di Giancarlo Liuti
Negli ultimi tempi le cronache non solo locali ma anche provinciali e regionali si sono occupate del Burchio, un colle di trentaquattro ettari in contrada Montarice di Porto Recanati, a due passi dal fiume Potenza e dall’autostrada adriatica. Un colle sul quale la “Conero Blu” – capitali russi, statunitensi, uzbeki e forse di altri paesi – ha progettato di costruire un grande albergo a cinque stelle, un palazzo dei congressi, un centro diagnostico, una piscina, campi sportivi e una quarantina di ville. Tutto sembrava avviato a realizzazione grazie agli impegni presi dalla giunta del sindaco Rosalba Ubaldi (Udc) condivisi dalla Provincia presieduta da Antonio Pettinari (Udc) e da una Regione presieduta da Gian Mario Spacca – ora giunta al capolinea – con una maggioranza di centrosinistra in cui l’Udc ha un ruolo importante. Ma tutto è stato messo in discussione lo scorso maggio, quando le elezioni per il rinnovo del sindaco portorecanatese hanno segnato la imprevista sconfitta della Ubaldi e la vittoria di Sabrina Montali (listone civico comprendente il Pd) con un programma contrario a ulteriori cementificazioni. Infine, pochi giorni fa, il voto in consiglio, che ha detto “no” (nettamente: 10 a 4, ma con la defezione di un paio di Pd) al progetto del Burchio. Cose note, queste, ma riassumerle aiuta a capirne altre.
I PROMOTORI – Lidya Karmalyuk (procuratirce generale della Conera Blu), Luciano Pantanetti (legale della Conero Blu), Antonio Pettinari (presidente della Provincia di Macerata) e Rosalba Ubaldi (ex sindaco di Porto Recanati)
Punto e basta? Mica tanto. La “Conero Blu”, che potrebbe avvalersi di qualche buon argomento giuridico derivante dagli atti della precedente amministrazione, ha annunciato di ricorrere al Tar e sappiamo bene cosa accade in Italia quando entra in campo il Tar, l’organo di giustizia amministrativa il cui procedere, fra ricorsi e controricorsi, dura anche anni. Né va sottovalutata la spaccatura all’interno del Pd (non sorprendente, intendiamoci, giacché questo partito, per sua propria natura e dovunque in Italia, si divide in orientamenti politici difficilmente compatibili fra loro) dove alcuni non sono affatto ostili alla cementificazione del Burchio per ragioni concernenti sia l’ingresso di Porto Recanati nel turismo internazionale di qualità sia le occasioni di lavoro garantite dalla “Conero Blu” per oltre cento persone nella fase, un paio d’anni, delle opere edili.
Sarebbe comunque un errore ritenere che questa storia riguardi esclusivamente Porto Recanati, giacché si inserisce in una questione di livello nazionale che attiene all’idea di sviluppo affermatasi sul finire del Novecento e nel primo decennio del Duemila, un’idea alla quale si deve lo sfruttamento del suolo in senso sfrenatamente edificatorio (nuovi quartieri residenziali, capannoni industriali, grandi centri commerciali, asfalto dappertutto) e pone l’Italia al primo posto in Europa in quanto a utilizzo “cementizio” del territorio nei centri abitati, nelle periferie e nelle campagne, senza distinzione fra zone pianeggianti, collinari e perfino montane. Un fenomeno, questo, che è cresciuto al ritmo di cinquecento chilometri quadrati all’anno e ha raggiunto un’estensione complessiva di ben venticinquemila chilometri quadrati. Un fenomeno, inoltre, che non ha tenuto conto né del dissesto idrogeologico in cui versa gran parte d’Italia con oltre mezzo milione di località a rischio né dell’ormai epocale mutamento climatico da cui si originano eventi meteorologici sempre più numerosi e sempre più violenti che piovono dal cielo e determinano catastrofici allagamenti e disastrose burrasche marine (si pensi a ciò che recentemente è accaduto, anche con vittime umane, in Liguria, in Toscana e altrove). Ecco perché nella coscienza nazionale ha via via preso corpo una ben diversa idea di sviluppo fondata non più sul cemento cosiddetto “selvaggio” ma sulla difesa delle caratteristiche naturali della terra sulla quale siamo nati e viviamo.
