi ripartire. Subito dopo c’è area del triage, per controllare il malato e destinarlo in uno dei due reparti”.
Partiamo da quella che diventerà la rianimazione, con moduli costituiti da 14 posti letto, 7 per lato. Sulle testate ci sono tutti gli attacchi: gas, aria compressa, ossigeno, corrente per ventilatore, pompe e monitor. Per l’arrivo dei letti c’è da attendere la giornata di martedì. “Ogni modulo è completamente autonomo, è come se fosse un’astronave con la sua cabina di volo chiusa ed estraniata dal resto del mondo. Qui dentro c’è la pressione negativa, si entra e si esce solo da un lato. Medici ed infermieri hanno tutto quello che serve loro e possono lavorare isolati. Quando escono, si devono spogliare, si fanno la doccia e se ne vanno: è l’unico modo per non essere contaminati. Insomma, un passaggio obbligato che evitare qualsiasi rischio”.
Attraversiamo la terapia intensiva, con i moduli (dalle stesse caratteristiche) ancora in fase di montaggio. Fili verdi per l’informatica, blu per i quadri elettrici, i passaggi dove arriveranno i tubi dell’ossigeno e dei vari gas. “Alla fine ci saranno 84 letti, 42 per reparto, con un percorso sterile. Il personale medico lo deciderà la Regione Marche, sta facendo la pianta organica e per la settimana prossima sarà tutto pronto”.
Ci indica la Tac, protetta dalla plastica ed adagiata in una sala già schermata con il piombo. “Ha 124 strati, è la più moderna che esiste e la installeremo la prossima settimana”. Accanto c’è la sala operatoria e a terra si notano rotoli per la coibentazione da 120 chili ognuno.
FORMARSI PER LA GESTIONE DELLE EMERGENZE – All’interno di una delle sale riunioni nel piano sovrastante, Bertolaso è atteso per la registrazione del suo intervento destinato agli studenti universitari. Il medico ed ex capo della Protezione Civile – che tiene a ribadire il suo essere “fermano d’adozione” (da anni, infatti, frequenta Santa Vittoria in Matenano dove ha un’abitazione) – è titolare di cattedra del corso in “Gestione delle emergenze” presso l’Università degli Studi Internazionali, un ateneo romano che prepara futuri diplomatici ed esperti di sicurezza.
Accanto a lui, come in altre occasioni, c’è Francesco Lusek, esperto di Protezione civile, che contribuisce portando un percorso vissuto sia all’estero ma anche a livello territoriale negli ultimi anni. “Il preside della Facoltà di Scienze Politiche – spiega Lusek – relativamente al corso di laurea magistrale in ‘Sicurezza internazionale’, ha voluto inserire, nel corpo docente, una serie di figure di comprovata esperienza in modo da garantire agli studenti una visione realistica e multidisciplinare del settore. L’obiettivo è quello di formare tecnici in grado di affrontare eventi sempre più complessi, come la pandemia che in questi mesi ha colpito l’intero pianeta”.
Ma non finisce qui. Il team universitario di Bertolaso, infatti, è stato chiamato a costituire, nei prossimi mesi, un centro di ricerca finalizzato a studiare metodologie di intervento innovative, ma anche pacchetti formativi mirati per gli addetti ai lavori. “Ricordiamo che il sistema di Protezione civile coinvolge un vasto numero di professionalità, che devono lavorare in modo sinergico tra loro” conclude Lusek.
