«Covid Center, zero lungimiranza
Neanche una pandemia è servita»

POLEMICA - Ennesima voce critica contro il progetto all'ente fiera voluto da Ceriscioli e ideato da Bertolaso, quella di Stefano Ghio, consigliere d'opposizione di Civitanova e portavoce regionale della lista "Le nostre Marche"

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Stefano Ghio, avvocato e consigliere comunale di opposizione a Civitanova

 

«Se neppure una pandemia rimette in discussione la programmazione regionale e non apre alla efficienza e lungimiranza delle soluzioni, allora il nostro futuro non pare così roseo». Sono le parole di Stefano Ghio, consigliere d’opposizione a Civitanova e portavoce della lista civica “Le Nostre Marche”, in corsa per le prossime elezioni regionali. La sua è l’ennesima voce critica contro il Covid center, la struttura voluta dal governatore Luca Ceriscioli e ideata da Guido Bertolaso per fronteggiare l’emergenza sanitaria del Coronavirus e che, all’ente fiera della città costiera, dovrà ospitare una novantina di posti di terapia intensiva e sub intensiva. «La convenzione tra Comune e Regione sul Covid Center – spiega Ghio – ci dice che la realizzazione della struttura è finalizzata ad una emergenza che cessa il 31 luglio, pari  con la data prevista dal decreto del Consiglio dei Ministri come cessazione dello stato di emergenza, salvo proroghe. La decisione di realizzare il Covid Center è stata presa definitivamente il 03/04 quando la curva dei contagi stava regredendo. Quindi è stato deciso di spendere svariati milioni di euro per un Covid center temporaneo, realizzato fino al 31/7 per una emergenza non più attuale preferendo tale struttura al potenziamento dei reparti esistenti o al completamento di strutture a grezzo ad esempio presenti nell’ospedale di Civitanova che sarebbero potute essere pronte entro la prossima ondata di contagi che potrebbe tornare, dicono gli esperti, solo il prossimo autunno. La tempistica non torna neppure utilizzando il criterio della precauzione.  Si spendono milioni di euro per una struttura temporanea quando, come previsto e prevedibile, c’erano i tempi, 6 mesi, per realizzare un potenziamento dei reparti di terapia intensiva e sub intensiva esistenti e collocati nelle strutture ospedaliere che avrebbero garantito la necessaria filiera di professionalità mediche».

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Lavori alla fiera di Civitanova

Ghio cita inoltre il parere di alcuni esperti sull’analoga struttura realizzata a Milano e ideata sempre da Bertolaso.  «Il dirigente medico Giuseppe Bruschi dell’ospedale Niguarda – continua il portavoce di “Le nostre Marche” – manifestando l’amarezza di chi è in prima linea, dice lucidamente: “L’idea di realizzare una terapia intensiva in fiera non sta né in cielo né in terra. Una terapia intensiva non può vivere separata da tutto il resto dell’Ospedale. Una terapia intensiva funziona solo se integrata con tutte le altre strutture complesse che costituiscono la fitta ragnatela di un ospedale (dai laboratori alla radiologia, della farmacia agli approvvigionamenti, della microbiologia all’anatomia patologica); perché i pazienti ricoverati in terapia intensiva necessitano della continua valutazione integrata di diverse figure professionali”. Le spiegazioni fornite in merito dalla politica regionale e dall’Asur non paiono soddisfacenti tanto meno quando in risposta a chi sollecitava la realizzazione di un reparto di Terapia intensiva nei due piani al grezzo presenti all’ospedale di Civitanova si faceva presente che non c’erano i tempi (ciò non pare vero visto l’andamento della pandemia come dichiarato dagli organi governativi) e che i locali al grezzo presenti nell’ospedale di Civitanova serviranno ad altro».

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Luca Ceriscioli, Guido Bertolaso e Fabrizio Ciarapica

Infine Ghio parla, in sostanza, di un’occasione persa. «La politica – aggiunge –  dovrebbe prendere atto che il merito principale della, speriamo, prossima risoluzione della pandemia deve essere dato ai cittadini che si sono sacrificati oltremodo per tutelare la propria salute e la salute di coloro che erano più esposti (gli anziani e i immunodepressi), deve essere dato agli operatori sanitari che hanno continuato ad operare anche in situazioni rischiose, ai lavoratori che hanno garantito i servizi essenziali con sacrificio e dedizione. Se questo riconoscimento viene effettivamente condiviso oggi l’obbligo della politica è quello di valorizzare una programmazione più efficiente che preveda un forte investimento pubblico in strutture pubbliche e personale e con questo di valorizzare un attento utilizzo degli investimenti non potendo permettersi di sprecare le poche risorse (per altro provenienti dalla generosità di privati) con interventi tampone. C’erano i tempi e le professionalità per realizzare veramente qualcosa di importante, efficiente ed inserito in una nuova fase di programmazione della sanità marchigiana. Da ultimo – conclude Ghio – una annotazione banale e già detta da altri. Come si fa ad inserire in un contesto fortemente antropizzato, frequentato da decine di migliaia di persone, un centro regionale per il Covid? Quando si parla di precauzione lo si deve fare anche rispetto ai basilari principi che governano la prevenzione della diffusione di un virus e tra questi trova spazio l’allocazione periferica ed isolata dei centri di cura. Andrà tutto bene. Ma non sono ottimista sulle conseguenze di questa drammatica esperienza, ho tanta paura che tornerà tutto come prima».



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