Tornando ai casi nostri, ricordo che conteneva anche questo, a Macerata, la “Nuova Storia” con la quale nel 2010 Romano Carancini affrontò le elezioni e le vinse, iniziando da subito con lo sbarrare la strada alla insalubre “Giorgini” di Piediripa e non potendo poi opporsi alle cementificazioni già decise dalla precedente giunta Meschini col “Piano Casa” e con la “Minitematica” ma senza aggiungerne altre. Ed è questa anche la “Nuova storia” che a Porto Recanati ha portato Sabrina Montali alla vittoria elettorale su Rosalba Ubaldi, per la quale la “grandeur cementizia” era stata – e resta, quasi ideologicamente – un irrinunciabile fattore di progresso. Pure la tormentata vicenda del Burchio ha dunque a che vedere col passaggio, in Italia, da una “storia vecchia” a una “nuova storia” del modo di produrre, di abitare e, in definitiva, di vivere.
Ma ora, riprendendo il discorso col quale ho iniziato, ossia il Burchio , vengo allo straordinario vigore con cui la “Conero Blu” continua a battersi per la realizzazione del suo progetto. Il che è comprensibile, intendiamoci, ma in tale vigore c’è qualcosa di più che fa pensare non tanto alla temuta perdita di profitti futuri provenienti da un’ affluenza turistica extraeuropea (anche d’inverno?) a quell’albergo e a quelle ville, quanto piuttosto al rischio che altri finanziatori sparsi nel mondo possano rivalersi sulla “Conero Blu” per il naufragio di un’iniziativa della quale gli era stato garantito il sicuro successo soprattutto per l’assenso di amministrazioni pubbliche.
Quali erano le obiezioni locali – all’inizio minoritarie – a tale progetto? 1) La tutela di un paesaggio già offeso da altre, non poche e fallimentari iniziative cementizie; 2) Il rispetto della tradizionale immagine urbana – e umana – della cittadina; 3) La priorità, per il Comune, di impegnarsi nella protezione delle spiagge dai gravi danni delle mareggiate; 4) La presenza nel Burchio di un’area dove secondo rilevazioni aeree e il parere di esperti europei del calibro di Frank Vermeulen esistono resti piceni di una manifattura di anfore e, più ampiamente, di un complesso abitativo anteriore alla colonia romana di “Potentia”e risalente al milleseicento avanti Cristo.
Queste, dunque, le obiezioni. E come ha reagito ad esse la “Conero Blu”? Non opponendovi la sua – e non solo la sua – concezione di sviluppo ma, paradossalmente, condividendole e facendole proprie, tanto che nel corso delle trattative col Comune la principale protagonista del progetto “burchiano” – l’ucraina Lidya Karmalyuk – ha promesso un’attiva collaborazione agli scavi archeologici e da ultimo, in prossimità delle elezioni, l’annuncio di una pur indiretta iniziativa imprenditoriale – alcuni milioni – per la creazione di scogliere. Una Karmalyuk, insomma, che da “cementizia” qual era all’inizio si è via via trasformata in “archeologa” e financo in quasi “scoglierista” per accattivarsi la simpatia degli operatori balneari. Ecco dunque lo straordinario vigore – o lo straordinario accanimento – con cui la “Conero Blu” si sta ancora battendo per il suo lussuoso resort e per le sue quaranta ville. In ciò che dico, sia chiaro, non c’è, allo stato delle cose, alcun sospetto di irregolarità o illegalità. Ma c’è, me lo si consenta, sorpresa. Una grande sorpresa.
E adesso cambio discorso, buttandola sull’etimologico e, con un pizzico d’ironia, sul letterario. Cosa significa la parola “burchio”? Essa definisce le barche a fondo piatto utilizzate non in mare ma nei canali, nelle lagune, lungo i fiumi. E il “Burchio”, infatti, costeggia il Potenza. E’ per questo che si chiama così? Può darsi. Ma poi, lasciandomi prendere da suggestioni poetiche, ho scoperto che di burchi parlò perfino Dante nella “Divina Commedia” e precisamente nel diciassettesimo canto dell’ Inferno (“… come talvolta stanno a riva i burchi …”) quando descrive Gerione, un mostro perfido ma col volto di galantuomo. E chi sono i dannati che il fuoco tormenta in quel luogo infernale? Sono gli usurai, coloro che sembrano far del bene a chi ne ha bisogno ma poi, alla resa dei conti, lo strozzano. La cementificazione del “Burchio” farebbe il bene di Porto Recanati? Sì, all’apparenza: porta lavoro, incrementa il turismo, lo rende ricco. Ma, come più sopra ho cercato di osservare per l’Italia in generale, nelle speculazioni a base di cemento c’è, alla fine, un “redde rationem” malvagio che per l’appunto può essere paragonato – metaforicamente, s’intende – alla perversità dell’usura. Fantasticherie mie personali, ripeto. Ma dal sommo Dante si può spesso ricavare, fantasticando, un che di vagamente attuale.