LA LEGGE DI MURPHY – Il punto nodale, afferma Bertolaso, è come si deve gestire o come non si deve gestire un’emergenza. E questo comprende diversi aspetti che un manager del settore deve saper affrontare e prevedere, imprevisti compresi. “La data di apertura del 3 maggio di questo Covid Hospital l’ho scritta io sulla base di un cronoprogramma che avevamo immaginato. Essendo una struttura complessa ed articolata, c’è stata tutta una serie di imprevisti, nonostante stiamo lavorando a pieno regime. Ma chiudere il 3, il 7 o l’8 maggio non è un grandissimo dramma”. Oggi, evidenzia, sappiamo che l’epidemia sta mollando leggermente la presa e che si può alleggerire il grande peso del Lockdown. Ma tra i comandamenti fondamentali di chi si occupa di situazioni complesse c’è quello di un ingegnere aeronautico statunitense, Ed Murphy. “É l’autore della famosa legge di Murphy che dice: preparati sempre al peggio. E l’esempio più grande è questa emergenza, che riguarda tutto il mondo. Sapevamo che si trattava di una situazione grave che riguardava parte della Cina, ma pensavamo fosse circoscritta a quell’ambito. Invece, a macchia di leopardo il virus si è allargato in Europa, con l’Italia in prima linea. E quasi non c’è Paese al momento che sia stato risparmiato da questa drammatica epidemia”.
Si è reagito, ribadisce, con alcuni che hanno reagito meglio di altri. Ma per affrontare situazioni simili serve consapevolezza, sia sul fronte istituzionale che nell’opinione pubblica. “Se questa non è disposta a fare sacrifici tutto diventa più difficile. Ricordo l’esperienza in Sierra Leone per gestire l’epidemia di Ebola, con la gente che non credeva che potesse essere così grave. Questo approccio in Europa ha complicato il lavoro di chi doveva mettere in piedi strumenti finalizzati a gestire l’emergenza. Ecco perché il Lockdown è fondamentale, è l’unica misura in mancanza di un vaccino o di farmaci adeguati per fronteggiare l’aggravarsi della malattia”.
Raggiunta una fase di relativa tranquillità, è giunto però il momento di programmare. “L’idea è che comunque non siamo fuori, non lo saremo per parecchi mesi e nessuno esclude che ci sia una recrudescenza. Forse servirà un’ulteriore mobilitazione contro il Covid-19 e per questo si deve pianificare bene il futuro prossimo, che noi qui abbiamo sintetizzato in uno schema”.
È tutto impresso alle sue spalle, su una parete della sala riunioni: ci sono le istituzioni che devono tenere la guardia sempre più alta, preparandosi agli scenari peggiori; c’è l’esigenza di dotarsi di riserve strategiche per non farsi trovare impreparati, come garantire tamponi, dotare tutta la popolazione ma soprattutto gli operatori in prima linea di protezioni individuali, mascherine, guanti, visiere e quant’altro; c’è l’assistenza domiciliare e l’utilizzo di saturimetri e ventilatori; c’è il lavoro sul territorio, con un team di medici ed infermieri preparati e protetti, per intervenire a casa e ovviamente trasferire eventuali pazienti presso strutture attrezzate ad hoc come il Covid Hospital e non in normali nosocomi. “Sono i motivi per i quali abbiamo lavorato sia sull’esperienza dell’ospedale della Fiera di Milano, sia qui nelle Marche: due prototipi, dai quali poi deve partire una vera e seria pianificazione sanitaria su tutto il Paese”.
L’ESEMPIO DI MILANO – A metà marzo, ricorda Bertolaso, la regione Lombardia, la più colpita dal virus, si è ritrovata con un sovraffollamento degli ospedali. Realizzare quel primo Covid Hospital ha permesso di aggiungere 53 posti letto di terapia intensiva, che a fine maggio diventeranno 205. “Si tratta del centro con questo tipo di assistenza sanitaria più grande in tutta Europa. Si attacca questa realtà perché finora sono occupati pochi letti, ma siamo abituati alle critiche come chiunque gestisca un’emergenza. Bisogna essere capaci di saper programmare, di avere visioni e guardare oltre la siepe”.
Nelle Marche la strategia è diversa. “Quando questa struttura sarà pronta, sappiamo già che da tutti gli ospedali di questa provincia e di quelle limitrofe saranno trasferiti i malati che necessitano di terapia intensiva, per cui gli ospedali si libereranno di questa vicenda”.
Ma ribadisce, citando ancora la legge di Murphy, come ci sia la necessità di prepararsi al futuro, guardando agli scenari dei mesi e degli anni prossimi. “Ogni previsione dice che torneremo a confrontarci con questa problematica, quindi avere queste strutture per la terza fase è fondamentale. Ogni altra regione dovrà fare lo stesso ed è lo stesso Governo che raccomanda di avere strutture dedicate. Non è più compatibile la convivenza con altre patologie, il rischio di contaminazione è reale e va evitato. Nessuno ci garantisce che non ci si ritrovi nelle situazioni passate, quindi è bene prepararsi. Ci si deve addestrare per essere preparati ad affrontare nuove situazioni di criticità, fino a quando non ci saranno un vaccino e i farmaci necessari. E dobbiamo lavorare sullo scenario peggiore, che ci dice che dobbiamo avere tante strutture di questo genere realizzate in tutto il Paese”.
TRA AUTORITÀ E AUTOREVOLEZZA – Da ex capo della Protezione Civile, Bertolaso ha affrontato diverse emergenze, affrontando anche numerose polemiche. “Nel primo decennio del millennio si parlava di un potere assoluto della Protezione Civile e questo potere lo si criticava. Quando si parla di emergenza bisogna esser capaci di ascoltare tutti, ma anche di prendere una decisione, mettendoci la faccia. E non lo fai perché hai l’autorità di decidere, lo fai se sei capace di decidere, se ti sei conquistato qualcosa sul terreno con l’esempio ed il lavoro. Quindi, serve soprattutto l’autorevolezza nell’agire, che è cosa ben diversa dall’autorità”.
E lui, “da pensionato che non ha nessuna autorità in nessun ambito, a Milano come nelle Marche”, punta deciso sulla propria credibilità e sull’esperienza maturata. “Ho saputo motivare, ho fatto squadra e messo in piedi le migliori energie di un sistema di una funzione che si chiama Protezione Civile. È come un’orchestra, dove ognuno suona uno strumento e c’è un direttore. I vari musicanti sono Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Marina, Guardia Costiera, Croce Rossa, Ordine di Malta, sindaci, Province, Regioni, prefetti: insomma, tutta l’istituzione nazionale. Ma sono anche gli ingegneri, quelli che guidano gli autobus, i medici, gli infermieri, le pubbliche assistenze: perché tutti quelli che lavorano al servizio del Paese fanno parte della Protezione civile. È una realtà complessa, gigantesca, e la capacità deve essere quella di metterli insieme e fargli suonare lo stesso spartito”.
Questo, dice, in un Paese con 60 milioni di tecnici. “C’è chi afferma che questa sia una cattedrale nel deserto. Allora penso a quell’ingegnere in Liguria, che diceva che bisognava mettere in sicurezza un ponte, che per farlo occorreva anche chiudere l’autostrada. Non è stato ascoltato e le conseguenze le conosciamo. Se gli avessero dato retta magari lo avrebbero accusato di danno all’erario e avrebbe passato tutti i guai di questo mondo. Chi vuole mettere la faccia per risolvere i problemi corre questi rischi in Italia”.
Senza nessuna provvedimento straordinario (“e senza autorità”), l’ospedale di Civitanova è stato però realizzato a tempo di record. “Con fondi privati, senza togliere un euro dalle tasche degli italiani e con un’organizzazione non governativa che ha elevate competenze tecniche che servono a mettere tutti insieme e a superare tempi lunghi – rimarca -. Lo vogliamo criticare? Fatelo, ma vederemo se sarà stata un’iniziativa inutile”.
IL FUTURO DELLA STRUTTURA – Infinite sono state finora le discussioni sulla struttura, ma l’opinione pubblica si è anche divisa fortemente sul suo futuro. Un’ipotesi formulata dallo stesso Bertolaso è che una volta terminata l’emergenza potrebbe diventare un centro specialistico per determinate patologie, modulato a seconda di quelle che saranno le esigenze sanitarie del territorio marchigiano. Ma la decisione finale, ovviamente, spetterà al livello politico regionale. “È un tale gioiello e con una tale tecnologia che sarebbe davvero sciocco pensare di smontarlo successivamente – conclude -. Si può fare, ci mancherebbe, ma non avrebbe alcun senso”.