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Un riassunto dei fatti lineare, scritto sotto voce, senza pregiudizi ne riserve mentali, non partigiano. Un fatto di cronaca riportato nella sua essenzialità, senza sbavature ne involuti voli pindarici a dimostrazione di chissà quali oscure trame, niente dietrologie a sostegno di presenze di poteri forti o deboli, di cordate più o meno coperte. Una riflessione asciutta di un professionista, di provata esperienza professionale, che interviene con una sua autonoma riflessione su di un fatto che tanto ha interessato una comunità e che ancora continuerà ad essere occasione di contrasto.
Una piccola imprecisione nel bel pezzo del dott. Liuti: a Macerata, la variante al PRG denominata “minitematica” è stata approvata definitivamente dalla giunta Carancini. L’affermazione che l’attuale amministrazione non sia responsabile di nessuna previsione volumetrica è matematicamente sbagliata.
Ci tenevo ad evidenziare questo aspetto non tanto per correggere l’autorevole autore del pezzo quanto per smascherare il goffo tentativo da parte dei vari esponenti dell’attuale giunta di negare l’evidenza: che la MInitematica sia stata elaborata e realizzata per la quasi totalità del suo iter durante l’amministrazione Meschini non elimina le loro effettive responsabilità. Se il Sindaco di Porto Recanati, Sabrina Montali, avesse assunto lo stesso atteggiamento degli amministratori maceratesi nei confronti della megalottizzazione del Burchio, questo articolo non sarebbe mai stato scritto…
Infine una battuta. Con Piano Casa e Minitematica sono stati previste nuove edificazioni per oltre 1milione di metri cubi: ammesso e non concesso che la giunta Carancini non abbia previsto un mc in più di cemento, in cosa risiederebbe il suo merito? Quale scelta politica sottenderebbe? La lotta alla cementificazione?
A parte qualche imprecisione sul discorso “Minitematica”, l’articolo è ottimo. Bella e appropriata la citazione del verso di Dante Alighieri. Io ne aggiungerei un altro del settimo canto: “Pape Satàn, pape Satàn aleppe”, verso di difficile comprensione, ma fortemente evocativo.
Io vorrei solo rimarcare con quanta scarsa fantasia vengano chiamate le più affaristiche lottizzazioni il cui risultato certo è il depauperamento di un territorio ” diversamente ricco”. Conero blu come Valleverde: un uso improprio di colori che appena arrivano le ruspe, i primi a sparire dal panorama sono proprio il blu e il verde. Valleverde, dove il miraggio industriale ha preso corpo, sappiamo, da verde ha assunto un tono grigio asfalto-cemento; Il blu a Porto Recanati, località turistico-balneare, perchè fra un pò non avranno più un cm di spiaggia , ma si pensava a realizzare in altura metri e metri cubi in cemento.
E aggiungerei fra le argomentazioni più forti dei favorevoli al no, vale per la Giunta Montali come per tutte, che ogni bocciatura ad operazioni come queste dovrebbe essere accompagnato da un’ alternativa altrettanto concreta, da una controproposta fattibile, messa contemporaneamente lì sul tavolo dagli amministratori che hanno una diversa e più sana veduta di sviluppo del proprio territorio.
La prova lampante che il “vecchio” logoro e malato sistema che vuole la crescita di una zona o di un paese legata al “cemento” è sotto gli occhi di tutti ma nessuno (o quasi) la vuol vedere .Anni ed anni di speculazioni edilizie-finanziarie-criminali hanno portato questo paese ad una prima fase di apparente crescita (fino a quando il lavoro c’è stato per la costruzione ) ma nel lungo periodo la medaglia si è sempre rovesciata, spesso gli speculatori sono fuggiti con i soldi in mano prima (o poco dopo) di terminare i lavori generando veri e propri scempi ambientali ed architettonici (io risiedo a Macerata e la nuova Via trento insieme al complesso sulla lunga di Villa Potenza ne sono due esempi lampanti), lasciando i compratori con in mano opere mal realizzate, incompiute, e pagate a prezzi assolutamente fuori mercato e non rispecchianti il valore reale di cio’ che si è acquistato.
La valorizzazione del bello, della bellezza di questa regione deve essere il punto fermo per un reale cambiamento di opinione generale.Una regione le Marche che non ha certo bisogno di altro cemento ma che deve valorizzare e far scoprire in primis ai suoi abitanti che sono coloro che dovrebbero imporsi e dire no (invece di farsi imbambolare da finanziatori-speculatori stranieri); le sue carte vincenti passano per la bellezza del paesaggio collinare e montano (meno quello costiero fin troppo ferito dall cemento ), per la ricchezza di opere d’arte e monumenti storici, per i sapori dei frutti della sua terra e gastronomia.