VOLONTARI E PROFESSIONISTI INSIEME – A puntualizzare il lavoro dell’Ordine di Malta è il presidente nazionale Gerardo Solaro del Borgo. “Bertolaso ci ha coinvolto nella costruzione di un ospedale Covid a Milano per la gestione della fornitura del materiale e degli apparecchi sanitari. Già lì eravamo con una trentina di volontari a seguire il progetto e dare supporto ai professionisti. In quel periodo siamo stati chiamati anche nelle Marche, con Bertolaso che ci ha indicato come committenti”.
E’ poi iniziata la raccolta fondi, gestita dall’ufficio di Roma e sulla quale il presidente rimarca la massima trasparenza nella gestione. “Una volta nelle Marche abbiamo coinvolto i nostri volontari regionali ed il raggruppamento locale, coadiuvato anche dai volontari di Milano, ha iniziato il supporto alla progettazione. La cosa importante è stata cercare di unire esperienza e professionalità dei nostri volontari con l’attività dei professionisti chiamati sul campo, un vero modello di gestione in emergenza”.
Poi che altro..ma non doveva essere provvisorio ..., l'unico futuro utile è chiudere gli enti inutili e succhia soldi, tra i quali le regioni.
Chiudiamo gli ospedali in muratura e facciamone altri in cartone. Genio!!
Si pianifica il futuro con strutture provvisorie. Solo un genio poteva pensarle..
È un tale gioello che tutto quello che vi siete pappati è anche giusto vero???
abbiamo già visto co Berlusconi la sua incapacità
Convinto lui convinti tutti ( ma si deve ricordare di dirlo alla Regione...)...
Non ce l'ho con lui.. ma con chi ce lo ha chiamato
Ma se si pensava ad una struttura che rimarrà nel tempo xké non riaprire uno dei tanti ospedali chiusi e destinarlo esclusivamente a questo scopo? Di sicuro una struttura concepita e costruita come un ospedale risulterà migliore di una adattata, in fretta e furia, per far fronte ad una emergenza.
un vecchio ospedale doveva essere demolito e ricostruito , con che tempi?
Giuseppe Marcolini xké doveva essere demolito e ricostruito? Possibile che non c'è una struttura nel territorio adatta?
Simona Ercoli no non c'è il più idoneo e sicuro è quello di Camerino... Esiste ancora anche il terremoto...
Fernanda Fioretti questa cosa fa riflettere. Tra strutture pubbliche e private nel territorio l'unica adeguata è l'ente fiera di Civitanova. Rimango con il dubbio ma ringrazio x lo scambio di opinioni!
Grande stima per Bertolaso e la sua lungimiranza. Condivido che se ne dovrebbe realizzare uno per regione. Da questi due prototipi già prodotti deve ripartire una seria pianificazione sanitaria di tutto il paese.
Bertolaso ancora ci deve spiegare dove sono finiti i soldi delle donazioni post terremoto, Ceriscioli ci deve spiegare perchè ha fatto chiudere 13 ospedali nella ns regione e poi... come sta andando le investigazioni dell'aereo porto di Falconara. La coppia Bertolaso Ceriscioli che facciano una cosa sensata," invece di costruire mega strutture fatiscenti a prezzi esorbitanti", si tolgano entrambi dalla scena!.
Se una persona ha bisogno di una lastra ecc....come fa?
Quanta politica in tutto ciò???
Sciocco è stato spendere tutti quei soldi quando si aveva a disposizione strutture (ex ospedali affittati a prezzi ridicoli a privati)che con poco erano già operative da tempo ,perché proprio il tempo era poco , ma per loro nessun problema tamponi tempestivi senza nessun problema al contrario di molti che hanno fatto stare a casa con la febbre ad aspettare che avessero avuto i sintomi quando probabilmente già era tardi e lo schifo continua.......
peccato che la necessità di posti ketyo di rianimazione stia visibilmente scemando. cosa ci facviamo con i 42 pisti letto?
Come ti sbagli? L'occasione di costruire una nuova struttura privata era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Le emergenze sono state sempre una grande occasione per combinare affari. Su questo la scelta di Bertolaso è stata lungimirante. In questo genere di affari lui davvero è un super esperto. Che schifo.
Ospedale di cartone pagato come oro immagino Un gioiello di sicuro Mi piacerebbe vedere i costi dei materiali le fatture le forniture i prezzi ecc Penso che se un magistrato perdesse un po' di tempo ad indagare ne vedremmo delle belle
E così fu che il sindaco ciarapica ha fatto a modo suo la storia di questa città...... Sarai ricordato nel tempo per questo dono che hai fatto a chi ti ha votato e chi no..... GRAZIE....
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Ricordo ancora, con tanta nostalgia degli anni giovanili, le partite tra amici durante le feste di Natale.
Verso le 22.30 della sera ci si ritrovava a casa di qualcuno e si cominciava a giocare.
7 e mezzo, nove.
I più “esperti” facevano un tavolo serio, a parte, dove le puntate non erano le solite 200 o 500 lire, ma si arrivava addirittura anche a rilanci di ben 2.000 lire…
Ad un certo punto la posta in gioco diventava “importante” (più o meno il costo di una pizza e birra) e c’era sempre il solito che esclamava a voce alta:
.
“piatto ricco mi ci ficco”
Schiaffo alle competenze a fini politici.
Dato che non serve, adesso tirano fuori la beffa di dire “domani servirà ad altro”.
I centri specialistici stanno nelle strutture ospedaliere, per un motivo semplice: normative a tutela della salute del paziente.
Questa struttura era pensata per un emergenza che non si è fortunatamente determinata, è stata realizzata in ritardo per il motivo per cui era concepita. Adesso è solo un (triste) mezzo mediatico per il più basso grado di politica. Quella che ti fa venire il mal di stomaco e ti fa pensare malissimo del tuo territorio.
. quella politica che, prepotente e fine a se stessa, non rispetta i competenti (programmazione sanitaria, ordini professionali)
. quella politica che è malgestione di soldi donati
. quella politica che è ignorante, che ignora cioè che strutture di questo tipo non penso proprio che rispettino, nell’ordinario, né normative di urbanistica, né tantomeno le normative di sicurezza che sono necessarie a un reparto ospedaliero, figuriamoci di centro specialistico come urlato.
(Ma la politica può essere così ignorante? lo è per negligenza o per dolo?)
. quella politica che ti fa salire l’amaro perché pensa che siamo tutti tontolotti pronti a ingoiare qualunque stupidaggine vogliano venderci.
Una sola parola, anzi due, per commentare le affermazioni di Bertolaso ed il silenzio, particolarmente pesante, delle forze politiche: ALLUCINANTI e PERICOLOSE!
P.S.: Aldilà delle forze politiche ed al netto delle polemiche da evitare ma davvero, dopo queste dichiarazioni di BERTOLASO che lui non conosceva quando ha fatto la sua dichiarazione, FRANCESCO ACQUAROLI, candidato in pectore del centro-destra per la presidenza della Regione Marche, non ha nulla da aggiungere?
Credo che gli utenti prima di ma abbiano detto tutto. Aggiungo di mio che il paragone fatto dal Dott. Bertolaso con “l’Ingegnere della Liguria” secondo me è completamente fuori luogo. Vicende completamente diverse.
Quest’articolo è un marchettone pro Bertolaso.
Piccola chicca sull'”Università degli Studi Internazionali” nella quale insegna Bertolaso.
Da wikipedia: “Nel 2006 la LUSPIO fu oggetto di inchiesta giornalistica da parte del settimanale televisivo Report in ragione della relativa facilità con cui, a detta degli autori del reportage, si poteva accedere al titolo di laurea anche tramite le convenzioni di università come la LUSPIO con ministeri ed enti pubblici. […]
A seguito dell’indagine l’allora ministro dell’istruzione Fabio Mussi decretò la cessazione delle convenzioni con gli istituti universitari sotto ispezione, che provocò un crollo verticale del numero di studenti iscritti in convenzione all’ateneo…”
@ Iacopini
Attenzione, la dichiarazione di Bertolaso si deve inquadrare nel contesto “storico” in cui è maturata. Se facciamo un passo indietro, al 23 marzo, in piena crisi pandemica, viene chiamato da Ceriscoli che, visti i dati e le previsioni nefaste di cui è in possesso, con i dati delle terapie intensive prossime alla saturazione, ha una certa fretta. Bertolaso espone il piano, con le alternative di una nave ancorata al porto o il palaindoor. Saltano entrambe per motivi tecnici. Per inciso, martedi Bertolaso risulta positivo e va al S.Raffele e Ceriscioli si mette in isolamento. Quindi, catena di comando in crisi. Venerdi 27 escono le opzioni capannone Aspio o fiera Civitanova. Salta pure l’Aspio, sabato 28 sopralluogo alla fiera di Civitanova e … Ospedale fu. Quindi, Civitanova è la quarta scelta. Lunedi 30 la storia finisce pure su una testata nazionale, ehm. Intanto qualcuno qui sul forum aveva ipotizzato un piano B, più economico, addirittura gratuito, ma probabilmente le sue sono state le classiche parole al vento. E poi diceva pure, con un triplo salto mortale, che i dati in suo possesso (che poi erano quelli pubblicati dalla Protezione Civile, quindi visibili a tutti) facevano ritenere prossimo il picco dei ricoveri nelle terapie intensive. Che, guarda la coincidenza, avverrà il 31 marzo con 169 ricoveri. 😮
Io, per dire, non riesco a vedere in tutto questo nessuna motivazione politica ma solo tanta fretta. Lo stesso Ciarapica, quel sabato 28 marzo, viene “travolto” dalla valanga, avrà sicuramente provato a dire qualcosa e magari Sciapichetti, imitando Bersani, gli avrà pure detto “Oh, ragassi, siam mica qui a pettinare le bambole ?” Ecco servito l’inciucio. 🙂
Adesso, dopo quaranta giorni, che ci vogliamo dire ? Io però ti consiglio di rileggere tutta la storia, con tutti i commenti relativi.
Ti lascio con due chicche, forse qualcuno le conosce. La storia delle mascherine in Sardegna (con quello che avrebbe potuto risparmiare la regione sarda ci scappava il Covid a Civitanova gratis) e l’ospedale Covid di Genova, questo su nave (come la prima opzione di Ceriscioli).
La politica tutta, ZITTA, piatto ricco mi ci ficco…Bertolaso decanta l’ alta tecnologia ….ci mancherebbe che fosse bassa con il costo di ogni letto di 140mila euro…spero che siano tutti della Nasa ultimo modello….avere a disposizioni molti soldi non sudati, carta bianca in tutto….mi dispiace siete degli incompetenti, come cittadina a questi costi voglio il massimo….che non c’ è stato a partire della location, la lista è lunga…..
In qualche commento, qui, ci si lamenta del silenzio della politica. Ma, in realtà, c’è solo una parziale reticenza mista a furbizia, ma il silenzio no, se si guarda non tanto alla quantità degli interventi orali e scritti, ma alla sostanza dello schieramento pro o contro il covid Fiera.
E’ a favore Ciarapica a capo di una Giunta di destra che non ha certo preso le distanze. E’ a favore Ceriscioli, presidente regionale PD di una Giunta consenziente di centrosinistra. Sono tifosi a favore Sciapichetti e Micucci, consiglieri regionali PD e, quindi, il PD di Civitanova, che non ha mai smentito Micucci.
Certo il PD civitanovese “in via ufficiale” probabilmente non ha discusso o deciso niente anche perché spera, così, che il dito dietro cui sta nascosto sia abbastanza grande. Ma, in realtà, è in ogni caso una colpa grave aver fatto finta di niente dopo aver fatto lanciare il sasso da un suo esponente di rilievo ed aver nascosto la mano.